(Traduzione dal portoghese di Teresinha Zanluca Rivellini;
titolo originale: "A questão do grande tempo geológico
e a evidência científica de uma criação recente").
NOTA. Articolo tratto da una relazione tenuta al "Primo Incontro Internazionale di Creazionisti" svoltosi a S. Paolo del Brasile, dal 21 al 24 gennaio 1999, nell'Instituto Adventista de Ensino (IAE-C1) (home page, www.iae-sp.br). L'autore ha trattato questi argomenti anche nei capitoli 13 e 15 del libro "Origins", recensito nel n. 1 di questo ECO CREAZIONISTA.
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Una delle differenze cruciali tra il modello creazionista e quello evoluzionista é il problema della quantità di tempo trascorso dall'inizio della vita sulla terra. Il modello evoluzionista suggerisce miliardi di anni, invece quello creazionista propone una creazione operata da Dio in sei giorni, poche migliaia di anni or sono.
Alcuni dati scientifici contraddicono il concetto che la vita si stia evolvendo sulla terra da miliardi di anni; fra questi dati scientifici ce ne sono anche tre ricavabili dalla Geologia e che affronteremo in questo articolo.
1.
ECOSISTEMI INCOMPLETI
Gli animali necessitano di alimenti vegetali, i quali a loro volta ricevono energia dal sole. Il record fossile a volte evidenzia molte presenze d'animali, ma con presenze vegetali non sufficienti a garantire l'alimentazione di quegli animali. Se gli strati geologici si sono formati durante centinaia di milioni d'anni, ciascuno di essi dovrebbe rappresentare un sistema ecologico completo, o almeno sufficiente per permettere la sopravvivenza degli animali durante le lunghe ere supposte. Accettando il Diluvio biblico, questa separazione dei fossili potrebbe essere spiegata con la considerazione che gli animali sono stati trasportati dalle correnti in alcuni luoghi, mentre le piante sono state trasportate in luoghi diversi (al punto che sono state probabilmente le piante che hanno poi dato origine ai grandi giacimenti di carbone).
La formazione Morrison, che si estende per milioni di chilometri quadrati nella parte occidentale degli Stati Uniti, sembra rappresentare un grande sistema ecologico, però incompleto. Essa è una delle più ricche fonti di fossili di dinosauro esistenti al mondo. Nello stesso tempo le piante sono rare, specialmente dove i resti di dinosauri sono evidenti. C'è da chiedersi: cosa mangiavano questi animali giganteschi? Il paleontologo evoluzionista Theodore White così commenta: "Anche se la pianura di Morrison fosse un'area d'accumulazione di sedimenti ragionevolmente rapida, non esistono in pratica fossili di vegetali" (White T.E. 1964. The dinosaur quarry. In: Sabatka E.F., editor. Guidebook to the geology and mineral resources of the Uinta Basin. Salt Lake City: Intermontain Association of Geologists, pp. 21-28). In seguito egli mostra che, in comparazione con gli elefanti, il dinosauro Apatossauro "consumava 3,5 tonnellate di vegetali di foraggio verde al giorno". Anche altri ricercatori esprimono lo stesso concetto, dicendo che la regione Morrison "è in pratica sprovvista di fossili vegetali" (Brown RW. 1946. Fossil plants and Jurassic-Cretaceous boundary in Montana and Alberta. American Association of Petroleum Geologists Bulletin 30:238-248), oppure viene detto che "é interessante notare questa mancanza di segnali di una vita vegetale abbondante, sotto forma di strati di carbone e argilla organicamente ricca, nella maggior parte della formazione di Morrison" (Dodson P., Behrensmeyer A.K., Bakker R.T., McIntosh J.S. 1980. Taphonomy and paleoecology of the dinosaur beds of the Jurassic Morrison Formation. Paleobiology 6(2):208-232). Con una fonte di energia talmente scarsa, come poterono sopravvivere i grandi dinosauri, durante i milioni d'anni proposti dagli evoluzionisti?
Alcuni hanno suggerito che la ragione per la quale non s'incontrano piante è che queste non si sono preservate come i fossili animali. Questa motivazione non sembra valida, perché insieme a un gran numero d'animali, alcune piante sono state preservate. Più plausibile è che la regione Morrison non era il luogo dove i dinosauri vivevano, ma solo dove sono stati sepolti. Una situazione simile la incontriamo nel deserto centrale del Gobi, in Mongolia, dove troviamo forti presenze del dinosauro Proceratopo. I ricercatori, studiando vari aspetti dei depositi, concludono che le abbondanti presenze di quest'erbivoro (e di una ricca fauna fossile in prevalenza composta da insetti) fanno pensare ad una regione ad alta produttività. L'assenza di resti fossili vegetali, però, contrasta con questa impostazione.
