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FLORES D'ARCAIS, VITO MANCUSO E LE FALSE CERTEZZE
di Leonetto - 14/06/13 -
 



 Il caso o la speranza?”, dalle false certezze del libro di Paolo Flores D’Arcais e Vito Mancuso al problema reale della degenerazione genetica.

 

Questa volta in radio si parte spendendo qualche parola  sul  saggio scritto a quattro mani da Paolo Flores D’Arcais (filosofo,  firma di Micromega) e Vito Mancuso (teologo cattolico) intitolato Il caso o la speranza? Un dibattito senza diplomazia”Fratus, che  ha letto il libro,  interroga Pennettasu temi ed argomentazioni che gli sono sembrate motivo di particolare interesse. Pennetta si pone quindi come’semplice’ interlocutore per discutere sulle varie argomentazioni che man mano emergono dal commento di Fratus sul saggio. Si va leggendo e commentando un brano tratto dalla pagina 27 del saggio dove si legge:

Per quanto riguarda Dio , allora noi sappiamo tutto. Dal primo istante , o meglio dall’istante immediatamente successivo al Bing Bang, fino alla comparsa di Homo sapiens e alla sua avventura che anche tu e io stiamo ora vivendo: ciò che è avvenuto con il Big Bang, le galassie, il sistema solare, la nascita della vita, l’evoluzione dai procarioti ai mammiferi, fino alla <<scimmia nuda>> che tutti noi siamo, contraddistinta dalla neocorteccia e dal cammino eretto, è spiegato dal sapere scientifico.
Ignoto rimane ancora solo quel frammento di frammento di istante, un secondo alla meno 33, che è talmente infinitesimo che in realtà non riusciamo neppure a pensarlo, ad immaginarlo. Che prima o poi la scienza ci sveli cosa è esattamente accaduto in quell’attimo talmente impalpabile che lo possiamo chiamare ‘attimo-zero’, nulla toglie al fatto che comunque l’intero svolgimento del cosmo e della storia del pianeta Terra è stato indagato e spiegato prescindendo da Dio. Insomma, come rispose il grande astronomo Laplace a Napoleone:” Dio è un’ipotesi superflua”

Pennetta, un po’ basito nell’udire certe parole da parte di chi ha fatto della filosofia, dapprima ironizza un po’ sul fatto che stando così le cose allora si possa chiudere baracca, allora la ‘scienza’ è finita, non c’è più nulla da scoprire se si sa tutto. Poi va a sottolineare l’errore del citato determinista Laplace, che mischia ‘impunemente’ campi che non è corretto mettere insieme.

Fratus, ricordando parole del genetista E.Boncinelli:

la vita è un fenomeno, per così dire, strano, per non dire unico […]o 3 miliardi e mezzo, o 6-7 miliardi, non è che faccia una grande differenza […]In definitiva possiamo dire che non sappiamo come è nata la vita. “

Si chiede con Pennetta perché D’Arcais (ovviamente si criticano le tesi, le parole del filosofo e non questo quanto persona) si tenga tutto per se un (beh più di uno) segreto così importante come quello dell’origine della vita, che è lontanissimo dall’essere qualcosa su cui sappiamo tutto, e che, spesso lo abbiamo ricordato, anche se ciò viene fatto erroneamente, sia un qualcosa che viene separato dal resto della teoria dell’origine delle specie e posto più come assioma di partenza. Senza contare poi che esiste un’impossibilità intrinseca alla natura stessa dei fenomeni, che stabilisce nei processi di misura il confine oltre il quale non ci si può spingere ora e per sempre. Diventa pertanto qualcosa di incomprensibile affermare in tal modo che ‘sappiamo tutto’. Quella parte infinitesima poi non è paragonabile ad un ultimo piccolo pezzetto che non abbiamo osservato  di un  campo di migliaia di ettari, in perfetta continuità con la natura e la sostanza della parte rimanente. Oltre il cosiddetto “Muro di Planck” le leggi di natura cessano di essere valide, la nostra fisica non esiste più e non possiamo avere quella conoscenza.

Pennetta quindi propone un’analogia fra il passo tratto dal saggio di F.D’Arcais e la figura baconiana del sacerdote della scienza. Quello che deve rigettare i non lo so, il dubbio, un po’ l’umiltà dello scienziato e il carattere auto-dubitativo della scienza, deve infatti essere rappresentante di un qualcosa in grado di dare risposte su tutto, affidabili e certe. In poche parole si tratta di una professione di fede allo scientismo, uno dei falsi miti del XX secolo, secondo cui la scienza è in grado di cogliere e spiegare ogni aspetto della realtà.

Si prosegue parlando del Celacanto in relazione a quanto scritto da Pennetta in un suo recente e molto discusso articolo su CS in cui mostra come il celacanto fin da subito da quando ne venne fatta una  ricostruzione, a quando venne ‘miracolosamente’ ripescato, fino ai recenti risultati sullo studio genomico del pesce,abbia sempre causato qualche problema al neodarwinismo finchè oggi non arriva a farne esplodere le contraddizioni. Adesso il celacanto è stato anche definitivamente tagliato fuori dalla linea evolutiva che porterebbe dalle specie acquatiche a quelle anfibie sulla terra. Non è certo questo il gran problema o l’argomento di discussione. Infatti, Pennetta ricorda come fin da quanto fu pescato si poterono avere sotto gli occhi tutte gli errori della ricostruzione proposta fatta sulle base dei resti fossili, di come per esempio non avesse pinne carnose che rappresentassero proto zampe etc  etc..

