“Il
caso o la speranza?”, dalle false certezze del libro di Paolo
Flores D’Arcais e Vito Mancuso al problema reale della
degenerazione genetica.
Questa
volta in radio si parte spendendo qualche parola sul
saggio scritto a quattro mani da Paolo Flores D’Arcais (filosofo,
firma di Micromega) e Vito Mancuso (teologo
cattolico) intitolato “Il
caso o la speranza? Un dibattito senza diplomazia”. Fratus,
che ha letto il libro, interroga Pennettasu
temi ed argomentazioni che gli sono sembrate motivo di particolare
interesse. Pennetta si pone quindi come’semplice’
interlocutore per discutere sulle varie argomentazioni che man mano
emergono dal commento di Fratus sul saggio. Si va leggendo e
commentando un brano tratto dalla pagina 27 del saggio dove si legge:
“Per
quanto riguarda Dio , allora noi sappiamo tutto. Dal primo istante ,
o meglio dall’istante immediatamente successivo al Bing Bang,
fino alla comparsa di Homo sapiens e alla sua avventura che anche tu
e io stiamo ora vivendo: ciò che è avvenuto con il Big
Bang, le galassie, il sistema solare, la nascita della vita,
l’evoluzione dai procarioti ai mammiferi, fino alla <<scimmia
nuda>> che tutti noi siamo, contraddistinta dalla neocorteccia
e dal cammino eretto, è spiegato dal sapere scientifico.
Ignoto
rimane ancora solo quel frammento di frammento di istante, un secondo
alla meno 33, che è talmente infinitesimo che in realtà
non riusciamo neppure a pensarlo, ad immaginarlo. Che prima o poi la
scienza ci sveli cosa è esattamente accaduto in quell’attimo
talmente impalpabile che lo possiamo chiamare ‘attimo-zero’,
nulla toglie al fatto che comunque l’intero svolgimento del
cosmo e della storia del pianeta Terra è stato indagato e
spiegato prescindendo da Dio. Insomma, come rispose il grande
astronomo Laplace a Napoleone:” Dio è un’ipotesi
superflua”
Pennetta,
un po’ basito nell’udire certe parole da parte di chi ha
fatto della filosofia, dapprima ironizza un po’ sul
fatto che stando così le cose allora si possa chiudere
baracca, allora la ‘scienza’ è finita, non c’è
più nulla da scoprire se si sa tutto. Poi va a sottolineare
l’errore del citato determinista Laplace, che mischia
‘impunemente’ campi che non è corretto mettere
insieme.
Fratus,
ricordando parole del genetista E.Boncinelli:
“la
vita è un fenomeno, per così dire, strano, per non dire
unico […]o 3 miliardi e mezzo, o 6-7 miliardi, non è
che faccia una grande differenza […]In definitiva possiamo
dire che non sappiamo come è nata la vita. “
Si
chiede con Pennetta perché D’Arcais (ovviamente si
criticano le tesi, le parole del filosofo e non questo quanto
persona) si tenga tutto per se un (beh più di
uno) segreto così importante come quello dell’origine
della vita, che è lontanissimo dall’essere qualcosa su
cui sappiamo tutto, e che, spesso lo abbiamo ricordato,
anche se ciò viene fatto erroneamente, sia un qualcosa che
viene separato dal resto della teoria dell’origine delle specie
e posto più come assioma di partenza. Senza contare poi che
esiste un’impossibilità intrinseca alla natura stessa
dei fenomeni, che stabilisce nei processi di misura il confine oltre
il quale non ci si può spingere ora e per sempre. Diventa
pertanto qualcosa di incomprensibile affermare in tal modo che
‘sappiamo tutto’. Quella parte infinitesima poi non è
paragonabile ad un ultimo piccolo pezzetto che non abbiamo osservato
di un campo di migliaia di ettari, in perfetta continuità
con la natura e la sostanza della parte rimanente. Oltre il
cosiddetto “Muro di Planck” le leggi di natura cessano di
essere valide, la nostra fisica non esiste più e non possiamo
avere quella conoscenza.