I dati riguardanti l'Arenite di Coconino, nel sud-est degli Stati Uniti, sono a loro volta sorprendenti. L'Arenite di Coconino è uno strato dal colore chiaro, situato in prossimità della superficie del grande Canyon, in Arizona. Questo strato, che ha in media uno spessore di 150 m, si estende lungo migliaia di chilometri quadrati. Parecchi ritrovamenti fossili riguardano anfibi e rettili, ma nessuna pianta sembra essere stata presente. Oltre a tali resti, sono state trovate alcune tane create da vermi o altri animali invertebrati. Se questo strato del Coconino si è deposto durante milioni d'anni, di cosa si cibavano gli animali presenti in questo territorio? Infatti, se i resti animali sono così ben conservati, allora dovremmo incontrare molte radici e foglie di vegetali fossili, a meno che questo materiale non fosse stato già originariamente assente.
Una deposizione rapida, combinata con una separazione dovuta alle correnti del Diluvio biblico, potrebbe risolvere i problemi sopra esposti.
2.
EROSIONE DEI CONTINENTI
Ogni fiume ha il suo bacino idrografico, dal quale gli arriva l'acqua che raccoglie. Quando quest'acqua piovana scorre, porta con sé parecchi sedimenti, che in parte arrivano fino all'oceano. Tramite campionamenti ripetitivi alla foce, possiamo ottenere stime della quantità di sedimenti trasportata e della velocità d'erosione del bacino idrografico. Queste stime sono state condotte su un gran numero di fiumi in tutto il mondo. Alcuni fiumi sono molto lenti e sedimentano intorno ad un millimetro ogni 1000 anni; invece altri fiumi possono arrivare oltre i 1300 mm ogni 1000 anni (il riferimento ai 1000 anni, in seguito, se non precisato diversamente, lo daremo per sottinteso); molti fiumi, comunque, sedimentano ad una velocità superiore ai 100 mm. Questa velocità di sedimentazione può apparire molto lenta, ma confrontata con il tempo accettato per le ere geologiche, avrebbe fatto sparire tutti i continenti. L'incongruenza è evidente ed è già stata riconosciuta da molti anni. Usando un livello d'erosione medio, che attualmente è di 61 mm, un buon numero di geologi conclude che l'America del nord si sarebbe dovuta spianare in circa 10 milioni d'anni. In altre parole, di fronte a questo livello d'erosione il continente nord Americano, nei 2,5 miliardi d'anni di vita supposti, si sarebbe dovuto spianare già 250 volte. E' chiaro che questo discorso non può essere preso alla lettera; infatti, dopo che un continente è stato eroso una volta, non ci sarebbe più nulla da erodere. In ogni caso ci si può chiedere: se i continenti della terra sono così vecchi, perché hanno ancora un'altitudine media di 623 m sopra il livello del mare? Con una velocità d'erosione di appena 1 mm, i continenti si sarebbero erosi al livello del mare in 623 milioni d'anni. In un periodo di 2,5 miliardi d'anni, che è la supposizione fatta dagli evoluzionisti, i continenti si sarebbero erosi almeno 4 volte. Invece esistono ancora e nonostante il fatto che alcuni fiumi abbiano un effetto erosivo di 1300 volte più rapido. Di fronte a questi dati il geologo B.W. Sparks, dell'università di Cambridge, commenta: "Alcuni di questi tassi d'erosione sono effettivamente sorprendenti: il Fiume Giallo (Hwang-Ho) potrebbe spianare un'area dell'altezza media dell'Everest in un periodo di 10 milioni d'anni" (Sparks B.W. 1986. Geomorphology. 3d ed. Beaver S.H., editor. Geographies for advanced study. London and NY: Longman Group, p 510).
Questa discrepanza è veramente significativa quando si considerano le catene montuose della Scozia e i monti Appalachi nel nord-est dell'America, che sono considerati vecchi di centinaia di milioni d'anni. Allora, di fronte ai dati che abbiamo esposti sopra, come possono queste montagne essere ancora così elevate?
