Il
12 febbraio del 1809, 195 anni fa, nasceva Charles Darwin. L’anniversario è
stato celebrato a Milano con un “Darwin-day”, «una sorta di ‘Natale’ dei laici»,
come riferisce sul Corriere della
sera Pierluigi Panza. Nelle celebrazioni si è distinta anche la Uaar (Unione
degli atei e degli agnostici razionalisti), che annovera tra i suoi soci più
rappresentativi scienziati di primo piano come Margherita Hack e Pietro Omodeo.
Le celebrazioni si sono svolte al Museo di Storia Naturale di Corso Venezia 55 e
nella Libreria Feltrinelli di Corso Buenos Aires 33.
La
figura di Darwin, «padre dell’Evoluzionismo», è stata ricordata in modo esatto,
almeno a giudicare dall’intervento di Margherita Hack: a Darwin «si deve la
concezione secondo la quale la vita si è originata a partire da forme semplici
verso quelle più complesse senza ricorrere a Dio per alcuna spiegazione», per
cui «Darwin è un corretto simbolo antiteista». Ancora più chiaro il professor
Edoardo Boncinelli: «Di tutte le teorie immaginabili, quella evoluzionistica è
quella che cozza di più contro le posizioni religiose; e dunque è giusto fare di
Darwin un simbolo di questa posizione…». Da parte nostra condividiamo in pieno
tali giudizi, perché ricordano Darwin per quello che è: un testimonial della
concezione atea del mondo. La sua teoria, infatti, non regge alla verifica
scientifica, ma è indispensabile come sostegno alla concezione atea del mondo,
alla quale fornisce una patente di “scientificità”.
Non
poteva mancare la proiezione del film “E l’uomo creò Satana” con Spencer Tracy,
Gene Kelly e Frederic March, che rievoca il famoso “processo delle scimmie”,
svoltosi nel 1925 nello Stato di Tennessee. In quel processo il giovane
insegnante di scienze Bert Cates veniva condannato perché insegnava in classe
l’origine dell’uomo dalla scimmia, cosa all’epoca proibita dalle leggi dello
Stato. Allo spettatore attento non può sfuggire la morale del film, esattamente
opposta a quella immaginata dai promotori della celebrazione. Nel contesto di
oggi, infatti, le parti sono invertite. La cultura dominante, illiberale e
censoria, è quella evoluzionista, mentre a subire repressione – e perdita del
posto di docente – sono i professori (anche universitari!) che criticano
l’evoluzionismo e propongono una interpretazione teista dei dati delle scienze
naturali. Due nomi: Walter Veith, professore di zoologia all’Università di Cape
Town, Sud Africa1 e Dean Kenyon, professore di biologia
nell’Università di San Francisco (vedi http://www.origins.org/articles/dembski_theologn.html).
Come
ricordano sul Corriere della sera Ida
Bozzi e Giovanni Caparra, «crescono i creazionisti», e, «specie negli USA, danno
filo da torcere alle teorie darwiniane». «Da un decennio», infatti, « il
movimento ‘Intelligent Design’ si batte contro il ‘monopolio evoluzionista della
scienza’». E poiché di questa battaglia in Italia non vi è che una debole eco,
presentiamo qui sotto i riassunti delle posizioni dei due schieramenti.
La
posizione evoluzionista è illustrata da un editoriale pubblicato sul numero di
gennaio 2004 della rivista BioScience
Magazine, organo ufficiale della AIBS (American Institute of Biological
Sciences), firmato da Joel Cracraft, presidente della AIBS, ed intitolato «Il
nuovo creazionismo e la sua minaccia per l’istruzione e l’educazione
scientifica» AIBS. Ecco il riassunto del testo che è reperibile sul http://www.aibs.org/bioscience-editorials/editorial_2004_01.html.
