Dato
per estinto è stato scoperto in vita, e da allora non ha
smesso di creare problemi al darwinismo.
Maledetto
il giorno che l’hanno ripescato…
Il
celacanto fino agli anni ’30 era ritenuto un pesce estinto da
circa 65 milioni di anni, poi nel 1938 fu inaspettatamente pescato
vivo e vegeto.
Da
quel giorno non ha smesso di creare problemi agli studiosi
dell’evoluzione.
Infatti
la prima cosa che il ritrovamento di un esemplare vivente ha
comportato è stato un imbarazzante confronto
tra la ricostruzione fatta dai paleontologi e le effettive
caratteristiche verificate sull’esemplare esaminato, vediamo
infatti cosa troviamo su Wikipedia:
La
comparazione anatomica fra i resti fossili di pesci appartenenti ai
Coelacanthiformes, lo stesso ordine del celacanto (soprattutto con i
fossili del genere Macropoma del Cretaceo), e gli esemplari viventi
attuali mostra chiaramente come questo ordine sia
rimastosostanzialmente invariato almeno negli ultimi 65 milioni di
anni secondo una parte dei paleontologi o 300-400 milioni di anni
secondo altri causando inizialmente un certo stupore fra gli
studiosi, poiché il celacanto era ritenuto un
progenitore degli anfibi, associato ad ambienti di acque poco
profonde e progressivamente evolutosi fino a diventare adatto alla
vita sulla terra ferma. Al contrario i ritrovamenti di forme viventi
nel corso del XX secolo indicano che il celacanto odierno vive
prevalentemente in acque profonde, dove non giunge alcuna traccia di
luminosità.
Insomma,
il celacanto doveva essere un progenitore degli anfibi in
particolare per via delle sue pinne carnose, e così sarebbe
ancora spacciato se non ci fosse stata quella strana pesca
nell’Oceano indiano, ma invece cosa si va a scoprire…
che si tratta di un pesce abissale, un pesce che vive dove non arriva
neanche la luce!
Roba
da rendere incerte quasi tutte le ricostruzioni basate
sull’aspetto dei fossili, ma come sappiamo certe abitudini sono
dure da perdere (vedi Tiktaaalik, se ne è parlato
su CS), così come è
difficile rinunciare alla tecnica dell’arrampicata sugli
specchi, infatti come leggiamo sempre su Wikipedia venne trovata una
giustificazione anche a questo:
Questa
apparente contraddizione è tuttavia facilmente spiegabile con
due osservazioni: la
latimeria non vive solamente in acque profonde, fatto provato dalla
scarsa profondità di pescaggio delle reti con cui i pescatori
locali con cui viene pescato dagli ormai noti incontri di subacquei
con esemplari viventi e sia con l’osservazione statistica, che
il biologo P.L. Florey riporta nel suo trattato su questo pesce, che
la maggior parte delle catture sono avvenute tra una profondità
di 100 e 400 metri
[...]
nella
crisi di fine cretaceo i celacanti si estinsero completamente nelle
forme viventi in acque basse, costiere o dolci. Tuttavia gli animali
che vivono in acque profonde sono molto difficilmente conservati allo
stato fossile e raramente i loro resti fossili sono portati ad
affiorare alla superficie terrestre dove i paleontologi possono
scoprirli, cosicché può accadere che le specie di
profondità scompaiano nella documentazione fossile.
Ecco
sistemato tutto, il fatto che si tratti di un pesce che
talvolta si trovi a “solamente” 100 metri di profondità
ne fa un candidato ideale per essere un progenitore degli anfibi. Che
volete che siano quei pochi ultimi 100 metri che lo separano da una
passeggiatina sul bagnasciuga?
E
poi, che problema ci sarà mai per un pesce di profondità a
salire dove la pressione è talmente bassa da creare possibili
danni agli organi interni… E il fatto che si siano trovati dei
fossili proverebbe poi che si trattava di animali che vivevano in
acque basse. E vallo a contraddire.
Messa
questa toppa alla vicenda accade però che la
questione venga riaperta con il sequenziamento del DNA compiuto
recentemente, come da notizia riportata su Nature in The
African coelacanth genome provides insights into tetrapod evolution.
