ECO CREAZIONISTA
Articoli
Recensioni
Rassegne Stampa
Lettere
Eco dei Lettori
Eventi, Interviste
Bibbia & Scienza
Archivio
 
 
 
 
I progetti della scienza
del cardinale Christoph Schönborn - 02/06/2006
 

Copyright © 2005 First Things 156 (October 2005): 9-12. 

Con il permesso della rivista statunitense, ecumenica e interreligiosa, First Things, pubblichiamo in italiano il testo integrale della replica del Cardinale Christoph Schönborn all'articolo del fisico nucleare Stephen M. Barr (http://www.origini.info/articolo.asp?id=139). L’articolo è disponibile in originale sul sito della rivista (http://www.firstthings.com/ftissues/ft0601/articles/schonborn.html). In seguito pubblicheremo anche la replica seguente del fisico Barr sulle pagine della stessa rivista. 



Nel mese di luglio 2005 il New York Times pubblicava il mio breve articolo “Trovando Progetto nella Natura.” La reazione è stata travolgente e prevalentemente negativa. Nel fascicolo di ottobre di First Things Stephen Barr mi ha onorato della sua importante risposta, che rispecchia fedelmente la reazione di molti cattolici.

Temo, tuttavia, che Barr abbia travisato le mie argomentazioni e forse malinteso il problema se l’intelletto umano possa vedere l’esistenza di un progetto nel mondo vivente.

Dall’articolo di Barr – e da altre risposte – sembra che il mio ragionamento sia stato profondamente malinteso. Nel “Trovando Progetto nella Natura” io affermavo che: 


1)      La Chiesa “proclama che con la luce della ragione l’intelletto umano può prontamente e chiaramente vedere scopo e progetto nel mondo naturale, compreso il mondo vivente.”

2)      “Qualsiasi corrente di pensiero che nega o aggira le prove schiaccianti di un progetto nella biologia, non è più scienza, ma ideologia.”

3)      Citando il Santo Padre Giovanni Paolo II: “L’evoluzione degli esseri viventi, della quale la scienza cerca di determinare le fasi e scoprire i meccanismi, presenta una finalità intrinseca che è fonte di ammirazione. Tale finalità che guida gli esseri in una direzione della quale essi non sono responsabili o fautori, ci obbliga a supporre una Mente che è il suo inventore, il suo creatore.”

4)      Citando ancora Giovanni Paolo II: “A tutte queste indicazioni per l’esistenza di Dio Creatore, alcuni oppongono la forza del caso o dei meccanismi propri della materia. Parlare di caso per un universo che presenta un’organizzazione così complessa dei suoi elementi ed una finalità così meravigliosa nella sua vita, equivarrebbe a rinunciare alla ricerca di una spiegazione del mondo che conosciamo. Infatti sarebbe equivalente all’ammettere effetti senza causa. Sarebbe come rinunciare all’intelligenza umana, che a questo punto si rifiuterebbe di pensare e cercare la soluzione dei suoi problemi.”

5)      Citando il Catechismo: “L’umana intelligenza è ormai sicuramente in grado di trovare la risposta al problema delle origini. L’esistenza di Dio Creatore può essere conosciuta con certezza dalle sue opere, con la luce della ragione umana… Noi crediamo che Dio ha creato il mondo secondo la propria saggezza. Il mondo non è il prodotto di una necessità, e nemmeno di una cieca fatalità o caso.”

6)      Riferendomi all’insegnamento della Chiesa sull’importanza e la portata della metafisica: “In epoca moderna, però, la Chiesa cattolica si trova nel ruolo strano di difensore anche della ragione. Nel secolo XIX, il Concilio Vaticano I insegnava, ad un mondo appena investito della ‘morte di Dio’, che con il solo uso della ragione l’umanità potrebbe conoscere la realtà della Causa non causata, Il Primum Movens, Dio dei filosofi.”

 

La mia discussione non era basata né sulla teologia, né sulla scienza moderna, né sulla “teoria del progetto intelligente.” Nella teologia, anche se l’abilità della mente di comprendere l’ordine e il progetto nella natura è adottata, incorporata ed elevata a maggiore gloria dalla fede cristiana, tale abilità precede la fede, come spiega chiaramente Romani 1:19-20 (“Poiché ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto; Dio stesso lo ha loro manifestato. Infatti, dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l’intelletto nelle opere da Lui compiute, come la Sua eterna potenza e divinità.” Ndr). La scienza è una disciplina i cui metodi sono tali, che il progetto – più precisamente le cause formali e finali – è intenzionalmente escluso dalla sua concezione riduzionista della natura.