Pennetta
quindi propone un’analogia fra il passo tratto dal saggio di
F.D’Arcais e la figura baconiana del sacerdote
della scienza. Quello che deve rigettare i non lo so, il dubbio, un
po’ l’umiltà dello scienziato e il carattere
auto-dubitativo della scienza, deve infatti essere rappresentante di
un qualcosa in grado di dare risposte su tutto, affidabili e certe.
In poche parole si tratta di una professione di fede allo scientismo,
uno dei falsi miti del XX secolo, secondo cui la scienza è in
grado di cogliere e spiegare ogni aspetto della realtà.
Si
prosegue parlando del Celacanto in relazione a quanto
scritto da Pennetta in un suo recente e molto discusso articolo
su CS in cui mostra come il celacanto
fin da subito da quando ne venne fatta una ricostruzione, a
quando venne ‘miracolosamente’ ripescato, fino ai recenti
risultati sullo studio genomico del pesce,abbia sempre causato
qualche problema al neodarwinismo finchè oggi non arriva a
farne esplodere le contraddizioni. Adesso il celacanto è stato
anche definitivamente tagliato fuori dalla linea evolutiva che
porterebbe dalle specie acquatiche a quelle anfibie sulla terra. Non
è certo questo il gran problema o l’argomento di
discussione. Infatti, Pennetta ricorda come fin da quanto fu pescato
si poterono avere sotto gli occhi tutte gli errori della
ricostruzione proposta fatta sulle base dei resti fossili, di come
per esempio non avesse pinne carnose che rappresentassero proto zampe
etc etc..
Ponendo
dunque attenzione su tutte le varie ricostruzioni e
permettendo di interrogarsi nuovamente sulla veridicità
delle medesime, se ne era già parlato qua.
Alcuni sostenitori del neodarwinismo,molto incautautamente, sono
arrivati a dire che le somiglianze esteriori a priori non implicano
una pari somiglianza genetica,cercando di trovare scappatoie al fatto
che il celacanto si fosse mantenuto ‘praticamente identico’.
Beh, in tal caso il prof.Pennetta aveva fatto notare che questo
rappresenterebbe solo un’ulteriore colpo al cuore alle varie
ricostruzioni fatte, infatti si potrebbero scartare a priori tutti
quelli presentati come nostri predecessori ad esempio.. E poi il
celacanto con un tasso di mutazioni molto lento ed essendo rimasto
quindi pressoché invariato, rappresenta un invito a
riflettere su quale affidabilità possiamo dare
alla datazione ottenuta
in questo modo. Inoltre se considerassimo una situazione di
equilibrio di H&W dovremo
considerare una popolazione ideale. Una popolazione è
ideale se:
La
mutazione piò essere ignorata;
Si
hanno generazioni discrete, non sovrapposte;
Gli
individui si accoppiano in manira casuale;
La
dimensione della popolazione è molto grande;
La
popolazione è chiusa
La
selezione non influenza le frequenze alleliche ( si tenga presente
che una selezione stabilizzante di fatto avviene sempre)
Una
popolazione ideale, in equilibrio, non può ‘evolvere’,
infatti il neodarwinismo, per dirla semplicemente, prevede che
l’evoluzione si ha quando l’equilibrio di H&W
viene spezzato grazie a forze evolutive, selezione, migrazione,
deriva etc..). Fra esse (le forze evolutive) però vi sono
anche le mutazioni, che devono per forza di cose anche portare novità
nella popolazione e non solo danneggiamenti, rotture etc..