I livelli d'erosione sono molto più rapidi in montagna e più lenti nelle regioni con rilievi inferiori. Nella Catena Idrografica di Papua, abbiamo un livello d'erosione di 80 mm in prossimità del mare e un livello di 520 mm all'altitudine di 975 m. Livelli di 920 mm sono registrati per le montagne comprese nelle regioni di frontiera fra il Messico e il Guatemala, mentre per quanto riguarda l'Himalaya troviamo un livello di 1000 mm. Nella regione del monte Ranier, nello stato di Washington, il livello d'erosione è di circa 8000 mm. Forse il livello regionale d'erosione più rapido è stato registrato nel vulcano di Nuova Guinea ed è di 19.000 mm (sempre ogni 1000 anni).
Le stime mondiali si basano principalmente sul totale dei sedimenti che i fiumi portano quando terminano negli oceani. I calcoli variano dagli 8 ai 58 miliardi di tonnellate per anno (vedi tabella 1). I risultati registrati sono probabilmente bassi a causa dei vari eventi catastrofici durante i quali si deve considerare un aumento di trasporto che non è facilmente controllabile. Il quantitativo medio che si ottiene dalla tabella 1 è di 24 miliardi di tonnellate per anno. Secondo questo indice, l'altezza media dei continenti rispetto al livello del mare, essendo di 623 m, si sarebbe erosa in un tempo di circa 9,6 milioni d'anni: un dato vicino ai 10 milioni d'anni che abbiamo precedentemente fornito per l'America del Nord.
Spesso si afferma che le montagne esistono ancora a causa di un continuo rinnovamento, dovuto al sollevarsi degli strati inferiori. L'emergere continuo di questi strati inferiori, però, presuppone l'erosione continua degli strati più superficiali, che dovrebbero così scomparire: invece li vediamo ancora oggi ben presenti. Anche il rinnovamento delle montagne per continuo innalzamento, perciò, non sembra risolvere il problema di una velocità d'erosione incompatibile con i tempi proposti dall'evoluzionismo.
TABELLA 1- Stime della velocità d'erosione, basata sui sedimenti che raggiungono l'oceano.
Autore
(data)
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Miliardi
di tonnellate per anno
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Fournier (1960)
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58
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Gilluly (1955)
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32
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Holleman (1968)
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18
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Holmes (1965)
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8
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Jansen e Painter (1974)
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27
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Kuenen (1950)
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32
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Lopatin (1952)
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13
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McLennan (1993)
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21
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Milliman e Meade
(1983)
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15
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Milliman e Syvitski (1992)
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20
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Pechinov (1959)
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24
|
Schumm (1963)
|
20
|
Altri tentativi di conciliare l'attuale velocità d'erosione con il tempo geologico fanno notare che l'uomo, con le sue attività soprattutto agricole, ha aumentato l'erosione, portandola ad assumere tassi molto elevati. Tale spiegazione non può comunque risolvere la discrepanza rilevata. Gli studi suggeriscono che le pratiche agricole hanno più o meno raddoppiato l'erosione globale; ma anche dimezzando la velocità dell'erosione (per annullare l'effetto delle pratiche agricole) i continenti si sarebbero comunque erosi più o meno in 20 milioni d'anni (invece dei 10 milioni fin qui considerati). Non si risolve nemmeno in questo modo, perciò, il problema della presenza di continenti che si suppone abbiano 2,5 miliardi d'anni e che si sarebbero dovuti erodere fino al livello del mare (anche non mettendo in conto le attività agricole) ben 125 volte.
Altri suggeriscono che un clima più secco, nel passato, abbia reso l'erosione più lenta. In realtà, la presenza di una vegetazione esuberante nel record fossile, indica come minimo una condizione più umida nel passato. Stime eseguite sulle precipitazioni globali suggeriscono che, negli ultimi 3 miliardi d'anni, le condizioni erano sì variabili, ma in media leggermente più umide di quelle attuali. Anche la supposizione di un clima più secco, perciò, appare infondata.
