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La settimana antievoluzionista
di Fabrizio Fratus - 26/03/2004
 

Molti si sono chiesti come mai alcuni ragazzi abbiano indetto un’iniziativa così singolare su un argomento che nel senso comune viene ritenuto una certezza scientifica. In effetti l’iniziativa voleva mettere in discussione i libri di scienze che hanno sempre dato una spiegazione sulla questione dell’evoluzione darwiniana in modo incompleto e senza menzionare quegli argomenti che buona parte di scienziati, competenti e accreditati, ha prodotto al fine di contestare, o quantomeno ridimensionare, questa teoria sulla nascita delle specie. L’iniziativa, inizialmente derisa, ha in seguito ottenuto successo, contribuendo ad aprire un dibattito su un argomento che finora non poteva essere discusso ma solamente accettato come certezza assoluta e dogma incontestabile.

Io, che non sono uno scienziato e sicuramente ho poca preparazione a riguardo, mi sono informato e ho studiato molte ipotesi e teorie di chi scienziato lo è davvero e propone una visione che si discosta dalla teoria darwinista ma si basa comunque su studi seri e competenti, e, trovando delle teorie valide che confutavano le varie interpretazioni neodarwiniane sull’origine della vita, mi sono lanciato in questa iniziativa che vuole dare voce a chi non crede a questa teoria.

Nei libri di testo, dalle elementari alle medie superiori, la teoria di Charles Darwin viene insegnata come verità assoluta. Tutti ricorderanno la famosissima illustrazione in cui viene riprodotta una scimmia che, con il passare di migliaia di anni, diviene a poco a poco homo sapiens: questa immagine dell’uomo come diretto discendente della scimmia è una vera e propria invenzione, una favola che ci viene narrata nelle scuole sotto forma di “storia vera”.

Lo stesso professor Boncinelli, in un’intervista rilasciata al quotidiano “il Giornale”[1], ammetteva che l’immagine riportata sui libri non era veritiera e che per la teoria evoluzionista l’uomo e la scimmia hanno un comune antenato da cui discendono. Già questa ammissione dà ragione a chi sostiene che i libri di testo siano antiquati e vadano quantomeno  verificati e aggiornati.

Molte notizie riportate dai quotidiani e riguardanti la settimana antievoluzionista non solo si sono rivelate false, ma soprattutto ci pare che le menzogne che sono state dette non derivassero solo dall’ ignoranza ma anche dalla malafede, che ha fatto sì che venissero travisate alcune affermazioni. Questo sospetto pare a maggior ragione fondato dato che i giornali non hanno prestato mai attenzione alle spiegazioni, rettifiche o chiarimenti inviati loro dal gruppo organizzativo delle conferenze. Una delle accuse principali era che l’iniziativa aveva intenzione di escludere dai libri di testo la teoria evoluzionista per imporre quella creazionista, come avvenuto in alcuni stati degli Stati Uniti d’America nei quali un gruppo di scienziati protestanti ha confutato a livello scientifico le teorie dei neodarwinisti imponendo di conseguenza le loro denominate “Intelligent Design” (progetto intelligente). Quello che ci preme dimostrare è che l’evoluzionismo non è una certezza, che molti scienziati e professori lo contestano, e che c’è chi confuta scientificamente, punto per punto, tutte le ipotesi scientifiche che si basano su tale teoria.

Una concezione della vita umana basata su un gioco cieco di azioni meccaniche in natura nega ogni possibile visione spirituale della vita relegando le scelte di ogni uomo solamente in una visione materialista.

Il darwinismo viene eretto come verità assoluta con la quale poter giustificare il materialismo più sfrenato, l’egoismo del nostro tempo e la caduta di tutti i bisogni che non siano fisici. In tal modo ogni forma di morale non ha più ragione di esistere, schiacciata dalla legge dell’”Homo Homini Lupus”.

A questa teoria dobbiamo la scomparsa dell’uomo come essere, rimpiazzato dall’uomo come consumatore o come appartenente ad una classe sociale.