 

La mia discussione era invece basata sull’abilità naturale dell’intelletto umano di comprendere le realtà intelligibili che riempiono il mondo naturale, incluso, in modo ancora più chiaro ed evidente,  il mondo delle sostanze viventi, gli esseri viventi. Nulla è intelligibile – nulla può essere compreso nella sua essenza dal nostro intelletto – se prima non fosse sistemato da un intelletto creativo. La scienza moderna è possibile perché basata fondamentalmente sulla realtà di un intelletto creativo sottostante che rende il mondo naturale ciò che è. Il mondo naturale non è altro che la mediazione tra due menti: la mente illimitata del Creatore e la nostra limitata mente umana. Res ergo naturalis inter duos intellectus costituta – “La cosa naturale è costituita tra due intelletti,” per dirla con le parole di san Tommaso. In breve, la mia discussione era basata sull’esame attento delle prove dell’esperienza quotidiana, cioè sulla filosofia.

 

Molti dei lettori rimarranno sicuramente delusi. Sembrava che, giusto o sbagliato, il mio articolo fosse dedicato alla scienza, alla conoscenza reale, tangibile, fattuale del mondo materiale. Ora invece io ammetto di parlare nel linguaggio della filosofia naturale, quel vecchio modo di comprendere la realtà, tramontato rapidamente nell’ombra del sapere umano dopo l’arrivo della nuova conoscenza di Galileo e Newton. La filosofia continua ad esistere solo come una meta-storia per la scienza moderna, e non contiene alcuna propria conoscenza positiva. In breve, sembra che io abbia ammesso che il mio articolo era privo di senso, o al massimo una forma soggettiva di discutere, proveniente da una disciplina scartata e screditata.

 

Spero sinceramente di non dovere rispondere, per i lettori di First Things, a tale moderna caricatura della filosofia. La filosofia è la “scienza dell’esperienza comune” che ci dà la comprensione più fondamentale e più certa della realtà. E oggi è chiaramente la conoscenza filosofica della realtà, quella che ha il maggior bisogno di difesa.

 

Attualmente il pensiero cristiano della realtà è dominato dal dualismo spirito-materia. Con il termine “dualismo spirito-materia” io intendo l’atteggiamento mentale che concepisce la realtà fisica secondo le pretese riduzioniste della scienza moderna (cioè il positivismo), combinata in modo misterioso con la fede nelle realtà immateriali dello spirito umano e divino conosciuti solo per fede (cioè fideismo).

 

Ma la ragione umana è molto più di una mera conoscenza “scientifica” positivista. Infatti la vera scienza è impossibile se prima non si comprende la realtà della natura e dell’essenza, i principi intelligibili del mondo naturale. Possiamo con grande successo studiare la natura con i mezzi e le tecniche della scienza moderna. Però non dobbiamo dimenticare, come hanno dimenticato alcuni scienziati moderni, che lo studio della realtà con metodi riduzionisti porta ad una conoscenza incompleta. Per comprendere la realtà quale è, dobbiamo tornare alla conoscenza prescientifica e postscientifica, la tacita conoscenza che permea la scienza; la conoscenza che, esaminata criticamente e perfezionata, chiamiamo filosofia.  

 

Stephen Barr mi critica per aver fatto confusione tra due cose molto importanti: la modesta teoria scientifica chiamata neodarwinismo ( che egli definisce come “l’idea che il motore principale dell’evoluzione è la selezione naturale che agisce sulle variazioni genetiche casuali”) e quello che egli chiama la pretesa “teologica” che l’evoluzione sia un processo “privo di guida e non pianificato.” Egli afferma che “questo è il principale passo falso dell’articolo del cardinale Schönborn.”

 

Supponiamo per un momento che io abbia fatto veramente un errore. Vi è una scusa, una base per questo mio errore? Barr, trattando con grande delicatezza il darwinismo, non dice niente. Invece avrebbe potuto dire parecchio. Avrebbe potuto elencare dozzine di pagine nelle quali gli scienziati darwinisti fanno affermazioni “teologiche”, in modo aperto e assoluto, affermazioni secondo le quali l’evoluzione per mezzo di variazione casuale e selezione naturale è un processo privo di guida e non pianificato.

 

Molte di queste affermazioni si trovano non solo nei libri divulgativi, ma anche nei testi scolastici e nelle riviste scientifiche. Lascio ad altri il compito di compilare l’elenco completo di tali citazioni. Io ne ho citate tre nel mio recente catechismo sulla creazione e l’evoluzione nella cattedrale di Santo Stefano a Vienna. Ecco uno di quei tre esempi, quello dello scienziato americano Will Provine: “La scienza moderna indica direttamente che il mondo è organizzato in accordo rigoroso con i principi deterministici oppure con il caso. Nella natura non esiste alcun principio di intenzionalità. Non vi sono dei o forze progettanti discernibili razionalmente.”

