ECO CREAZIONISTA
Articoli
Recensioni
Rassegne Stampa
Lettere
Eco dei Lettori
Eventi, Interviste
Bibbia & Scienza
Archivio
 
 
 
 
Il problema dei "giorni" in Genesi 1
di Gerhard F.Hasel - terza parte
 

traduzione di Francesco Mosca

V.  Interpretazione letterale dei “giorni” della creazione

 

Considereremo l’uso del termine giorno secondo le principali posizioni della ricerca contemporanea. Gli studiosi, liberali e non, hanno concluso che la parola “giorno” (ebraico yôm) in Genesi 1 deve essere compreso in senso letterale. Passeremo in rassegna alcune delle loro ragioni e ne aggiungeremo delle altre.

 

1.  Considerazioni dai commentari

 

L’influente esegeta liberale dell’Antico Testamento, Gerhard von Rad (“Genesis: A Commentary”, Philadelphia 1972, p. 65) afferma: «I sette giorni, senza alcun dubbio, devono essere compresi come giorni reali e come un intervallo di tempo unico e irrepetibile nel mondo». Gordon J. Wenham, (“Genesis 1-15”, Word Biblical Commentary, vol. 1, Waco 1987, p.19) studioso non concordista dell’Antico Testamento, conclude: «Non può esserci dubbio che qui “giorno” ha il suo senso principale come un periodo di 24 ore». James Barr (Fundamentalism, Philadelphia 1978, pp. 40-43) conosciuto semitista e studioso dell’Antico Testamento nota, in contrasto con quanti  interpretano figurativamente i giorni della creazione, che si tratta di sei giorni letterali per un periodo totale di 144 ore. Lo studioso della critica delle forme Hermann Gunkel (Genesis Übersetzt und Erklärt, Göttingen 1901, p. 97) conclude che “i giorni” sono solamente giorni e nient’altro. Questo ritornello potrebbe essere ripetuto a più riprese e con molte altre voci, tutte che condividono la stessa posizione non concordista.

Victor P. Hamilton conclude, come fanno altri studiosi neo-evangelici concordisti liberali che «chiunque scrisse Genesi 1 credeva che stesse parlando di giorni letterali». John H. Stek (“What Says Scripture?”, Portraits of Creation, pp. 237, 238), un altro concordista liberale, apporta diversi elementi in difesa dei giorni letterali: «Certamente non c’è alcun elemento o accenno nel racconto [di Genesi 1] che faccia capire che l’autore pensasse a giorni irregolari – prima una serie di periodi indefinita, poi una serie di giorni solari – oppure che i “giorni” che lui identificò con l’espressione “sera e mattina” avrebbero potuto essere compresi come lunghe epoche. Il suo linguaggio è chiaro, semplice e ne parla usando un termine tra i più comuni dell’esperienza dell’umanità nel mondo»… «Nella sua descrizione degli atti creativi di Dio, l’autore fu ‘spinto’ a porli in sequenza secondo il modo di agire umano e a strutturarli secondo il modello del tempo creato nell’esperienza dell’umanità».

Numerosi studiosi e commentatori, senza considerare se siano concordisti o meno, sono pervenuti alla conclusione che i “giorni” della creazione non possono essere altro che giorni letterali di 24 ore. Essi sono pienamente coscienti dell’interpretazione non letterale della parola “giorno”, necessaria per cercare di armonizzare il racconto biblico con il modello evoluzionista, ciononostante insistono che, sia in Genesi 1 sia altrove, l’intenzione e il vero significato del “giorno” creativo è che si tratta di un giorno letterale di 24 ore.

 

2.  Considerazioni provenienti dalla lessicografia

 

I più importanti dizionari e lessici della lingua ebraica pubblicati nel ventesimo secolo affermano che il termine giorno, in Genesi 1, trasmette l’idea di un giorno solare di 24 ore. Un prestigioso lessico pubblicato recentemente fa riferimento a Genesi 1:5 come alla prima menzione scritturale del “giorno di 24 ore” per il termine ebraico “yôm” (giorno). Il lessico Ebraico-Inglese di Holladay riporta l’identica definizione di “giorno di 24 ore”. Il Brown-Driver-Briggs, classico lessico Ebraico-Inglese, considera il “giorno” della creazione di Genesi 1 come un “giorno regolare scandito  dalla sera e la mattina”. I lessicografi della lingua ebraica sono tra i più qualificati tra i ricercatori ebrei. Ci si aspetta da loro una grande attenzione nelle definizioni e che siano in grado di offrire anche indicazioni di significati alternativi, se ci sono i presupposti. Nessuno dei lessicografi si è allontanato dal significato della parola “giorno”, in Genesi 1, come giorno letterale di 24 ore.

 

3.  Considerazioni provenienti dai dizionari

 

Magne Saeboe scrive nell’importante Theological Dictionary of the Old Testament (Grand Rapids 1990, vol. 6) che il temine “giorno”, in Genesi 1, ha un significato letterale, nel senso di “un giorno completo”. E non presenta alcun altro significato alternativo.