Gli scienziati che provano a discutere le teorie evoluzioniste vengono puntualmente esclusi dalle cattedre universitarie, dai dibattiti scientifici e gli viene impedito di ottenere la   stessa visibilità di altri, magari meno validi da un punto di vista scientifico, ma bene allineati al conformismo imperante.

Se la scienza si fosse sempre comportata in questo modo il mondo sarebbe considerato ancora piatto e al centro dell’universo. Non è con il pregiudizio che si valuta il valore di una teoria scientifica, ma con la ricerca e le continue sperimentazioni, con il dibattito a parità di condizioni e con l’idea che gli uomini muoiono, ma la verità dura nei secoli.

L’affermazione espressa durante la conferenza stampa dall’On. Pietro Cerullo:

“la teoria di Darwin è funzionale all’egemonia della sinistra, è nata quando in Europa dominava la cultura del positivismo che è l’anticamera del marxismo”

 ha sollevato molte polemiche e qualche derisione. Eppure riflettiamo: non è forse vero che Darwin elaborò la sua teoria dopo essere venuto a conoscenza della visione meccanicistica della natura di Auguste Comte in cui identifica i fenomeni in relazione fra loro, legati da un rapporto costante di causa effetto? Non è forse vero che Marx, l’inventore del comunismo, dichiarò che il libro di Darwin era molto importante perché permetteva di fondare la lotta di classe sul principio di selezione naturale?[2]. Semmai l’accusa che poteva essere mossa all’On. Cerullo sarebbe potuta essere che aveva omesso di ricordare che anche il capitalismo si basa su una visione materialista della vita e che proprio dal darvinismo sociale traeva legittimazione. In effetti il capitalismo pensa che la lotta economica tra gli uomini migliora l’umanità in quanto mette alla deriva i più deboli e fa sopravvivere i più forti.

Sul piano ideologico la borghesia trovava nelle tesi di Darwin la conferma della propria ottimistica aspirazione al progresso continuo della società.

Per molti esponenti del positivismo la concezione deterministica non vale solo per i fenomeni naturali ma anche per quelli della coscienza umana che vanno visti in rapporto con fattori biologici, ereditari e ambientali. (determinismo psicologico).

La nascita delle teorie evoluzioniste

Il primo scienziato che ipotizzò lo sviluppo delle specie tramite evoluzione fu il biologo Jeam Baptiste Lamark (1744- 1829). Egli elaborò l’ipotesi che le funzioni di adattamento all’ambiente determinano la comparsa di organi differenziati negli animali e nelle piante, giustificando in questo modo la differenziazione delle specie viventi.

La sua ipotesi nasceva dalla concezione che la natura fosse un sistema cooperativo e che tutti gli ingranaggi si adattassero ad altri al fine di un perfetto funzionamento; aveva ipotizzato cioè che la natura fosse una grande macchina perfetta, un organismo autopoietico.

Inoltre era convinto che le caratteristiche acquisite per adattamento divenivano ereditarie.

Il naturalista inglese Charles R. Darwin si oppose alle teorie di Lamark in quanto non si spiegava come si ereditasse di padre in figlio i caratteri acquisiti come adattamento all’ambiente.

Partecipando a una missione esplorativa nell’America del sud e visitando le isole Galapagos, Darwin, notò che la fauna era notevolmente differenziata, anche se le caratteristiche dell’ambiente erano praticamente identiche, e che ciò che sosteneva Lamark non si era verificato in quanto le isole dovevano essere popolate dalle stesse specie.

E’ da questa analisi iniziata alle isole Galapagos che Darwin elaborò la teoria che la natura non era congegnata come un semplice sistema cooperativo, ma che era la lotta tra le specie che determinava la sopravvivenza delle razze che resistevano all’ambiente mutevole. Da questa analisi Darwin ipotizzò che era tramite graduali cambiamenti di condizioni ambientali e di favorevoli adattamenti delle specie viventi che si verificava la possibilità dell’evoluzione.