 

Secondo Barr tali affermazioni “teologiche” sono separabili dalla più modesta scienza del neodarwinismo. Sono d’accordo che c’è differenza tra una modesta scienza darwinista e le affermazioni metafisiche più ampie fatte spesso a suo nome. Ma quale di queste due è più propriamente chiamata “neodarwinismo” in modo assoluto, come ho scritto nel mio articolo?

 

Per ora sono felice di concedere che una versione metafisicamente modesta del neodarwinismo potrebbe essere potenzialmente compatibile con la verità filosofica (e quindi con l’insegnamento cattolico) della natura. Se un darwinista - seguendo il progetto di Cartesio e Bacone di comprensione della natura solamente con riferimento a cause materiali ed efficienti - studia la storia delle cose viventi e dichiara che non vede alcun principio attivo e organizzativo nelle sostanze viventi (cause formali), nessun vero piano, scopo o progetto (cause finali), io non sarei sorpreso dalla sua conclusione. Questa è, ovviamente, compatibile con la piena verità di un mondo vivente pieno di formalità e finalità. Non è affatto una sorpresa che la scienza riduzionista non sia in grado di riconoscere quei precisi aspetti della realtà che essa stessa esclude – o per lo meno cerca di escludere – con la sua scelta di metodo.

 

Ma fino a che punto la biologia moderna, cercando di essere fedele ai propri principi fondamentali, riesce a escludere la considerazione razionale della causa finale? Uno dei modi per capire questo è di esaminare il problema della “casualità” e il ruolo che questa svolge nella moderna biologia evolutiva.

 

Il concetto di “casualità” è ovviamente di grande importanza. Secondo Barr, l’errore tecnico del nocciolo della mia analisi del neodarwinismo è di aver frainteso il modo in cui il termine “caso” si usa nella biologia darwinista. Egli scrive che «se il termine “caso” significa necessariamente che alcuni eventi sono “privi di guida” nel senso che sono “fuori dai confini della divina Provvidenza,” allora avremmo dovuto condannare come incompatibili con la fede cristiana gran parte della moderna fisica, chimica, geologia e astronomia, così come la biologia.»

 

“Questo, naturalmente, è assurdo. La parola “caso” nell’uso scientifico non significa senza causa, non pianificato o inspiegabile; significa non correlato. I miei figli amano osservare le targhe delle automobili che ci sorpassano sull’autostrada, per vedere da quale stato provengono. La sequenza degli stati mostra un certo grado di casualità: auto di Kentucky, poi di New Jersey, poi Florida e così via – perché le automobili non sono correlate: il fatto di sapere la provenienza di un’automobile non dice nulla sulla provenienza dell’automobile successiva e così via. Nonostante ciò, ogni automobile si trova in quel posto a quel ora per una ragione. Ogni viaggio è pianificato e guidato da una mappa o da un itinerario.”

 

Sono certamente d’accordo con molto di ciò che Barr dice, e apprezzo i suoi deliziosi esempi. Tuttavia, vorrei suggerire che forse qualcosa gli è sfuggito per quanto riguarda la biologia moderna. Innanzitutto dobbiamo notare che il ruolo che il caso svolge nella biologia darwinista è molto diverso da quello svolto nella termodinamica, nella teoria quantistica e nelle altre scienze naturali. In queste discipline il caso riflette la nostra incapacità di predire o conoscere il preciso comportamento di parti del sistema (o forse, nel caso del mondo dei quanti, alcune delle proprietà intrinseche del sistema). Però in tutti questi casi il comportamento “casuale” delle parti è incorporato e limitato dalla struttura concettuale precisa e profondamente matematica dell’insieme, che rende il comportamento generale del sistema ordinato e intelligibile.

 

La casualità della biologia neodarwinista non ha nulla a che fare con tutto questo. Essa è semplicemente cieca. La variazione mediante la mutazione genetica è cieca. La selezione naturale è altrettanto cieca: l’ambiente è in continuo cambiamento, ma neanche le caratteristiche del cambiamento – che sono ciò che dirige l’evoluzione mediante la selezione naturale – sono correlate ad alcunchè, secondo i darwinisti. Eppure da questa confusione inintelligibile e priva di limitazioni emerge, deus ex machina, il mondo degli organismi viventi, con la sua straordinaria intelligibilità e preciso ordine. Ed è questo il nocciolo della scienza biologica neodarwinista.

