Ormai
non ci crede più nessuno che la selezione abbia a che fare con
l’evoluzione.
Emerge
adesso quella che da sempre è la verità, la selezione
serve a forgiare la società materialista e ultraliberista.
Guido
Ceronetti, classe 1927, definito poeta, filosofo, scrittore,
giornalista, drammaturgo suWikipedia,
è stato certamente un importante esponente della cultura del
secondo ’900. Da sempre di ispirazione malthusiana è
noto per le sue posizioni a favore del controllo demografico, ma
anche contro l’igiene personale, espresse ad esempio
nell’articolo Ceronetti:
Siamo troppi, ci facciamo troppe docce pubblicato
su Repubblica nel
2007. La sua visione del mondo è improntata ad un materialismo
puro, un materialismo che porta ad equiparare l’uomo
all’animale, tanto che coerentemente sostiene il
vegetarianismo.
Adesso,
a 86 anni ci mostra dalle colonne del Fatto Quotidiano in
un articolo intitolato Longevità,
patologia sociale la
sua visione della vecchiaia, ed è una visione ancora una volta
coerente con la sua impostazione materialista, niente di particolare
dunque. Quello che colpisce è un passaggio del suo articolo,
un passaggio sugli anziani che a molti di noi non può passare
inosservato:
Fino
a qualche anno fa, nelle città nostre e d’Occidente, il
mio stesso invecchiare senza difficoltà deambulatorie mi
rendeva orbo di fronte all’impressionante quantità di
gente invalida per schiena e gambe, in avanzata senescenza, tutti
sostenuti o sospinti da parenti o da badanti, sguardi gonfi di
tristezza, facce oscurate dall’istupidimento.
Gli
cedevo il passo, ma li vedevo come da un cannocchiale
rovesciato, reduci
tutti da uno struggle-for-life che non risparmia nessuno.
Sul
cannocchiale rovesciato con il quale Ceronetti osservava gli anziani
erano dunque montate lenti darwiniste dichiarate grazie all’uso
di quella frase pronunciata nella forma originale in inglese
“struggle for life“:
La
visione della realtà di Ceronetti è
dunque governata dalle leggi del darwinismo
sociale,
e ce lo dice sottolineando la frase presa dall’Origine
delle specie di Charles
Darwin,
una visione secondo la quale la legge fondamentale della natura, e di
conseguenza della società umana, è quella della
sopravvivenza del più adatto, della selezione naturale che
governa la lotta per l’esistenza. E coerentemente anche i
vecchi non sono ritenuti “adatti”.
La
competizione tra le specie premia le più adatte,
poi la competizione all’interno della stessa specie premia
ancora i più adatti ed è a questo livello che il
darwinismo ha partorito l’eugeneticacon
la quale gli esseri umani vengono divisi in “degni” e
“non degni” di vivere.
Infine
si giunge inevitabilmente alla conclusione che
all’interno delle popolazione umana anche
i vecchi, nonostante abbiano evidentemente vinto la “struggle
for life”, non sono neanche loro più adatti alla lotta
per l’esistenza.
E
quindi, eliminati
anche i sopravissuti, la struggle for life si rivela nella sua
essenza di gioco in cui non esiste alcun vincitore.
Ceronetti
reclama quindi il diritto alla morte come fuga da
una vita che nella sua prospettiva non ha più senso, e da uomo
di cultura lo rivendica proponendo il dialogo tra la Morte e
il Cavaliere cheBergman rappresentò
nel Settimo
sigillo:
…una
vita ridotta a un “assurdo orrore”, come il Cavaliere
dice alla Morte, ed è quella in cui ci hanno conficcati con
l’obbligo di non uscirne che ridotti a cadaveri viventi, non
può essere pensata e vissuta che come una ossessiva vergogna.
E
così, mentre la selezione naturale ormai viene sempre più
abbandonata dagli evoluzionisti che
non la vedono più come
fattore determinante nel fenomeno dell’evoluzione,
essa resta invece come fondamento di una visione distopica della
società umana.
Ma
a ben vedere si tratta solo di un ritorno all’origine,
Darwin aveva preso la lotta per l’esistenza dalle idee
dell’economista Thomas
R. Malthus preoccupato
di giustificare i privilegi e gli abusi della classe dominante
nell’Inghilterra della Rivoluzione industriale, una classe
vincente che così diventava legittimata nella sua posizione
dominante dalle leggi di natura, e più precisamente
dalla legge della selezione naturale. Oggi le teorie malthusiane
ritornano nella società e nell’economia provenendo dal
mondo della scienza.
Il
darwinismo scientifico e darwinismo sociale sono due teorie che si
supportano reciprocamente, che concorrono ad un’unica visione
del mondo rivestita arbitrariamente della legittimità della
scienza.
Quando
finalmente cadrà la falsa convinzione che la selezione
naturale sia la legge che sta alla base della vita, la società
si libererà anche dal darwinismo sociale.
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