Richiard Dawkins elaborò la teoria del “gene egoista”  egli sostiene che gli esseri viventi non sono altro che macchine per la sopravvivenza nate da un progetto di geni, e che quando i corpi muoiono i geni sopravvivono grazie alla riproduzione e vanno a progettare nuovi corpi (specie)

Alcuni scienziati invece propongono la co-evoluzione che si basa su geni e cultura, questi scienziati prendono il nome di coevoluzionisti e sostengono che tramite l’ereditarietà vengano trasmessi anche comportamenti culturali e che in questo modo si spiegherebbero comportamenti come quello di popolazioni che non bevevano latte per motivi culturali e in 300 generazioni questa esclusione del latte ha fatto perdere alle popolazioni asiatiche la capacità enzimatica di digerirlo.

Stephen Gould e Nils Eldredge elaborarono la teoria degli equilibri punteggiati in cui si sostiene che l’evoluzione non avviene per gradi ma si alternerebbe a lunghi periodi di stasi e ad alcuni di improvvise accelerazioni, in cui comparirebbero nuove specie.

Se sono state ipotizzate tante metodologie di come si verificherebbe l’evoluzione della specie vuol dire che ancora oggi la scienza è incapace di dare una spiegazione del passaggio da specie a specie.

La teoria evoluzionista

Noi tutti siamo sottoposti allo studio, senza critica, della teoria dell’evoluzione: dalle scuole elementari sino alla fine dei nostri studi all’università siamo costretti a studiare la teoria della selezione delle specie senza avere possibilità di venire a conoscenza di alcuna critica o contestazione ad essa nonostante venga continuamente discussa e ridiscussa dagli stessi scienziati evoluzionisti.

Non solo il mondo dell’istruzione ci presenta le teorie darwiniane come un dictat incontestabile, ma anche la maggiore parte dei documentari italiani pone al centro di ogni suo studio una visione evoluzionista della vita, arrivando addirittura a trasmettere ricostruzioni di transizioni da specie a specie del tutto fantasiose e senza nessuna valenza scientifica.

Prima di commettere errori, è meglio distinguere tra evoluzione biologica e teoria dell’evoluzione. La parola evoluzione definisce in modo generico il processo di variazione genetica di una specie verificatasi in un lungo periodo di tempo. Con evoluzionismo invece si intende la teoria secondo cui tutti gli esseri viventi esistono grazie a piccole e incontrollabili trasformazioni, che hanno reso possibile che da una specie si possa arrivare ad un’altra, completamente nuova.

La teoria dell’evoluzione ci viene insegnata come unica e sicura possibilità dell’esistenza della vita sulla terra, e ci viene fatto credere che essa sia supportata da ritrovamenti di fossili o da ricerche sperimentali. In realtà, le prove dopo 150 anni di studi e ricerche, non   confermano la teoria, anzi in molti aspetti la negano conducendo gli scienziati evoluzionisti ad assunzioni aprioristiche in favore di una teoria che si fa ideologia.

L’unica evoluzione, che si verifica in natura e che gli scienziati hanno potuto osservare, avviene e si conclude nello stesso organismo senza produrre cambiamenti o modificazioni   genetiche (microevoluzione).

Gli evoluzionisti sostengono che queste piccole variazioni operando nel lungo periodo siano in grado di trasformare e creare nuove specie grazie ad una evoluzione verso il miglioramento. Secondo questa teoria tutte le specie esistenti apparterrebbero ad antenati comuni e la vita sarebbe nata da materia inorganica ed elementi inerti. Da qui il passo è breve per affermare che il primo microrganismo organico si sarebbe evoluto nel corso di miliardi di anni creando tutte le specie oggi osservabili in natura, da ameba a invertebrato, da anfibio a rettile, da quadrupede a scimmia e umano.

Gli evoluzionisti sostengono, senza spiegare come, che il caos ha creato il tutto dando un’organizzazione alla natura e selezionando in positivo gli organismi, che da semplici sono divenuti gradualmente complessi e specifici.

Tutto ciò che oggi noi possiamo osservare per gli evoluzionisti è frutto di eventi casuali e di lunghissimi periodi di tempo, tutto ha avuto origine da un processo meccanicistico proprio della natura inorganica.