Ponendo dunque attenzione su tutte le varie ricostruzioni e permettendo di interrogarsi  nuovamente sulla veridicità delle medesime, se ne era già parlato qua. Alcuni sostenitori del neodarwinismo,molto incautautamente, sono arrivati a dire che le somiglianze esteriori a priori non implicano una pari somiglianza genetica,cercando di trovare scappatoie al fatto che il celacanto si fosse mantenuto ‘praticamente  identico’. Beh, in tal caso il prof.Pennetta aveva fatto notare che questo rappresenterebbe solo un’ulteriore colpo al cuore alle varie ricostruzioni fatte, infatti si potrebbero scartare a priori tutti quelli presentati come nostri predecessori ad esempio.. E poi il celacanto con un tasso di mutazioni molto lento ed essendo rimasto quindi pressoché invariato, rappresenta un  invito a riflettere su quale affidabilità possiamo dare alla datazione ottenuta in questo modo. Inoltre se considerassimo una situazione di equilibrio di H&W dovremo considerare una popolazione ideale. Una popolazione  è ideale se:

  1. La mutazione piò essere ignorata;

  2. Si hanno generazioni discrete, non sovrapposte;

  3. Gli individui si accoppiano in manira casuale;

  4. La dimensione della popolazione è molto grande;

  5. La popolazione è chiusa

  6. La selezione non influenza le frequenze alleliche ( si tenga presente che una selezione stabilizzante di fatto avviene sempre)

Una popolazione ideale, in equilibrio, non può ‘evolvere’, infatti il neodarwinismo, per dirla semplicemente, prevede che l’evoluzione  si ha quando l’equilibrio di H&W viene spezzato grazie a forze evolutive, selezione, migrazione, deriva etc..). Fra esse (le forze evolutive) però vi sono anche le mutazioni, che devono per forza di cose anche portare novità nella popolazione e non solo danneggiamenti, rotture etc..

Le mutazioni (errori di copiatura del DNA) si verificano continuamente, ma la maggior parte di esse sono “neutrali”, cioè rendono il genoma di pochissimo “difettoso” rispetto all’originale e senza che ciò pregiudichi la vitalità dell’organismo. Una piccola parte delle mutazioni sono non neutrali (anche più mutazioni a catena nel tempo) e possono causare incompatibilità o favorire un’adattamento. Secondo l’ipotesi neodarwiniana dovrebbero anche portare delle novità, cosa che però manca di corroborazione ed incontra diversi problemi in un’analisi statistico-matematica.
Fintanto che quindi le mutazioni non influenzano il fenotipo la selezione non interviene e non può, come vorrebbe il neodarwinismo, guidare l’evoluzione. La formazione di nuovi alleli neutrali (tramite le mutazioni neutrali) e la loro fissazione nella popolazione tramite l’azione di processi come per esempio la deriva genetica fa si che o questi alleli siano eliminati dal pool genetico oppure aumentino in frequenza fino a fissarsi, cioè a restare permanentemente nella popolazione. E di essi nel celacanto non vi era traccia….un bel problema.

La risposta migliore a questo è che il celacanto rappresentasse, semplificando,  una sorta di eccezione. Le mutazioni ‘registrate’ consentono di dire che o il celacanto ha un tasso evolutivo incredibilmente lento (appunto un’eccezione) oppure qualcosa non va nel paradigma, o anche il pesce recentemente dovrebbe aver incontrato qualcosa come un ‘collo di bottiglia’, ma questo resta tutto meramente ipotetico. Si dice che l’ambiente così estremo, così isolato favorisse il mantenimento di una creatura così specializzata per quell’ambiente. Per riflettere ancora sulla degenerazione, si potrebbe riprendere gli esperimenti sui topi di Cuènot. Cuènot osservò che essi (i topi) in circostanze normali avessero una pelliccia grigio-marrone scura, ma che c’erano anche topi con un manto giallo. Questi, incrociati con topi normali davano una popolazione in cui metà popolazione aveva il manto giallo, e non mostrava problemi per la fitness. (Il topo giallo era un eterozigote (due alleli diversi per un certo gene) e che la caratteristica gialla (AY) è dominante normale (A)). Poi se un topo giallo si fosse incrociato con un’altro giallo si osservano il doppio di topi gialli mentre l’aspettativa sarebbe di tre volte. Questo perché quando un topo diviene omozigote (AYAY) per il colore giallo non può sopravvivere. Infatti nell’utero di femmine gravide, un quarto degli embrioni è stato trovato morto.

La spiegazione di questo è che si tratta dell’avere o no  una proteina essenziale, che, quando si verifica una sola volta, essa (tra le altre cose) provoca il manto giallo, ma sua completa assenza è letale. Si scoprì che esistono molti di questi geni letali che possono provocare morte o embrionale o in corso di vita. Alcune cause di morte in eterozigosi, altri solo in omozigosi. C’è un termine per la collezione completa dei geni letali che risiede in una popolazione o gruppo di popolazione e va sotto il nome di ‘carico genetico’. Questa è una chiara forma di degenerazione. La selezione,il non isolamento etc..possono ridurre questo fenomeno non eliminarlo. Tracce dovrebbero essere trovate.

Sia le affermazioni ‘curiose’ di D’Arcais,sia il caso del celacanto hanno permesso un’operazione di critica mirata soprattutto a sottolineare, mettere bene in luce cose su cui si glissa, cose che rimangono comunque per lo più non dette se non distorte o piegate a ideologie o paradigmi..e pertanto rappresentano occasioni per gridare che il re è nudo e che non indossa i vestiti che i lacchè sostengono indossi.

Una puntata allegra dai toni spiritosi,che però affronta tematiche che meritano adeguate riflessioni.

 .

La trasmissione è disponibile al seguente indirizzo:

https://www.dropbox.com/s/gqzso91bhybur91/27_04_13.mp3



 

Sito a cura dell'A.I.S.O. Associazione Italiana Studi sulle Origini - aggiornato il 31/01/2014 

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