Il 22
maggio 2004 la prestigiosa rivista New Scientist ha pubblicato una
lettera aperta alla comunità scientifica firmata da oltre 150 scienziati di
tutto il mondo: astrofisici, astronomi e fisici, tra cui alcuni italiani. Ne dà
notizia il settimanale Internazionale a pagina 54 del numero 542, 4/10
giugno 2004. Il testo della lettera e l'elenco dei firmatari sono disponibili
sul sito www.cosmologystatement.org.
Ecco i brani più significativi:
"La teoria del big bang dipende da un
numero crescente di entità ipotetiche e mai osservate - come l'espansione, la
materia nera e l'energia nera, per citare solo le principali. Senza queste ci
sarebbe una contraddizione fatale tra le osservazioni fatte dagli astronomi e le
predizioni della teoria. Un simile e continuo ricorso a nuovi oggetti ipotetici
allo scopo di colmare il divario tra teoria ed osservazione, non sarebbe
accettato in nessun altro campo della fisica, o quanto meno avrebbe sollevato
seri problemi sulla validità della teoria […]
Ma la teoria del big bang non può
sopravvivere senza queste frottole […] Eppure il big bang non è l'unica
concezione disponibile per comprendere la storia dell'universo […] Vi sono
approcci alternativi che spiegano i fenomeni fondamentali del cosmo, compresa
l'abbondanza di elementi leggeri, la generazione di strutture grandi, la
radiazione cosmica di fondo, e l'aumento del red shift con l'aumento della
distanza delle galassie. Questi modelli hanno persino predetto fenomeni nuovi
che poi sono stati osservati, cosa che il big bang non è riuscito a fare
[…]
Eppure tali alternative non possono essere
né discusse né esaminate liberamene. Nella maggior parte delle conferenze
ufficiali manca lo scambio aperto delle idee. Mentre Richard Feynman poteva dire
che "la scienza è la cultura del dubbio", oggi nella cosmologia il dubbio ed il
dissenso non sono tollerati. Gli scienziati giovani imparano a tacere quando
hanno da dire qualcosa di negativo del modello standard del big bang, per paura
che se esprimessero i loro dubbi perderebbero i finanziamenti per la
ricerca.
Perfino le osservazioni vengono attualmente
interpretate attraverso questo filtro distorto, e giudicate giuste o sbagliate a
seconda che sostengano o meno il big bang. Così i dati discordanti sui red
shifts, l'abbondanza di litio ed elio, la distribuzione delle galassie, e molti
altri, vengono ignorati o ridicolizzati. Questo dimostra la crescita di una
mentalità dogmatica, estranea allo spirito della libera ricerca
scientifica.
Oggi praticamente la totalità delle risorse
finanziarie e di sperimentazione nella cosmologia sono dedicate agli studi sul
big bang […] Come risultato di ciò, il dominio del big bang si automantiene a
prescindere della validità scientifica della teoria […]
Sostenendo solamente la ricerca
nell'ambito della concezione del big bang, viene minato un elemento fondamentale
del metodo scientifico - la verifica continua delle teorie di fronte alle
osservazioni".
Questa lettera denuncia un caso tutt'altro che isolato nella scienza:
la difesa dogmatica della concezione dominante e la lotta al dissenso sono da
sempre presenti nella comunità scientifica e sono descritte nel classico saggio
di Thomas Kuhn, La struttura delle rivoluzioni scientifiche (Torino,
Einaudi, 1969).
Il big
bang fa parte delle teorie sulle origini. Si insegna infatti a scuola come
l'inizio della storia del cosmo. La storia poi continua con la formazione della
Terra, con la comparsa per generazione spontanea del primo semplice organismo,
che avrebbe poi generato per evoluzione le varie specie, il tutto sempre ad
opera del caso.
Se la
teoria del big bang piange, le teorie dell'evoluzione biologica di certo non
ridono. Anche queste si automantengono a prescindere dalla loro validità
scientifica. Anche per la loro difesa vengono ignorati o ridicolizzati i dati
dell'osservazione che non le sostengono. Anche nel loro caso il divario tra i
dati dell'osservazione e le teorie viene riempito con entità ipotetiche e mai
osservate: sintesi spontanea di isomeri chimici puri, mutazioni spontanee che
espandono il genoma, trasformazioni di rettili in uccelli, di mammiferi
terrestri in mammiferi marini e altro.
I
modelli sulle origini hanno delle difficoltà particolari. Infatti, mentre nelle
scienze sperimentali le teorie sono passibili di verifica, le teorie sulle
origini lo sono molto meno; questo perché i modelli sulle origini fanno parte
delle cosiddette "scienze storiche", nelle quali le verifiche, rispetto ai dati
delle osservazioni, sono più di compatibilità che di validità. In
assenza di una conferma sperimentale, le teorie sulle origini vengono così
difese o rifiutate a seconda delle preferenze filosofiche e ideologiche, cioè
per motivi estranei alla scienza.
Di
recente la stampa si è occupata - con più rumore - di un'altra lettera di
scienziati: quella al ministro Moratti riguardante l'insegnamento del darwinismo
a scuola. Una differenza tra la posizione del big bang e quella dell'evoluzione
biologica c'è ed è importante. Per quanto riguarda la storia dell'universo, come
scritto sopra, vi sono modelli alternativi forse addirittura più validi, anche
se politicamente deboli. L'evoluzione biologica non ha invece alternative di
tipo materialista: la vita o è avvenuta per generazione spontanea, o è frutto di
un disegno intelligente, e nel secondo caso - che è molto più probabile - il
disegnatore assomiglia a quello che i credenti chiamano Dio. Dio, però, non gode
di buona accoglienza tra gli scienziati, a meno che non siano anche credenti.
Ecco perché la lotta tra creazionismo ed evoluzionismo si sposta immediatamente
sul piano filosofico e religioso.
Resta
il mistero del perché la maggior parte degli scienziati - sicuramente quelli che
hanno il controllo del potere - non ammette che non esiste una spiegazione
scientificamente valida per l'origine e la diversificazione della vita, ma ci
tenga così tanto ad insegnare l'evoluzione fin dalla scuola elementare. Perché
sono loro i primi a crederci, o perché vogliono inculcare la loro mentalità
dogmatica? Perché non sopportano l'idea di non avere una spiegazione? Perché
considerano preferibile "l'abito mentale" evoluzionista per dei motivi
filosofici, ideologici, sociali o politici? In questo caso la risposta va
cercata sul piano psicologico, filosofico, sociale e politico piuttosto che su
quello propriamente scientifico.
I
brani di lettera che abbiamo riportati dimostrano che il dissenso sulle origini
non è limitato ad un piccolo gruppo di oscurantisti dogmatici e reazionari, ma
coinvolge anche molti scienziati in una vasta battaglia per riportare la scienza
a quello che dovrebbe essere: cultura del dubbio e verifica continua delle
teorie per mezzo delle osservazioni.
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