La visione qui esposta prende il nome di macroevoluzione e non è mai stata provata scientificamente. Bisogna ricordare che una teoria per essere riconosciuta valida deve essere osservabile, misurabile e riproducibile, quindi la mancanza di tutte queste attestazioni di veridicità non solo dimostra la non scientificità della teoria, ma anche la malafede degli evoluzionisti. Essi infatti nonostante tutto continuano a sostenere che l’evoluzionismo sia l’unica verità possibile per l’esistenza dell’uomo e della vita sulla terra, continuando con normalità a insegnare questa dottrina inculcandola in maniera dogmatica agli studenti e censurando tutti coloro che obiettano su tale teoria e che cercano di dimostrare la sua inconsistenza scientifica.

Evoluzionismo e società, il mito del progresso

L’evoluzionismo è fondamento di un altro mito della nostra società, il mito del progresso che nostra società rincorre da oltre due secoli nella speranza di potere risolvere i problemi dell’uomo tramite le scoperte scientifiche. Tramite la tecnica.

Tale speranza sembra in realtà essere confutata dal fatto che ancora oggi la nostra società è minata da molte manie: infatti se è vero che molte malattie sono state sconfitte grazie alla ricerca scientifica è anche vero che ne sono nate di nuove che probabilmente sono da accreditare alla stessa scienza/tecnica (A.I.D.S. – problemi respiratori -angosce– stress).

Dalla rivoluzione industriale ad oggi la nostra società corre come un treno impazzito verso un destino sconosciuto, seguendo la speranza che i problemi che mano a mano le nuove scoperte creano o creeranno saranno facilmente risolvibili con ulteriori scoperte. Scrive Cipolla:

una volta imboccata la strada dell’idustrializzazione è impossibile tornare indietro e nemmeno ci si può fermare. Le macchine finiscono per dettare il ritmo dell’ulteriore obbligato progresso[3]

Massimo Fini nel suo libro la ragione aveva torto? termina in questo modo:

la rivoluzione scientifica, la rivoluzione industriale, l’illuminismo (l’evoluzionismo) [4], furono uno slancio ottimistico dell’uomo, la rivolta contro la paura degli Dei e della natura, l’eterna paura che lo aveva sempre attanagliato e limitato, la ribellione alla paralisi, all’immobilismo, all’irrazionalità del mondo antico, ai dogmi, ad Aristotele, alla chiesa, agli scolastici, ai teologi cristiani e islamici. L’illuminismo nasce da un’impulso orgoglioso e generoso contro un conformismo durato da migliaia di anni. Ma, per un doloroso contrappeso, quel conformismo, quell’immobilismo, quella paralisi, le cui singole manifestazioni erano, o apparivano, irrazionali, nascondevano un nucleo di sapienza inestimabile, la sapienza della specie, che noi abbiamo distrutto e perduto per sempre…” terminando con queste parole “…la ragione aveva torto” [5].

È con Herbert Spencer che l’evoluzionismo si allarga all’ambito culturale e cosmologico.

Per Spencer il compito della filosofia è quello di interpretare la società basandosi sulla legge dell’evoluzione: è l’evoluzione che porta dalla materia da un’omogenità indefinita ed incoerente a una eterogeneità definita e coerente, mentre il movimento conservatore subisce una corrispondente trasformazione basandosi anch’esso su un progresso necessario. Spencer fu interessato ad elaborare una teoria generale del progresso umano e dell’evoluzione cosmica e biologica.

Da subito il suo modello interpretativo della società si basava sull’evoluzione, come progresso e come legge universale della vita e del cosmo.

Karl Popper ha definito questa società un mondo meraviglioso…la migliore società che la storia dell’umanità abbia mai conosciuto… la società più giusta, più ugualitaria, più umana della storia. Un’affermazione incauta che non considera le miriadi di contraddizioni in cui viviamo.

Ogni giorno, sfogliando i quotidiani leggiamo di sensazionali scoperte che riguardano la vita di noi tutti. Ad esempio il professore Boncinelli, presidente del S.I.SS.A.[6] recentemente ha dichiarato:  

  arriveremo presto ad una vita media di 100 anni” per poi spiegare “ allo stato di natura l’uomo vivrebbe 20–25 anni.  Nell’ultimo secolo la vita umana si è allungata del 30%... [7].  