Ernst Jenni, un famoso studioso di ebraico del ventesimo secolo, in quello che è il più usato Dizionario Teologico della lingua ebraica, afferma che dobbiamo comprendere il termine “giorno” letteralmente, come «un giorno di 24 ore, nel senso di un’unità di tempo astronomica» (Cfr. Dizionario Teologico dell’Antico  Testamento,  Torino 1982, vol. 2, pp. 612-628).

 

4.  Considerazioni basate sulla semantica

 

Il campo della semantica, nello studio linguistico, si occupa del significato preciso di espressioni (parole, frasi, ecc.) che si usano correntemente. La semantica ci riporta alla questione cruciale del significato esatto della parola ebraica yôm. Potrebbe il termine giorno, in Genesi 1, avere un significato figurativo? O deve essere considerato un giorno letterale, d’accordo con le norme semantiche? La questione della semantica è particolarmente importante per il fatto che il termine ebraico yôm assume una grande varietà di significati, includendo quelli ampi, come “tempo”, “vita”, ecc.. Questa varietà di significati, c’è da notare, possiamo trovarla anche nell’ambito dell’Antico Testamento. Come abbiamo già avuto modo di osservare, il termine ebraico yôm, nella varietà delle forme, può anche significare un periodo di tempo (Giudici 14:4), in un senso ancora più generale “il tempo di un mese” (Genesi 29:14), “il tempo di due anni” (2 Samuele 13:23; 14:28; Geremia 28:3,11), “il tempo di tre settimane” (Daniele 11:2,3). Al plurale può significare “anno” (1 Samuele 27:7), “il tempo di una vita” (Genesi 47:8) e così via. Qualsiasi buon lessico fornirà un ampia lista delle varie possibilità.

È importante ricordare che il contenuto semantico delle parole può essere visto più chiaramente nelle varie combinazioni con altre parole. È cruciale, perciò, vedere come i significati ampi, non letterali, di questo termine ebraico abbiano collegamenti linguistici e contestuali speciali, i quali indicano chiaramente che lo scrittore intende un significato non letterale. Se questi collegamenti linguistici speciali sono assenti, il termine yôm non ha un significato ampio, ma piuttosto il suo significato normale di un giorno letterale di 24 ore.

 

Considerando la ricchezza dei modi coi i quali la Scrittura utilizza questo termine ebraico, bisogna prendere atto di come Genesi 1 utilizza il termine yôm.

1) Il termine yôm è sempre usato nel singolare.

2) Il termine yôm è sempre unito ad un numero: in Genesi 1:5 è un numero cardinale (giorno “uno”), mentre in Genesi 1:1 a 2:3 è sempre un numero ordinale (secondo giorno, terzo giorno, ecc.); si farà attenzione a questo anche in seguito.

3) Il termine yôm non è mai collegato con una preposizione, combinazione genitiva, stato costrutto, o simili. Si trova sempre come un semplice sostantivo.

4) Il termine yôm è consistentemente definito da un’espressione temporale nella frase precedente, “così fu sera, poi fu mattina e fu il primo giorno”: questa frase svolge una funzione di definizione della parola “giorno”.

5) Il resoconto complementare della creazione di Genesi 2:4-25 contiene un significato figurativo e non letterale del termine yôm, “giorno”, al singolare. Ma esso utilizza le convenzioni semantico-sintattiche conosciute da tutto l’Antico Testamento.

 

Vediamo ora i criteri impiegati in Genesi 2:4. Il sostantivo “yôm” è legato alla preposizione “be”, da leggere “be yôm”; il brano poi lo utilizza in una relazione costrutta con la forma infinitiva di “‘asah", “fare”: letteralmente si legge “nel giorno del fare”. Questa combinazione la fa diventare una congiunzione temporale, che serve come un’introduzione generale di tempo. L’ultima parte di Genesi 2:4 dice letteralmente: «Nel giorno del Signore Iddio facendo il cielo e la terra». L’italiano corretto richiede l’espressione: «Nel giorno in cui…» e si tratta anche qui di una congiunzione temporale, che serve come introduzione generale di tempo (e che deve essere resa con “quando”). Questa frase dovrebbe quindi leggersi «Quando il Signore Iddio fece...». Questo solo caso di un uso ampio e non letterale di yôm, presente nel resoconto della creazione di Genesi 2:4-25, mostra che l’uso di yôm  in Genesi 1, senza qualcosa che ne determini l’uso non letterale, ha un significato letterale. Il termine yôm in Genesi 1 non ha preposizioni, non è usato in una relazione costrutta e non ha un indicatore sintattico che indichi un significato non letterale. Così, in Genesi 1, yôm può solo significare un giorno letterale di 24 ore.