3. LE LACUNE NEGLI STRATI SEDIMENTARI
Quando si guardano le grandi sezioni di sedimenti ai margini delle valli e dei canyon, chi non è addentro al problema non si accorge di quelle parti della colonna geologica che sono assenti. Però, per esempio, se rappresentiamo una serie completa della colonna geologica utilizzando le lettere dell'alfabeto, in alcuni luoghi anziché avere tutta la serie (per esempio, "a", "b", "c", "d" ed "e"), incontriamo soltanto le lettere "a", "d" ed "e". Possiamo allora concludere che le lettere "b" e "c" mancano. Ci si può rendere conto di questa mancanza perché gli strati "b" e "c" sono rappresentati in modo corretto in altri luoghi. Il Grand Canyon in Arizona (USA) è una delle più importanti vetrine geologiche del mondo e ci sono significative assenze nella sua successsione geologica. Si evidenziano lacune che rappresentano approssimativamente 6, 14 e più di 100 milioni d'anni. Una di queste lacune riguarda gli interi periodi Ordoviciano e Siluriano. Ci rendiamo conto che tali lacune esistono perché i depositi dell'Ordoviciano e del Siluriano sono presenti in altre parti del mondo. Secondo l'evoluzionismo, i depositi dell'Ordoviciano e del Siluriano hanno avuto bisogno di un lungo periodo di tempo per formarsi e per far evolvere gli organismi che ne costituiscono le caratteristiche fossili.
Da molto tempo i geologi sanno di queste lacune e normalmente le chiamano "discordanze", anche se il termine viene usato in modo differente a seconda dei Paesi. Abbiamo vari tipi di discordanze, ma qui prenderemo in considerazione soprattutto quella più evidente, cioè la "paraconformità", che si ha quando la linea di contatto fra i due blocchi non è visibile, o non c'è evidenza d'erosione.
La domanda che ci poniamo è la seguente: perché non vediamo un'evidente erosione dello strato inferiore, se queste lacune rappresentano un periodo di tempo tanto lungo? Si sarebbe dovuta verificare una grande erosione su questi strati inferiori, esposti alle intemperie per milioni d'anni, prima che si depositasse lo strato superiore. Come minimo dovremmo aspettarci, in circostanze normali, una media regionale d'erosione di circa 100 m in 4 milioni di anni. Il geologo Ivo Lucchitta, che non è creazionista e che ha passato gran parte della sua vita a studiare il Grand Canyon, suggerisce che la maggior parte delle lacune del Canyon si sono verificate in un periodo di tempo eccezionalmente corto, di 4 o 5 milioni di anni. L'assenza d'erosione nello strato inferiore, però, ci suggerisce che le lacune, in realtà, rappresentano un intervallo di tempo minimo o nullo.
La mancanza d'erosione in queste lacune rende plausibile che gli strati sedimentari si siano deposti rapidamente, per esempio durante il Diluvio biblico. Sulla superficie attuale della terra possiamo vedere frequentemente gli effetti dell'erosione, che forma irregolarità quali gole, valli ecc.. Altri effetti del tempo, come il formarsi del suolo, l'azione del clima e la crescita delle piante, avrebbero dovuto lasciare segni evidenti. Invece gli strati inferiori di queste lacune sono generalmente piani e non modificati dall'azione degli agenti atmosferici, suggerendo che il tempo trascorso è poco o nullo. Se in questi strati sono racchiusi milioni d'anni, perché i livelli di contatto sono così piatti, confrontati con la superficie attuale della terra? E' difficile pensare che durante milioni d'anni non sia successo nulla sulla superficie di queste lacune, tanto più se si pensa che il clima era comunque sufficientemente umido per mantenere la vita, come è evidenziato nel registro fossile.
Se qualcuno si colloca ai margini del Grand Canyon, rimane impressionato dall'evidente parallelismo degli strati della roccia. Questo fenomeno è in contrasto con la superficie del Canyon, che presenta una grande irregolarità d'erosione. Perché non vediamo aspetti simili nelle lacune, se sono state a lungo esposte agli agenti erosivi?
Lungo la costa est dell'Australia ci sono evidenti giacimenti di carbone. Tra le rocce di copertura e il giacimento Bulli Coal c'è una lacuna di circa 5 milioni d'anni. Questa lacuna, che si estende ben oltre i depositi del Bulli Coal, copre un'area di circa 90.000 km2. È veramente difficile immaginare che questi strati di carbone siano rimasti per 5 milioni d'anni senza essere erosi.
Riferendosi alle paraconformità (cioè a quelle discordanze che presentano la maggiore continuità), Norman Newell, del museo Americano di Storia Naturale di New York, commenta: "Un aspetto notevole della paraconformità nella sequenza delle rocce calcaree, è una mancanza generale di un'evidente lisciviazione del sottosuolo. Residui e superfici erose, che si dovrebbero attendere come risultato di una lunga esposizione sub-aerea, sono in realtà mancanti e quasi irriconoscibili". Inoltre, indagando sull'origine di questi contatti piani fra i due blocchi, l'autore successivamente afferma che "l'origine delle paraconformità è incerta ed io sicuramente non ho una soluzione semplice per questo problema". (Newell N.D. 1967. Paraconformities. In Teichert C., Yochelson E.L., editors. Essays in paleontology and stratigraphy. R. C. Moore commemorative volume. Department of Geology, University of Kansas Special Publication, pp. 356-357, 364).