Torna la speranza di vivere all’infinito. Di sconfiggere la morte. Ma siamo sicuri che in passato l’uomo quando moriva di vecchiaia non moriva attorno ai 75 anni? Anche al giorno d’oggi in Italia chi vive maggiormente non abita nei grandi centri urbanizzati, nelle metropoli ma nei paesini della Sardegna, dove ancora la società moderna ha difficoltà ad imporsi.

Inoltre i dati storici rilevabili dimostrerebbero che la speranza di vita massima non era molto differente da oggi, Pierre Chaunu scrive:

la medicina moderna non ha ancora aggiunto un pollice alla vita umana:  si moriva a novant’anni nelle campagne del settecento e Fontenelle e Las Casas e tanti  altri testimoniano la longevità straordinaria di alcuni dominanti” [8].

  In Borgogna nel 1786 vengono indicate 72.000 persone di età compresa fra i sessanta e cent’anni su un totale di un milione circa di abitanti.[9]

Lo sbaglio nasce dalla confusione tra vita media e vita effettiva. Lo stesso Dante Alighieri all’inizio del suo capolavoro ci dà delle indicazioni sulla speranza di vita iniziando con queste parole la sua Divina Commedia:  

in mezzo di cammin di nostra vita  

e fissando quindi a trentacinque anni la sua età nel momento in cui iniziò il capolavoro, indicando che l’esistenza normale di un individuo fosse di settant’anni.

Oggi la scienza è arrivata a manipolare i nostri cibi modificandoli geneticamente introducendo geni di un specie nel dna di un’altra specie. Questa manipolazione non sappiamo se produca solo benefici (esempio l’aumento di resistenza al freddo di una specie manipolata) o se in realtà possa produrre anche dei problemi a chi ne fa uso. L’ogm viene (per fortuna oggi i Italia non è ancora possibile) messo in commercio senza un’adeguata sperimentazione.

La volontà di intervenire su una specie (frutta e verdura) credendo che si possa migliorare da cosa nasce se non dalla certezza che le specie siano in continua evoluzione?

Chi crede nell’evoluzionismo è anche convinto che si possa intervenire direttamente in ogni specie per il suo miglioramento genetico e che facendolo non si fa altro che anticipare la natura.

All’università di Urbino all’esame di metodologia della scienza umana viene dato da leggere un libro in cui si legge “ se la natura può preparare manuali di istruzione, come le molecole di dna, anche l’uomo può farlo, sia manipolando il dna, sia mediante altre molecole, sia con microchip informatici”[10], continuando “in un prossimo futuro si potrà inserire un chip nel cervello e connetterlo, mediante neuroni, alle varie funzioni celebrali, che saranno così collegate a megacomputer e banche dati….” Una prospettiva allucinante in cui l’uomo piano piano verrebbe “trasformato” in una macchina artificiale. [11]

Molti pensano che la scienza non riguardi il campo della vita vissuta, che non interferisca con le scelte dell’uomo e della società ma Harun Yahya nel suo libro dal titolo L’inganno dell’evoluzione scrive:

i danni del materialismo non sono limitati soltanto agli individui, in quanto esso mira anche ad abolire i valori di base sui quali poggiano lo Stato e la società, generando quindi una collettività insensibile e senz'anima, interessata unicamente alla materia. Poiché i membri di una simile società sono destinati a restare privi di qualsivoglia nozione idealistica, quale il patriottismo, l'amore per il proprio popolo, la giustizia, la lealtà, l'onestà, il sacrificio, l'onore, oltre che dei beni morali, l'ordine sociale costituito da siffatti individui è condannato a dissolversi in un breve lasso di tempo. Per queste ragioni, il materialismo rappresenta una delle più terribili minacce ai valori fondamentali dell'ordine politico e sociale di una nazione [12].

Massimo Lanzavecchia nel suo libro in difesa della scienza scrive:

mentre la natura va avanti a tentoni, con bricolage molecolari di Jacob e la selezione evolutiva di Darwin, l’uomo fissa e persegue via via obbiettivi sempre più precisi che coinvolgono la natura stessa, l’ambiente, la specie, i valori, il pensiero, l’etica [13].

