Il dibattito
sull’evoluzionismo ha ormai coinvolto anche il mondo cattolico, come testimonia
dalle pagine della rivista americana di religione e cultura First Things, contenente l’elegante e
sofisticato dialogo tra il fisico Stephen Barr e il cardinale Christoph Schönborn.
Si tratta del commento di Barr (vai all'articolo)
all’articolo del cardinal Schönborn sul New
York Times (leggi il commento)
e la replica dello stesso Schönborn (vai all'articolo).
Ciò che Barr
rimprovera a Schönborn è, principalmente, il fatto stesso di essersi occupato
di un problema interno alla scienza; poi, di non capire il neodarwinismo (o di
non essere riuscito a dimostrare il contrario nello spazio angusto concesso dal
quotidiano). L’opinione del cardinale, cioè
che il neodarwinismo e la dottrina della Chiesa cattolica siano incompatibili,
sarebbe frutto del fraintendimento del neodarwinismo: un processo evolutivo,
sostiene Barr, non esclude l’intervento divino.
Rispondere a
osservazioni di questo tipo non è difficile, figurarsi per cardinal Schönborn: egli
ha replicato che, sebbene possa essere immaginabile un’evoluzione guidata da
Dio, non è certamente questo tipo di evoluzione che è divulgata dai media,
insegnata a scuola e nelle università. Il punto più interessante della
discussione è però l’affermazione del cardinale che, per rifiutare l’evoluzione
neodarwinista, non è necessario il ricorso alla teologia, perché è sufficiente
il buon senso, cioè la filosofia. In altre parole, l’evoluzionismo è
insostenibile filosoficamente ancor più di quanto sia inaccettabile
teologicamente; prima della fede, cioè, lo rifiuterebbe la ragione.
La discussione
si svolge entro i confini tracciati dall’opinione – incautamente e
frettolosamente espressa da autorevoli fonti cattoliche – che il progresso
scientifico ha reso il racconto biblico della creazione indifendibile. Se ciò
fosse vero, non rimarrebbe altro che ritagliare uno spazio alla divina
Provvidenza all’interno della
concezione evoluzionista di Darwin. Ma è davvero così? Non so quanto siano
importanti le opinioni dell’Enciclopedia cattolica del 1909, o di autorevoli
teologi cattolici espresse nel 1969, o del papa stesso nel 1996. Il problema
non è l’autorità del pontefice, ma l’oggetto del suo pronunciamento, cioè
la scienza: di essa sono previsti
periodici aggiornamenti e resoconti, non l’accettazione dogmatica delle
opinioni, per quanto autorevoli.
Con il suo
articolo, il cardinal Schönborn sfida il darwinismo sul piano della ragione,
non su quello della fede: questa sembra una vera svolta. Dalla discussione è
escluso il vero oggetto del contendere, cioè il racconto biblico della storia
iniziale della vita sulla Terra. Il mondo cattolico in generale – e quello
accademico in particolare – forse non è ancora pronto per una simile discussione.
Barr dichiara:
«Personalmente non sono assolutamente certo che la concezione neodarwinista sia
sufficiente in biologia. Ma anche se dovesse risultarlo, questo non
invaliderebbe affatto ciò che papa Benedetto XVI ha detto: “Non siamo il
prodotto casuale e senza senso dell’evoluzione. Ciascuno di noi è il frutto di
un pensiero di Dio. Ciascuno di noi è voluto, ciascuno è amato, ciascuno è
necessario”.» Da parte mia potrei dire (per stare in argomento) che anch’io non
ho la dimostrazione che la storia iniziale della Terra sia andata precisamente
come descritto nella Genesi. Ma anche se dovesse risultarlo, questo non
contraddirebbe affatto la scienza, ma darebbe fastidio a molti tra i sacerdoti
e seguaci del positivismo e dello scientismo: è forse per non irritare
quest’ultimi che Barr preferisce che, sull’evoluzionismo, la ragione taccia: in
altre parole, il messaggio del cardinal Schönborn potrebbe essere vero, ma è
politicamente scorretto.
Arrivederci alla prossima puntata, quando presenteremo l’articolo di Barr
sull’evoluzione, pubblicato sul fascicolo di febbraio della rivista First Things.
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