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Evoluzione e struttura del Genesi Biblico:
una risposta alle riflessioni del Rev. Giovanni Leonardi
del Prof Giuseppe Sermonti - 02/06/2006
 

Ringraziamo il prof. Giuseppe Sermonti per il suo contributo e riportiamo la sua risposta al dialogo con il pastore Giovanni Leonardi (vedi http:\\www.origini.info\articolo.asp?id=141)

Voglio prima di tutto esprimere la mia sincera riconoscenza al Rev. Giovanni Leonardi per le note che ha voluto gentilmente aggiungere al mio scritto. Debbo ammettere che quando parlo della Bibbia navigo nella penombra, col rischio anche di andare a sbattere, e quindi apprezzo affettuosamente chi mi offre una luce competente. I problemi di fronte a cui mi trovo (ci troviamo) nel raffronto Bibbia-evoluzione  sono di due nature. 1) L’origine storica della vita e dell’uomo, 2) La storia delle interpretazioni delle origini. Direi: La teoria dell’Evoluzione e L’evoluzione della Teoria. La tesi di fondo dell’articolo è che la teoria di Darwin non si contrappone al Genesi, ma ne è lo sviluppo razionale (ed ateo) (problema 2). 

Debbo premettere che in una discussione mi pare legittimo far impiego (prudente) della logica e del lessico dell’interlocutore, anche se non li si condividono. Se un tizio  manca un appuntamento e afferma che è stato puntuale ed ha controllato l’ora sull’orologio del campanile, posso argomentare che l’orologio è fermo da vent’anni, anche se sono convinto che l’ora non c’entri col ritardo del tizio (aveva litigato con la moglie). Per quanto riguarda la cronologia dei capitoli della Bibbia, mi confesso incompetente e ringrazio Leonardi  per le nozioni che mi offre sulla tesi documentaria del Wellhausen. Nel mio articolo non ho che un marginale interesse per la Storia e mi occupo soprattutto sulle strutture comparate. Per il mio argomento le due Genesi potrebbero essere coeve e dettate testualmente da Dio. 

Darwin si interessa alla storia della vita, non alla storia della teoria. Tuttavia i suoi epigoni interpretano evolutivamente anche la genesi della teoria, elencando i suoi “profeti”, da Lamarck, a Darwin nonno e nipote, a Buffon, a Mendel, a Morgan, a Crick… fino ai moderni sequenziatori e manipolatori del DNA. E adottano la Prevalenza del più Forte (il “might is right”) anche nella loro etica professionale. 

Apprezzo le considerazioni di Leonardi a proposito del Genesi, sia 1 che 2, “finalizzato a criticare la visione mitica del mondo caratteristica di quell’epoca” (processo che è portato all’estremo da Darwin) e trovo di grande interesse l’osservazione che Sole e Luna sono nominati solo come “luminari”, senza nomi, perché non assurgano a divinità. Anche l’astrofisica moderna li classifica come “corpi” e li nomina solo nella divulgazione e mai nelle sue formule. Importante l’osservazione che i periodi del mondo, nominati in altre tradizioni (spesso in senso decadente), vengono nel Genesi 1 enunciati solo con numeri ordinali: primo, secondo, terzo… 

Per quanto riguarda la precedenza temporale dell’uomo rispetto agli animali in Genesi 2, la mia era una timida interpretazione di un testo letto in italiano. A me interessa la primitività strutturale dell’uomo, non la sua priorità sul lunario. In altri scritti (p.es.,“Un tentativo di raffronto tra stazioni lunari e alfabeti”, Riv. Ital. Archeoastronomia, 2004, II, 107-116), interpreto Adamo che dà i nomi agli animali come un astrologo che impara i segni zodiacali e fonda l’alfabeto. Discorso che mi affascina molto di più, che attribuisce sacralità agli alfabeti, e che trova poco ascolto. 

Nella critica al Creazionismo, l’argomento più usato è che ricorrere a Dio sia una scappatoia, l’uso furbesco di un “deus ex machina” per togliersi dalle difficoltà. Rifiuto decisamente questa critica. Rivolgersi a Dio significa sublimare il discorso, accettare il mistero, coinvolgere la totalità. Fin che è possibile noi scienziati dovremmo evitare di farlo: è troppo più grande di noi, e corrisponde a una dichiarazione di “non so”, “non ci arrivo”, “non sum dignus”. Non nominando Dio lo si onora maggiormente. Anche il dominio dell’uomo sulla natura non va certo interpretato nel senso agonistico darwiniano, ma come affidamento alla responsabilità all’uomo di tutte le altre creature, come impegno di consapevolezza. Su questo seguo perfettamente Leonardi. 

Una piccola spiegazione su come si fa a dire che il DNA dell’uomo ha subito meno refusi di quello della scimmia. Prendiamo queste cinque parole (che rappresentino “lettere” del DNA):

u  o   v 

t  o  m  o

u  o  m  o

  u  l   m  o  

u  o  m  a

La parola da cui si possono derivare le altre quattro con un minor numero totale di alterazioni (refusi) si può considerare, su certe ipotesi, il progenitore comune. Ebbene, “Uovo” richiede 7 alterazioni(verificare), “uomo” solo 4. La parola “uomo” si può anche ricavare osservando quale è la lettera più frequente su ognuna delle quattro colonne. Risulta u, o, m, o. Anche omettendo la parola “uomo”, la si potrebbe ricostruire con uno dei due criteri: parola che richiede il minor numero di variazioni per generare le altre; parola costruita con le lettere più frequenti su ogni colonna. I “refusi” di cui si parla non sono errori funzionali ma quelle che si considerano “mutazioni NEUTRALI”, cioè ininfluenti sulle funzioni. Non sono loro che determinano le differenze (funzionali o morfologiche) tra i cinque soggetti. Tutte (o quasi) le mutazioni studiate nel DNA per studi genealogici sono neutrali. 

A proposito della costola di Adamo. La clonazione è un modo di riproduzione tipicamente vegetale. Il mondo vegetale è quello della quiete, il paradiso. Mi piace l’idea che nel Genesi 1 si affermi il “vegetarianesimo di tutti i viventi”. Quando, nel Vangelo, il sacrificio del Corpo e del Sangue è presentato come mangiare pane e vino, si ha una opzione per la rappresentazione vegetale. Un’interpretazione non ne esclude un’altra. Talvolta la pretende. In un libro sulla Luna, mi pare di vedere, nella sottile e arcuata luna nuova, la costola che si stacca dal corpo (il sole nero) che dorme. E la falce sottile diverrà luna piena, darà luce al mondo, e poi soffrirà la passione e la morte di tre giorni. La metafora è stata adottata da S. Ambrogio per la nascita e crescita di Cristo: “Ergo annuntiavit luna mysterium Christi.” 

 L’uomo non diviene, nel mio quadro, uno tra i tanti animali specializzati. E’ solo il meno specializzato. Se non lo fosse del tutto sarebbe Adamo, o un angelo, o un Dio. Egli ha cento potenzialità, e le perde nel corso della vita. Ha scritto Hector Bianciotti: “Nasciamo in cento, moriamo uno solo… o nessuno.” 

Ringrazio di cuore, disposto a continuare la conversazione, 

Giuseppe Sermonti 

Roma, 6 marzo 2006

 

Sito a cura dell'A.I.S.O. Associazione Italiana Studi sulle Origini - aggiornato il 31/01/2014 

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