Questo modello di pensiero che si rifà direttamente all’illuminismo e al positivismo è convinto che presto o tardi la scienza risolverà tutti i problemi materiali dell’uomo. Anche se ciò avvenisse, ma con i risultati che abbiamo oggi è molto improbabile, l’uomo non è solo materia ma ha anche esigenze di carattere spirituale e questo modello di società che vuole evolvere verso un ipotetico paradiso materiale non è in grado di risolverli.

La scienza fa nuove scoperte, elabora la mappatura del genoma umano, ma poi scopriamo che le mucche sono diventate pazze, che gli esseri viventi sono clonabili, che si può intervenire geneticamente sull’uomo e la natura.

Questa perfezione non si intravede e se la scienza compie nuove scoperte che risolvono molti problemi, allo stesso tempo ne crea di nuovi, e così la nostra società vive in un’angoscia perpetua e diviene normale che cinquantasei americani su cento facciano uso abituale di psicofarmaci, che più di quaranta milioni di Europei ogni anno si rivolgano a sette, a maghi e fattucchiere, a guaritori, a veggenti e quant’altro.

Oltre il quarantotto per cento della popolazione americana e europea ha terrore del futuro.

L’insicurezza dell’uomo moderno davanti ad una società che promette un continuo benessere in evoluzione per poi creargli le più tremende angosce sulla sia esistenza è sotto gli occhi di tutti.

Il mito del progresso, che si avvale dell’ipotesi che noi uomini tramite la scienza e la tecnica si sia in grado di risolvere tutto intervenendo sulla natura, violentandola e soggiogandola, è il frutto di una visione e una speranza di una società in continua evoluzione verso il bene comune che presto o tardi verrà raggiunto.

Purtroppo anche sotto l’aspetto materiale questo traguardo è sempre molto lontano, anzi, probabilmente sarà sempre irraggiungibile.

Un grande pensatore del XX secolo scrisse a riguardo dell’evoluzionismo di Darwin e di Spencer

  "ciò che mi sorprende nel contemplare i grandi destini dell’uomo è di vedere davanti ai miei occhi sempre il contrario di ciò che oggi vede e vuole vedere Darwin con la sua scuola",

   il pensatore è colui che più di tutti ha criticato questo modello di società e che con la sua “teoria” [14] dell’eterno ritorno ha dato un’impostazione contro il progresso, ovviamente parlo di Nietzsche.

Tra evoluzionismo e progresso vi è un rapporto inscindibile.

Fabrizio Fratus

(26/03/2004)

______________________________________________

[1] Da il giornale, mercoledì 12-03-2003 pagina 31

[2] (l’altra faccia di carlo marx-richard Wurmbrand. Editrice uomini nuovi, pag. 80)

[3] da La ragione aveva torto, M. Fini, Sperling & Kupfer Editori, pag. 153

[4] aggiunta da parte dell’autore

[5] da La ragione aveva torto, M. Fini, Sperling & Kupfer Editori, pag.158

[6] Scuola internazionale superiore di studi avanzati

[7] da il www.nuovo.it   5 aprile 2003

[8] da La ragione aveva torto, M. Fini, Sperling & Kupfer Editori, pag. 8 – P. Chaunu, La Civilisation de l’Europe classique, pag. 164 Arthaud, 1984

[9] da La ragione aveva torto, M. Fini, Sperling & Kupfer Editori, pag. 9 – M. Reinhard, A Armengaud, J. Dupaquier, op. cit. pag. 357

[10] Massimo Lanzavecchia, in difesa della scienza, libri Schewiller, pag.174

[11] Massimo Lanzavecchia, in difesa della scienza, libri Schewiller, pag.178

[12] Harun Yahya, L'inganno dell'evoluzione, Ed. Al Hikma, introduzione

[13] Massimo Lanzavecchia, in difesa della scienza, libri Schewiller, pag.160

[14] Enrico Goni, Nietzsche e l'evoluzionismo, pp. 94,

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Sito a cura dell'A.I.S.O. Associazione Italiana Studi sulle Origini - aggiornato il 31/01/2014 

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