La maggior parte degli americani ha interesse marginale
per la scienza e la conosce poco. Questo è evidente se si considerano le
opinioni sull’argomento più controverso: l’insegnamento dell’evoluzione. Circa
la metà degli americani non crede che l’uomo si sia evoluto da specie inferiori,
e due terzi sono dell’opinione che il creazionismo deve essere insegnato assieme
all’evoluzione nelle scuole pubbliche. Tuttavia, uno studio dimostra che 83%
sono dell’opinione che l’evoluzione va insegnata, e 70% credono che l’evoluzione
non è incompatibile con la fede in Dio. Questi segnali sarebbero incoraggianti e
dimostrerebbero che il buon senso ed il pragmatismo possono vincere, ma sono
ostacolati dall’attuale rumore attorno al “creazionismo del progetto
intelligente” (“intelligent design creationism”, IDC). Ed è questo nuovo
creazionismo che è la minaccia più grave alla scienza, perché rigetta il suo
principio fondamentale, secondo il quale «i fenomeni del mondo naturale
dovrebbero essere interpretati con spiegazioni naturalistiche che sono accettate
(sempre in modo provvisorio) oppure rigettate in base alle osservazioni». Mentre
i nuovi creazionisti (progetto intelligente) non sarebbero diversi da quelli
vecchi; ad un certo punto entrambi si allontanano dall’indagine scientifica
razionale per spiegare i fenomeni con cause sopranaturali.
Il proposito del IDC di inserire il creazionismo nelle
scuole è una propaganda che nasconde, come in un cavallo di Troia, un attacco
all’educazione scientifica in generale, perché cerca di togliere la base
naturalistica di tutte le scienze. Anche se non tutti gli aderenti al progetto
intelligente sono fondamentalisti biblici, tutti considerano alcune delle
scoperte della scienza come una minaccia al loro credo religioso. Una concezione
religiosa, travestita da scienza, non dovrebbe essere imposta ai bambini nelle
scuole pubbliche.
L’AIBS, in cooperazione con il National Center for
Science Education, è impegnato nel rispondere alla sfida creazionista (vedi www.aibs.org e www.ncseweb.org). È d’importanza
cruciale che tutti gli scienziati, compresi i non-biologi, si sentano partecipi
di questo sforzo.
Vediamo
ora la posizione dei “nuovi creazionisti”. Gli scopi del movimento IDC non sono
nascosti dentro un cavallo di Troia, ma sono apertamente dichiarati nel
programma ufficiale del Centro per il rinnovo della scienza e della cultura del
Discovery Institute, “tempio” del movimento Intelligent Design (IDC). Ecco gli
scopi del programma, il cui testo completo è reperibile sul http://www.antievolution.org/features/wedge.html.
«La proposizione che gli esseri umani sono creati
secondo l’immagine di Dio è uno dei principi fondamentali sui quali è stata
costruita la civiltà occidentale. L’influenza di questo principio può essere
rintracciata nella maggior parte, se non in tutte le grandi conquiste
dell’Occidente, compresi la democrazia rappresentativa, i diritti umani, lo
spirito d’iniziativa ed il progresso nelle arti e nelle scienze.
Tuttavia, poco più di un secolo fa, questa fondamentale
idea è stata attaccata da intellettuali che hanno attinto dalle scoperte della scienza moderna.
Sfatando le concezioni tradizionali di Dio e dell’uomo, pensatori come Charles
Darwin, Karl Marx e Sigmund Freud hanno ritratto gli umani non come esseri
spirituali e morali, ma come animali o macchine che popolano un universo
governato da forze impersonali, ed il cui comportamento e persino i pensieri
sono dettati dalle forze immodificabili della biologia, della chimica e
dell’ambiente. Questa concezione materialista della realtà alla fine ha
infettato ogni area della nostra cultura, dalla politica e dall’economia alla
letteratura e all’arte.
Le conseguenze culturali del trionfo del materialismo
sono state devastanti. I materialisti hanno negato l’esistenza di regole morali
oggettive, sostenendo che il nostro credo ed il nostro comportamento sono
determinati dall’ambiente. Tale relativismo morale è stato adottato
acriticamente dalla maggior parte delle scienze sociali, ed è ancora alla base
di gran parte della moderna economia, politologia, psicologia e sociologia.
I materialisti hanno minato anche la responsabilità
personale, affermando che i pensieri e comportamenti umani sono dettati dalla
biologia e dall’ambiente. I risultati di questo si possono vedere nell’approccio
moderno alla giustizia criminale, alla responsabilità industriale (product
liability) ed al welfare. Nella concezione materialista tutti sono vittime e
nessuno è responsabile delle proprie azioni.
Infine, il materialismo ha generato un tipo virulento di
utopismo. Pensando che applicando le conoscenze scientifiche si potesse
costruire la società perfetta, i riformatori materialisti hanno sostenuto
programmi governativi coercitivi con la falsa promessa di creare il paradiso
sulla terra.