 

Comunque sia, torniamo all’esempio fatto da Barr con le targhe automobilistiche, e proviamo ad allargarlo per vedere cosa potrebbe insegnarci. Supponiamo che la famiglia Barr parta, dalla propria casa nel Delaware, per un viaggio in direzione sud, e – mentre ascoltano una breve lezione introduttiva sul vero significato della casualità – i bambini cominciano a scrivere gli stati che sono sulle targhe delle automobili che passano. Dopo alcune ore, durante una pausa di lavoro, i bambini forniscono i seguenti dati: mentre ciascuna delle targhe non sembra correlata con la precedente, con la successiva, o con qualsiasi altro elemento dell’ambiente circostante, sembra tuttavia che nei dati ci sia una certa tipologia. All’inizio, quasi tutte le targhe erano del Delaware. Poco più tardi la maggior parte diventava del Maryland. Poche ore dopo si notava un grande aumento delle targhe del Distretto di Columbia, che quasi pareggiavano quelle del Maryland. Poco dopo la maggioranza diventava della Virginia. Dopo invece c’è stato un grande incremento delle targhe della Nord Carolina. Siamo di fronte ad una tipologia, una caratteristica specifica? Si può pensare ad una qualche spiegazione per questo quadro specifico?

 

________

 

Il biologo darwinista si trova di fronte ad una domanda precisamente analoga mentre studia la storia della vita. Se limita il suo sguardo solamente sulla presunta variazione casuale, questa potrebbe facilmente sembrare non correlata ad alcunchè di interessante, e rimanere quindi inintelligibile. Non riconoscendo nella variabilità alcuna caratteristica specifica, egli riassume la propria ignoranza sotto il termine rispettabile di “casualità”. Ma se fa un passo indietro e guarda la sviluppo della vita, egli vedrebbe un quadro ovvio, preciso in modo schiacciante. Le variazioni verificatesi nella storia della vita sono state esattamente quelle necessarie per produrre il set di piante e animali che esiste attualmente. In particolare, sono state esattamente le variazioni necessarie per il salto evolutivo che ha prodotto la persona umana. Se questa non è una correlazione potente e rilevante, allora non so proprio cosa potrebbe contare, nella mente dell’osservatore, come prova contro la casualità.

 

Qualcuno potrebbe obiettare: questa è pura tautologia, non conoscenza scientifica. Io ho preso la conclusione come assunzione, ho “truccato le carte” e così via. Ma non è vero. Io ho semplicemente collegato due fatti indiscutibili: l’evoluzione si è verificata (o almeno lo assumeremo ai fini di questa analisi), e l’attuale biosfera è il risultato. I due fatti sono perfettamente correlati. I fatti non sono tautologie per il semplice motivo che sono veri. Se il biologo moderno sceglie di ignorare questa indubbia correlazione, io non ho obiezioni. Egli è libero di definire la sua particolare scienza in termini così ristretti, come ritenuto utile per acquistare un certo tipo di conoscenza. Però non deve poi chiedere a tutti gli altri, che non sono limitati dai suoi limiti metodologici autoimposti, di ignorare la palese verità della realtà, ad esempio la natura teleologica dell’evoluzione.

 

Torniamo al discorso eloquente di Barr. Secondo lui la mia definizione del neodarwinismo è troppo ampia ed è una estensione ingiustificata della teoria nell’ambito della “teologia”. Cosa si intende con questo uso del termine? Che possiamo riconoscere che la teleologia nel mondo vivente  sia reale soltanto per mezzo della verità rivelata? Che la ragione umana non è in grado, se non aiutata, di comprendere l’evidente ordine, scopo e intelligenza così chiaramente manifesti nel mondo degli esseri viventi? Che adoriamo un Dio ingiusto, il quale – come insegna Romani 1:19-20 – punisce le persone perché non riescono a rispettare la legge naturale, una legge che secondo san Paolo loro non possono non riconoscere nell’evidente ordine del mondo naturale?

 

L’articolo di Barr menziona il problema del progetto in biologia, ma non dichiara in modo chiaro che la ragione può comprendere la realtà del progetto senza l’aiuto della fede. Se ho capito bene (e spero di sbagliarmi), su questo argomento Barr ha seguito la tendenza largamente predominante tra i commentatori cattolici dell’evoluzione neodarwinista, i quali discutono volentieri l’incompatibilità di quest’ultima con le verità della fede, ma raramente si preoccupano di discutere se e in che modo essa è compatibile con le verità della ragione.