E
cosa si scopre? Che il Celacanto non è un antenato dei
tetrapodi (cosa di cui noi ci eravamo già
accorti da tempo per via delle contraddizioni di cui si è
parlato sopra), quindi ci si poteva tranquillamente risparmiare
l’arrampicata sugli specchi. Altra figuraccia rimediata da
quelli che “te la spiego io come è andata”.
Riguardo
poi alla mancata evoluzione, ricordata anche su un
articolo di Oggiscienza e
riportato suPikaia,
essa sarebbe dovuta ad un ritmo più lento, come si legge
nell’articolo di Oggiscienza:
In
primo luogo, dai risultati emerge come l’evoluzione del genoma
del celacanto proceda aritmi molto più lenti rispetto agli
altri vertebrati, riflettendo quindi la bassa evoluzione
fenotipica che ha interessato questo organismo.
E’
possibile che questo fenomeno sia dovuto alle sue abitudini a vivere
nei fondali marini, le cui condizioni si sono mantenute pressoché
costanti nel corso del tempo.
Ma
non si fa in tempo a pubblicare questi articoli che
come una mazzata arriva un vibrante intervento su Pharyngula,
quello che è stato definito dalla stessa Nature il
migliore blog di Scienza, dove si afferma con forza che il termine
“fossile vivente” è errato e soprattutto che non
ci sono gli elementi per dire che si tratti di un’evoluzione a
ritmi più lenti.
Ma
anche sul ruolo della selezione ci sono forti dubbi,
infatti nella ricerca si legge:
E
‘impossibile dirlo con certezza, ma il basso tasso di
evoluzione celacanto potrebbe essere dovuto ad una mancanza di
pressione naturale-selezione…
Affermazione
alla quale su Pharyngula si risponde nel seguente modo:
Quindi
l’argomento che devono vivere in un ambiente stabile, con
una mancanza di pressione naturale-selezione è
assurdo. La selezione è generalmente un processo
conservativo: la rimozione delle pressioni di selezione da
una popolazione dovrebbe portare ad un aumento della accumulazione
di variabilità.
Cosa
significa che c’è stato un aumento di selezione in
un ambiente delimitato ma molto
stabile?
Ma
anche questo non ha senso. Dovremmo comunque aver visto l’accumulo
di alleli neutrali. Un aumento di selezione va solo a rimuovere la
variabilità di elementi funzionali, e la maggior parte del
genoma non lo è.
Suppongo
che una alternativa per spiegare l’evoluzione molecolare lenta
sarebbe la replica di altissima fedeltà, ma anche essa
richiederebbe vincoli specifici di selezione per evolvere.
Le
parole impiegate dall’autore PZ Myers nei confronti dello
studio sono davvero forti:
Questo
articolo ha rotto il mio povero cervello. Non riuscivo a vedere come
tutto questo potrebbe funzionare – ha ignorato le prove fossili
e anche sembrava essere in spregio alla teoria evolutiva. Mi ha
lasciato così confuso.
E
tanto per non farsi mancare nulla, ecco smentita l’ultima
delle affermazioni che venivano riportate sul Celacanto, sempre da
Wikipedia:
Inoltre
l’etichetta di animale che non si evolse fisiologicamente dai
tempi paleozoici, vulgata popolarmente appiccicata a questo
phylum, non è corretta: gli sviluppi della ricerca
paleontologica, nei decenni successivi alla scoperta della forma
vivente e della formazione delle prime congetture, ha permesso di
comprendere che le forme paleozoiche si evolsero e si
irradiarono in diversi phylum, con un massimo di radiazione
evolutivanel Triassico
Ecco
invece le conclusioni pubblicate su un documento dell’Università
Politecnica delle Marche:
Ora,
in seguito al sequenziamento del suo DNA, è stato possibile
capire che non sono i celacanti, bensì i dipnoi i diretti
antenati dei vertebrati che hanno colonizzato la Terra circa 400
milioni di anni fa. I celacanti quindi costituiscono un ramo
dell’albero dell’evoluzione che non ha portato a
successivi particolari sviluppi.
Il
Celacanto si rivela dunque un vero problema per gli
studiosi dell’evoluzione, e soprattutto mette a nudo alcune
contraddizioni della capacità esplicativa del neodarwinismo,
andando a colpire sia la dinamica delle mutazioni
casuali che quella della selezione naturale.
Sembra
che stia diventando sempre più difficile
arrampicarsi sugli specchi.
|