Il Centro di Scienza e Cultura del Discovery Institute
ha lo scopo di rovesciare il materialismo e la sua eredità culturale. Riunendo
scienziati leader delle scienze naturali, umanistiche e sociali, il Centro
studia come i nuovi sviluppi nella biologia, fisica e le scienze cognitive
sollevano seri dubbi sul materialismo scientifico, riaprendo la possibilità di
una concezione teista della natura».
Come
si vede, non si tratta di una minaccia della religione alla scienza, ma di uno
scontro tra due filosofie o due concezioni del mondo: quella materialista e
quella teista. L’attacco alla teoria dell’evoluzione biologica è semplicemente
la punta di diamante della battaglia contro il monopolio materialista sulle
scienze. Ai veri scienziati questo non dovrebbe dispiacere, anzi. La teoria
dell’evoluzione infatti non risponde nemmeno ai due criteri di teoria
scientifica postulati dagli stessi evoluzionisti: 1) interpretare i fenomeni del mondo naturale
con spiegazioni naturalistiche, e 2)
essere accettata oppure rigettata in base alle osservazioni. La teoria dell’evoluzione soddisfa,
parzialmente, solo il primo di questi criteri, che però non è un principio
scientifico, bensì un dogma filosofico (materialista). Non soddisfa invece il
secondo criterio, la verifica empirica, che è quello che caratterizza la scienza
e la distingue dalla filosofia e dalle altre attività intellettuali. Quando i
dati dell’osservazione ed il dogma materialista vanno in direzioni opposte, il
vero scienziato sceglie i dati, non le
interpretazioni imposte dalla filosofia materialista.
Identificare
il naturalismo (materialismo) con la scienza è anche un falso storico: i
fondatori delle scienze naturali non erano seguaci della filosofia materialista;
anzi, i massimi rappresentanti di tutti i tempi erano e sono dei credenti (in
Dio). Già gli antichi greci sapevano distinguere tra affermazioni scientifiche
(provate dall’osservazione) e concezioni filosofiche (speculazioni), come
dimostra Aristotele nelle sue argomentazioni sulla generazione delle api: «I
fatti in questo campo non sono abbastanza sicuri; ma quando lo saranno, un
giorno, bisognerà fidarsi piuttosto dell’osservazione che del ragionamento, e
non rimettersi a questo, se non nel caso che dia risultati concordanti con i
fenomeni.” (Aristotele, De generatione anumalium, III, 10, 750b, 27, cit. da:
Galileo Galilei, Dialogo dei Massimi
Sistemi, Milano, Mondatori, 2002, p. 33). Duemilaquattrocento anni dopo
Aristotele, il presidente della AIBS confonde invece scienza con filosofia,
mentre considera ignoranti oltre 100 milioni di concittadini che capiscono la
differenza. In questo modo Cracraft non difende l’insegnamento scientifico, ma
svolge il ruolo di guardiano del materialismo “scientifico”, con la stessa
arroganza dei suoi cugini guardiani del materialismo “storico”, che si
consideravano depositari della vera democrazia e chiamavano per 40 anni
repubblica “democratica” (tedesca) un paese governato dalla più totalitaria
delle dittature.
La
parte più rappresentativa del mondo creazionista non intende affatto sostituire
l’insegnamento dell’evoluzionismo con quello del creazionismo. Intende
semplicemente distruggere il monopolio materialista nelle scienze esponendo gli
alunni ad entrambe le concezioni. Il primo passo in questa direzione è di
cambiare il modo in cui si insegna la teoria dell’evoluzione che è una favola
spacciata per scienza ed ha ormai come unica funzione quella di dare la patente
di “scientificità” alla filosofia materialista. Se c’è un cavallo di Troia,
quello è l’attuale modo di insegnare l’evoluzione che nasconde, sotto la veste
dell’insegnamento scientifico, l’indottrinamento alla filosofia materialista.
L’IDC non fa altro che smascherare il trucco allo scopo di promuovere una
educazione scientifica degna del nome, ed un pluralismo delle idee negato
dall’attuale monopolio materialista.
1. Veith, W.J., The Genesis
Conflict. Putting thePieces Together. Delta (Canada), Amazing Discoveries,
2002.
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