 

Forse ora, che il ruolo del fideismo viene riproposto, io potrei tornare con più successo al problema del significato vero del termine “neodarwinismo.” Se, come in molti sembrano pensare, il neodarwinismo è efficace come “ipotesi che sconfigge il progetto” al livello della ragione, ma si salva da qualsiasi conclusione impropria ed estrema grazie all’intervento della teologia, allora la mia definizione è giusta. Se la ragione è incapace di comprendere la realtà della teleologia nelle cose viventi e nella loro storia, allora il neodarwinismo – che ovviamente è incapace di prendere in considerazione le verità teleologiche – può giustamente essere considerato una teoria che sostiene, per dirla con le parole che ho usato, che l’evoluzione è “un processo privo di guida e non pianificato di variazione casuale e selezione naturale.” Quello che molti cattolici sembrano sostenere è che, per quanto il nostro intelletto privo di aiuto possa comprendere, perfino nella versione “metafisicamente modesta” del neodarwinismo, non esiste né un piano reale, né scopo, né progetto negli esseri viventi, e nel modo più assoluto nessuna direzione nell’evoluzione; tuttavia, sappiamo per fede che   tutte queste cose invece ci sono. In altre parole il neodarwinismo “metafisicamente modesto” non è poi così modesto. Questo significa che il darwinismo è in conflitto non solo con la realtà conosciuta soltanto per fede. Nel dibattito sul progetto nella natura sola fides assume un significato completamente nuovo.

 

La scienza moderna da sola potrebbe risultare incapace di comprendere le verità fondamentali della natura, che fanno parte del tessuto della teologia e della moralità cattoliche. E nemmeno la teologia fornisce queste verità fondamentali. Prima della scienza e prima della teologia viene la filosofia, la “scienza dell’esperienza comune”, il cui ruolo in queste questioni cruciali è indispensabile.

 

Veniamo ora al cuore del problema: il positivismo. La scienza moderna esclude a priori le cause finali e formali, quindi studia la natura con il metodo riduzionista del meccanicismo (cause efficienti e materiali), poi dichiara che le cause finali e formali sono ovviamente irreali, e sostiene anche che il suo modo di conoscere il mondo materiale ha la priorità su tutte le altre forme di conoscenza. Oltre ad essere meccanicista, la scienza moderna è anche storicista: sostiene che la descrizione completa della storia di una entità, su base di cause efficienti e materiali, è la completa spiegazione dell’entità stessa – in altre parole, il modo di capire come una cosa è venuta in esistenza è identico al modo di capire cosa essa sia. Il pensiero cattolico rifiuta, però, questo errore di ragionamento sul mondo naturale, e propende invece per una comprensione olista della realtà, comprensione basata su tutte le facoltà della ragione e tutte le cause evidenti nella natura – inclusa la causalità “verticale” di forma e finalità.

 

Qualcuno potrebbe obiettare che il mio breve articolo in New York Times era ingannevole, perché è stato troppo facilmente frainteso per un ragionamento sui dettagli scientifici. Infatti io mi aspettavo un iniziale fraintendimento. Però anche se fosse stato possibile formulare in mille parole una dichiarazione altamente qualificata e dettagliata sui rapporti tra scienza moderna, filosofia e teologia, l’articolo sarebbe stato lo stesso scartato come “pura filosofia”, non in grado di sfidare l’egemonia dello scientismo. Era di cruciale importanza che la dichiarazione a favore del progetto nella natura non fosse inferiore alla tesi “scientifica” (nel senso moderno). Infatti, la mia tesi era superiore alla tesi “scientifica” perché era basata su verità e principi più certi e più durevoli.


Il mondo moderno ha assoluto bisogno di questo messaggio. Ciò che spesso è spacciato per scienza moderna – col suo pesante carico di materialismo e positivismo – è semplicemente in errore, da diversi e fondamentali punti di vista, nei riguardi della natura. La scienza moderna è spesso, nelle parole del mio articolo, “ideologia e non scienza”. I problemi creati dal positivismo sono particolarmente gravi nelle implicazioni estreme anti-teleologiche della teoria darwiniana dell’evoluzione, che è diventata (secondo una frase di alcuni anni fa di papa Benedetto XVI) la nuova “massima filosofia” del mondo moderno, una descrizione fondamentale e totalizzante della realtà, che va molto oltre la scienza descrittiva e riduzionista sulla quale si basa. Il mio articolo intendeva svegliare i cattolici dal loro sonno dogmatico nei confronti del positivismo in generale e l’evoluzionismo in particolare. Sembra che lo scopo sia stato raggiunto.

Torna a inizio pagina

 

Sito a cura dell'A.I.S.O. Associazione Italiana Studi sulle Origini - aggiornato il 31/01/2014 

Contatto | Links | Informazioni | Iscrizione | Contributi