Purtroppo per il neodarwinismo più passa il tempo e
maggiormente diviene palese l’inconsistenza della loro scuola,
da sempre l’esperimento di Lenski veniva presentato dai vari
referenti dell’evoluzionismo nostrano come prova empirica della
loro teoria. Il mondo antievoluzionista aveva più volte
ribadito che l’esperimento sopra citato non comportava la
comparsa di nuova informazione e che non era quindi testimonianza di
nulla, anzi si era specificato in diverse pubblicazioni il contrario.
In diverse occasioni sono stato attaccato di non conoscere
l’esperimento e di negare l’evidenza dei “FATTI”,
già M. Gerogiev nel suo libro aveva dimostrato gli errori di
Ayala e di Lenski ma come sappiamo il mondo Evoluzionista è
offuscato dalla menzogna materialista e quindi continua a commettere
grossolani errori. Dopo il DNA spazzatura crolla l’ennesima
icona dei “tarantolati darwinsiti “ (citare oggi Costano
Preve credo sia una atto dovuto)… Alla (pseudo) scienza
darwinista ormai resta poco, al contrario sembra proprio che le
predizioni degli antievoluzionisti vengano perennemente confermate.
Riporto qui di seguito un interessante articolo
di Enzo Pennetta sull’esperimento Lenski.
Sull’esperimento
di Lenski avevamo ragione: è ufficiale, non si tratta di una
nuova specie.
L’esperimento
di Lenski viene portato come prova di evoluzione verificata con
meccanismi neodarwiniani, ma da sempre abbiamo detto che non si
tratta di evoluzione.
Adesso
lo stesso Lenski conferma la correttezza delle nostre conclusioni.
.
Nella
nostra azione di elaborazione dei dati sull’evoluzione una
delle osservazioni che capita più spesso di ascoltare è
quella relativa al fatto che i sostenitori delle tesi opposte alle
nostre sono più numerosi e titolati e che quindi stupisce che
possano cadere negli errori da noi segnalati.
Uno
dei casi più significativi in cui questo si è
verificato è certamente quello dell’analisi dei
risultati dell’esperimento di Lenski analizzato
su CS in tre specifici articoli: “Quel
che Lenski non ha detto… (storia di una mancata evoluzione)“;
“Escherichia
Coli: è vera evoluzione? (prima parte)”;
“Escherichia
Coli: è vera evoluzione? (seconda parte)“.
In tali interventi si sostenevano fondamentalmente due punti:
a)
la mutazione registrata non ha dato origine ad una nuova specie.
b)
la mutazione in questione è un caso di microevoluzione e non
di macroevoluzione.
Il
punto “b” è implicato da quello “a”, infatti
se il cambiamento verificatosi non è stato tale da far parlare
di nuova specie ci troviamo al massimo di fronte ad una nuova varietà
della stessa specie. Nei commenti agli articoli già pubblicati
sostenitori (anche qualificati) della teoria neodarwiniana hanno
contestato le conclusioni che escludevano proprio la nascita di una
nuova specie.
A
dire la sua sull’argomento giunge adesso lo stesso Lenski che
dalle pagine del suo blog “Telliamed
Revisited” parla del risultato del proprio
esperimento e delle prospettive future in un articolo intitolato
“Fifty-Thousand
Squared” nel quale si parla dei risultati a
lungo termine dell’esperimento stesso giunto oggi alla 50.000
generazione e della prospettiva di poterlo estendere per i prossimi
100 anni in modo da studiare i risultati dopo 250.000 generazioni.
Quello
che di nuovo si può dire è che i risultati mostrano un
continuo miglioramento della fitness delle generazioni coltivate in
condizioni stabili, non si sarebbe cioè raggiunto un punto di
massimo adattamento oltre il quale ogni cambiamento potrebbe solo
peggiorare la fitness stessa. Si tratterebbe di cambiamenti
che non mostrano una tendenza asintotica verso un limite ma
che potrebbero procedere in modo indefinito secondo una “Power
law” che
indica due quantità che variano l’una secondo la potenza
dell’altra e che graficamente è rappresentabile nel
seguente modo:
Secondo
questa distribuzione quindi
non esiste un limite massimo al quale la fitness tende, ma il
miglioramento comunque rallenta sempre più, come riportato
anche in un recente articolo su Le Scienze: “L’evoluzione
senza fine delle popolazioni di batteri“. In
pratica l’esperimento ha mostrato i meccanismi della selezione
stabilizzante in azione, il tipo di selezione che aveva
proposto Edward
Blyth tra il 1835 e il 1837 e che non conduce
all’evoluzione.
Ma
giunti alla 30.000 generazione di batteri E. coli Lenski trovò una
mutazione che consentiva ai batteri di utilizzare il citrato presente
nell’ambiente anche in presenza di ossigeno mentre normalmente
esso viene utilizzato in condizioni anaerobie, ed è questa
mutazione ad essere interpretata da molti come una prova
dell’avvenuta evoluzione secondo meccanismi neodarwiniani.
Al
riguardo giunge adesso una considerazione di Lenski che
mostra come molti sostenitori della teoria neodarwiniana siano più
realisti del re, nello stesso articolo sul suo blog infatti Lenski
scrive quanto segue:
Zachary
Blount (coautore di un articolo sull’esperimento pubblicato su
Nature ndr) sta attualmente studiando se il miglioramento di questa
nuova funzione stia portando a cambiamenti che potrebbero qualificare
gli utilizzatori di citrato come nuove o incipienti specie.
Per
Lenski dunque la mutazione nel gene del citrato in E. coli non è
da considerare come un evento di speciazione, siamo quindi davanti ad
un caso di microevoluzione, proprio come sostenuto su CS nei tre
articoli pubblicati. Per Lenski infatti solo un miglioramento
della nuova funzione potrebbe portare ad una nuova specie o ad una
nuova specie incipiente.
Di
questo ha preso atto anche il prof. Formenti dell’Università
di Pavia che sul suo sito “ANTI-EVOLUZIONISTI
IN ITALIA?!” scrive:
R.Lenski
propone di continuare l’esperimento almeno per un altro secolo,
in modo da arrivare a 250.000 generazioni, sperando che avvenga un
evento come quello avvenuto dopo 30.000 generazioni, cioè
l’abilità di usare anche il citrato come seconda fonte
di energia, una nuova funzione che però non si
configurerebbe come un evento di speciazione o come un suo
inizio. Congratulandoci
per l’obiettività del prof. Formenti che al
momento è l’unico sul versante neodarwinianao ad aver
ammesso questa conclusione sull’esperimemto di Lenski, possiamo
dire che finalmente la questione è chiusa: l’esperimento
di Lenski non ha prodotto una nuova specie.
Ne avevamo già parlato:
http://www.origini.info/Articolo.asp?id=187
http://www.origini.info/Articolo.asp?id=305
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