Le
mutazioni (errori di copiatura del DNA) si verificano
continuamente, ma la maggior parte di esse sono
“neutrali”, cioè rendono il genoma di pochissimo
“difettoso” rispetto all’originale e senza che ciò
pregiudichi la vitalità dell’organismo. Una piccola
parte delle mutazioni sono non neutrali (anche più mutazioni a
catena nel tempo) e possono causare incompatibilità o favorire
un’adattamento. Secondo l’ipotesi neodarwiniana
dovrebbero anche portare delle novità, cosa che però
manca di corroborazione ed incontra diversi problemi in un’analisi
statistico-matematica. Fintanto che quindi le mutazioni non
influenzano il fenotipo la selezione non interviene e non può,
come vorrebbe il neodarwinismo, guidare l’evoluzione. La
formazione di nuovi alleli neutrali (tramite le mutazioni neutrali) e
la loro fissazione nella popolazione tramite l’azione di
processi come per esempio la deriva genetica fa si che o questi
alleli siano eliminati dal pool genetico oppure aumentino in
frequenza fino a fissarsi, cioè a restare permanentemente
nella popolazione. E di essi nel celacanto non vi era traccia….un
bel problema.
La
risposta migliore a questo è che il celacanto rappresentasse,
semplificando, una sorta di eccezione. Le mutazioni
‘registrate’ consentono di dire che o il celacanto ha un
tasso evolutivo incredibilmente lento (appunto un’eccezione)
oppure qualcosa non va nel paradigma, o anche il pesce recentemente
dovrebbe aver incontrato qualcosa come un ‘collo di bottiglia’,
ma questo resta tutto meramente ipotetico. Si dice che l’ambiente
così estremo, così isolato favorisse il mantenimento di
una creatura così specializzata per quell’ambiente. Per
riflettere ancora sulla degenerazione, si potrebbe riprendere gli
esperimenti sui topi di Cuènot. Cuènot
osservò che essi (i topi) in circostanze normali avessero una
pelliccia grigio-marrone scura, ma che c’erano anche topi con
un manto giallo. Questi, incrociati con topi normali davano una
popolazione in cui metà popolazione aveva il manto giallo, e
non mostrava problemi per la fitness. (Il topo giallo era un
eterozigote (due alleli diversi per un certo gene) e che la
caratteristica gialla (AY) è dominante normale (A)). Poi se un
topo giallo si fosse incrociato con un’altro giallo si
osservano il doppio di topi gialli mentre l’aspettativa sarebbe
di tre volte. Questo perché quando un topo diviene omozigote
(AYAY) per il colore giallo non può sopravvivere. Infatti
nell’utero di femmine gravide, un quarto degli embrioni è
stato trovato morto.
La
spiegazione di questo è che si tratta dell’avere o no
una proteina essenziale, che, quando si verifica una sola
volta, essa (tra le altre cose) provoca il manto giallo, ma sua
completa assenza è letale. Si scoprì che
esistono molti di questi geni letali che possono provocare morte o
embrionale o in corso di vita. Alcune cause di morte in eterozigosi,
altri solo in omozigosi. C’è un termine per la
collezione completa dei geni letali che risiede in una popolazione o
gruppo di popolazione e va sotto il nome di ‘carico
genetico’. Questa è una chiara forma di
degenerazione. La selezione,il non isolamento etc..possono ridurre
questo fenomeno non eliminarlo. Tracce dovrebbero essere trovate.
Sia
le affermazioni ‘curiose’ di D’Arcais,sia il caso
del celacanto hanno permesso un’operazione di critica mirata
soprattutto a sottolineare, mettere bene in luce cose su cui si
glissa, cose che rimangono comunque per lo più non dette se
non distorte o piegate a ideologie o paradigmi..e pertanto
rappresentano occasioni per gridare che il re è nudo e che non
indossa i vestiti che i lacchè sostengono indossi.
Una
puntata allegra dai toni spiritosi,che però affronta tematiche
che meritano adeguate riflessioni.
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La
trasmissione è disponibile al seguente indirizzo:
https://www.dropbox.com/s/gqzso91bhybur91/27_04_13.mp3
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