In una pubblicazione successiva, Newell commenta: "Una caratteristica interessante dei limiti della terra e di molti altri grandi limiti biostratigrafici [limiti fra differenti gruppi di fossili, n.d.t.] è la mancanza generale di segnali fisici di un'esposizione subaerea. Tracce di profonda lisciviazione, logorio, canalizzazione e ghiaia tendono a mancare, anche dove le rocce inferiori sono calcaree. Queste paraconformità normalmente sono identificate solo per evidenza paleontologica", cioè fossile (Newell N.D. 1984. Mass extinction: unique or recurrent causes? In: Berggren W.A., Van Couvering J.A., editors. Catastrophes and Earth history: the new uniformitarianism. Princeton, NJ: Princeton University Press, pp. 115-127).
T.H. Van Andel, dell'Università di Stanford, afferma: "Fui molto colpito, all'inizio della mia carriera, nel riconoscere in Venezuela che due sottili giacimenti di carbone (separati da 30 cm d'argilla grigia e depositati in una palude costiera) erano rispettivamente del Paleocene Inferiore e dell'Eocene Superiore. Gli affioramenti erano eccellenti, ma pur con un'ispezione molto dettagliata, non mi è stato possibile determinare la posizione precisa di quella lacuna di 15 milioni d'anni" (Van Andel T.H. 1981. Consider the incompleteness of the geological record. Nature 294: 397-398). Allora possiamo concludere che quel periodo di 15 milioni d'anni potrebbe non esserci mai stato.
La mancanza in queste lacune di tracce evidenti del tempo supposto, ha suscitato qualche volta tentativi di spiegazione suggestivi. Alcuni paragonano le lacune con le aree piatte della terra, come per esempio il bacino della bassa valle del Mississippi: quest'area però non è una lacuna, perché i sedimenti vi si stanno ancora depositando. Altri suggeriscono che l'erosione potrebbe essere mancata perché le lacune sono state sommerse: il fatto di essere sommerse, però, non evita la deposizione, né l'erosione, come viene ben dimostrato dalla sedimentazione marina e dall'erosione che ha formato i grandi canyon sommersi lungo il bordo delle piattaforme continentali [superfici sottomarine poco profonde e vicine alla costa, n.d.t.]. Il Canyon di Monterrey, situato nell'oceano lungo la costa della California, è più o meno tanto profondo e tanto vasto quanto il Gran Canyon. Le correnti d'acqua, insomma, erodono sia sulla terra che sott'acqua.
Altri suggeriscono che le superfici di contatto di queste lacune potrebbero essere piatte perché la roccia è resistente: nemmeno questa è una soluzione, perché spesso sono proprio i sedimenti teneri quelli che formano gli strati basilari delle lacune (è questo il caso, per esempio, della lacuna fra il Chinle e le formazioni tenere di Moenkopi, che si trovano nella parte occidentale degli Stati Uniti). Altri infine suppongono che l'erosione avrebbe potuto produrre una superficie liscia, ma non esistono esempi da mostrare per dar valore a questa modalità: a maggior ragione se si pensa alle lacune d'ampiezza semi continentale, come quelle che abbiamo più sopra segnalato.
In conclusione, sicuramente dobbiamo riconoscere che la massima "il presente è la chiave del passato" non si può applicare alle lacune, che testimoniano di un passato nel quale sono avvenuti fenomeni molto diversi da quelli oggi constatabili. E' difficile riconoscere che, durante milioni d'anni, poco o nulla sia successo sulla superficie del nostro pianeta. Se il tempo è lungo, si verifica sempre deposizione o erosione. Le lacune sono comuni sulla terra e sembra che il tempo proposto per esse non sia in realtà mai trascorso: perché se si constata una mancanza di tempo in alcuni luoghi, questa non potrebbe che riguardare tutta la terra.
Le lacune si conciliano facilmente, invece, con i modelli catastrofisti e con il Diluvio della Genesi, che propone una deposizione rapida di questi strati, escludendo un lungo tempo fra di essi.
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