La
menopausa è una caratteristica per definizione non
selezionabile.
Com’è
possibile allora che sia il prodotto di un’evoluzione
darwiniana?
La
menopausa è il momento in cui nella specie Homo sapiens e in
poche altre si interrompe il periodo fertile femminile, dal
punto di vista dell’evoluzione per mutazione e selezione questo
è un vero e proprio problema. Secondo la teoria neodarwiniana
infatti l’evoluzione avviene per mezzo della selezione naturale
dei caratteri vantaggiosi, per mezzo della selezione sessuale e in
definitiva per successo riproduttivo.
Un
evento che per sua stessa natura si
può solamente verificare dopo la fine della capacità
riproduttiva non può dunque essere evoluto secondo nessuno dei
meccanismi elencati. La prima donna in cui si fosse manifestato
il carattere “menopausa” non avrebbe infatti potuto
trasmetterlo alla discendenza, se infatti avesse potuto trasmettere i
suoi caratteri non sarebbe ancora stata in menopausa e quindi il
“vantaggio” di tale carattere non avrebbe avuto modo di
manifestarsi.
Siamo
dunque in presenza di un vero paradosso evoluzionista. Un
tentativo di soluzione è venuto dall’ipotesi che i figli
delle giovani madri possano aver ricevuto anche le cure delle nonne
una volta che queste fossero state liberate dalla cura dei propri
figli. Tale ipotesi ha avuto tra i suoi sostenitoriRichard
Dawkins il quale nel suo sito ha dato notizia del
fatto che essa sembra aver trovato infine conferma in un articolo dal
titolo “In-law
infighting boosted evolution of menopause”
pubblicato suNature nell’agosto 2012. Dal sito di
Dawkins si può ricavare una sintesi del lavoro pubblicato su
Nature:
Mirkka
Lahdenperä, un ecologo presso l’Università di
Turku, in Finlandia, ed i suoi colleghi hanno usato i dati degli atti
di nascita, morte e matrimonio meticolosamente tenuti dalla chiesa
luterana nel paese tra il 1702 e il 1908. Scavando nei dati, i
ricercatori hanno scoperto che le probabilità che i bambini
morissero erano aumentate quando le suocere e le nuore avevano
partorito circa allo stesso tempo. Per i bambini delle donne più
anziane, la sopravvivenza era scesa del 50%. Per i bambini delle
nuore era scesa del 66%. Tuttavia, se madri e figlie avevano figli al
tempo stesso, la sopravvivenza di quei bambini non veniva
influenzata.
I
valori della famiglia
I
risultati suggeriscono che sarebbe utile smettere di avere figli una
volta che la nuora è entrato nella mischia. “Siamo
rimasti sorpresi che il risultato sia stato così forte”,
spiega Andrew Russell, un ecologo presso l’Università di
Exeter, nel Regno Unito, che faceva parte del gruppo di ricerca. Egli
suggerisce che forse i suoceri hanno combattuto per il cibo per i
propri figli, invece di cooperare come madri e figlie potrebbero.
A
parte il fatto che come per tutte le spiegazioni darwiniane non
è possibile averne una conferma sperimentale ma
bisogna accontentarsi di una delle “storie proprio così“,
di cui si lamentava S.J. Gould, la spiegazione appare in
realtà molto debole, infatti se la cooperazione delle nonne
materne è comunque garantita anche nel caso di gravidanze
contemporanee, questo fatto costituirebbe un vantaggio riproduttivo
per quelle famiglie che hanno madre e figlia incinte. Un vantaggio in
grado di neutralizzare quantomeno lo svantaggio di avere incinte
contemporaneamente suocere e nuore.
Ma
poiché non è affatto detto che le gravidanze siano più
o meno contemporanee, resterebbe un vantaggio riproduttivo per le
portatrici di geni per la fertilità illimitata nei confronti
delle portatrici di geni per la menopausa.
La
spiegazione che potremmo definire di Dawkins – Nature, non
ha convinto neanche i ricercatori della McMaster University,
a Hamilton, in Canada – Richard
A. Morton, Jonathan R. Stone, Rama S. Singh.
Questi
ultimi hanno infatti pubblicato lo scorso 13 giugno su PLoS
Computational Biology un articolo intitolato “Mate
Choice and the Origin of Menopause” nel quale
propongono una soluzione alternativa. I dubbi dei ricercatori
riguardo alla ipotesi di Dawkins sono stati riportati su Le
Scienzenell’articolo intitolato “E’
dei maschi la colpa (evolutiva) della menopausa“,
nel quale leggiamo infatti:
Una
delle teorie finora più accreditate per spiegare questa
singolarità era quella “della nonna”, che prende
spunto dalla straordinaria lunghezza del periodo di cura necessario
ai nostri piccoli: le donne si sarebbero evolute per diventare
sterili dopo una certa età per poter collaborare
all’accudimento dei nipoti e aumentare così la
sopravvivenza della stirpe.
Questa
teoria però – osservano Morton e colleghi, che firmano
un articolo sulla rivista “PLoS Computational Biology” –
presuppone un’anomala azione della selezione a favore della
sterilità invece che della fitness individuale e della
riproduzione.
.
La
proposta di questo nuovo studio è quella di individuare nella
preferenza dei maschi umani verso le giovani donne la causa
dell’affermazione del carattere legato alla menopausa. Non
scegliendo infatti le donne più anziane i maschi avrebbero
reso non selezionabile la mutazione negativa legata all’infertilità.
Il che rientrerebbe in definitiva nel caso darwiniano della selezione
sessuale. Ovviamente non dimostrabile.
Ma
quello che non si capisce è perché mai solo la
mutazione legata alla sterilità avrebbe danneggiato il genoma
femminile che per il resto se la cava benissimo dato che la speranza
di vita delle donne è più alta di quella degli uomini.
E
non si capisce perché mai la selezione sessuale debba aver
avuto modo di operare a svantaggio delle ultra quarantenni in una
preistoria in cui sembra che l’aspettativa di vita fosse
inferiore a tale limite.
E
infine, si dovrebbe spiegare come
mai la mutazione che ha portato la menopausa si sia diffusa
all’intera popolazione e non sia presente solo in un certo
numero di individui, come l’ipotesi di una deriva genetica
dovrebbe far pensare.
Quel
che in definitiva emerge è che gli sforzi di spiegare la
menopausa con meccanismi darwiniani sembrano
ottenere il risultato opposto giungendo a mettere in evidenza il
fatto che la menopausa rappresenta per la teoria neodarwiniana un
vero “rompicapo“.
Termine
che va inteso in senso kuhniano di
premessa alla crisi della teoria.
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