 

5.  Considerazioni basate sull’uso del singolare

 

Il termine ebraico yôm ricorre 2.304 volte nell’Antico Testamento e 1.452 è al singolare. Nel Pentateuco questo termine è usato 668 volte e nel libro della Genesi 152 volte, di cui 83 al singolare e le altre al plurale. Nell’enumerazione dei sei giorni della creazione, il termine “giorno” è usato quasi esclusivamente al singolare. C’è un solo uso del plurale che non si riferisce ad un giorno creativo e si trova in Genesi 1:14: «Poi Dio disse: “Vi siano delle luci nella distesa dei cieli per separare il giorno dalla notte; siano dei segni per le stagioni, per i giorni e per gli anni”». L’uso del plurale al versetto 14 (“siano dei segni per le stagioni, per i giorni e per gli anni”) difficilmente può essere apportato nella discussione per fare diventare i giorni della creazione dei lunghi periodi di tempo, visto che, nel calendario, “giorni e anni” sono letterali. Non ci sono dubbi che il versetto 14 indica giorni letterali di 24 ore, così come gli anni devono essere compresi in modo letterale.

Consideriamo ora Genesi 1:5,16, dove l’uso del termine giorno è al singolare: «E Dio chiamò la luce “giorno”» (v. 5); e poi (v. 16): «Dio fece» … «il luminare maggiore per presiedere al giorno». Il versetto 5 impiega il termine per indicare letteralmente la luce diurna del periodo di 24 ore, in contrasto con la parte della notte. Notte e giorno, insieme, fanno un giorno completo.

Il termine yôm, in ognuno dei sei giorni, ha sempre gli stessi collegamenti: a) è usato al singolare; b) è affiancato da un numero; c) è preceduto dalla frase “così fu sera e poi fu mattina”. Questi tre collegamenti fanno sì che il termine giorno debba essere considerato lo stesso in tutto il resoconto creativo. Ciò  rivela anche che il “tempo è concepito in forma lineare e gli eventi si verificano in  successione” (B. K. Waltke, Theological Workbook of the Old Testament, Chicago 1980, p. 371). Derogare dal collegamento numerico consecutivo e dai legami dell’espressione “sera e mattina”, significherebbe prendersi troppa libertà con il significato semplice e diretto della lingua ebraica.

 

6.  Considerazioni basate sull’uso di numeri

 

I sei “giorni” della creazione, in ogni caso, vengono uniti ad un numero nella sequenza da uno a sei (Genesi 1:5, 8, 13, 19, 23, 31). Il giorno successivo al “sesto giorno”, il giorno in cui Dio si riposò, è chiamato “il settimo giorno” (Genesi 2:2,3). Quello che sembra significativo è l’enfasi sequenziale dei numeri 1-7, senza alcuna interruzione temporale. Lo schema di sette giorni, modello settimanale di sei giorni lavorativi seguiti dal “settimo giorno” come giorno di riposo, porta a considerare i giorni della creazione come giorni normali, in una sequenza consecutiva e non interrotta.

Quando l’Antico Testamento impiega la parola yôm assieme ad un numero (150 volte) si riferisce invariabilmente ad un giorno letterale di 24 ore. L’unica eccezione, nell’ambito dei numeri che vanno da 1 a 1000, si trova in un testo escatologico (Zaccaria 14:7), dove c’è l’espressione ebraica “yom ‘echad”, che i traduttori hanno reso in diversi modi: “sarà un giorno unico” (New American Standard Bible); “e ci sarà un giorno continuo” (New Revised Standard Version); “sarà un giorno continuo”, oppure “e il giorno sarà uno” (R. L. Smith, Micah-Malachi, Waco 1984, p. 277). Il “giorno continuo” del futuro escatologico sarà un giorno in cui sarà cambiato il ritmo normale di sera e mattina, giorno e notte, così che in quel giorno escatologico vi sarà “luce anche alla sera”. Gli studiosi riconoscono che questa espressione è molto particolare nella lingua ebraica e difficilmente può essere utilizzato per cambiare l’uso semplice che troviamo in Genesi 1.

 

7.  Considerazioni basate sull’ uso dell’ articolo

 

Per ogni giorno della creazione, nell’originale ebraico, il termine “giorno” è sempre senza l’articolo, eccetto nei casi del “sesto giorno” (Genesi 1:31, nell’ebraico “yôm hashshishî”) e “settimo giorno” (Genesi 2:2). Gli studiosi hanno notato che, in ebraico, il primo giorno di Genesi 1:5 si legge letteralmente “giorno uno” (R. F. Youngblood, The Book of Genesis, Grand Rapids 1991, p. 26), perché abbiamo il numero cardinale “uno” usato con il termine “giorno”. La mancanza dell’articolo è stata interpretata come se tutti i giorni della creazione (eccettuato il sesto giorno, che ha l’articolo) permettessero ambedue le possibilità: sia quella di un ordine casuale o letterario, sia quella di un rigido ordine cronologico. Si tratta di un’interpretazione incerta che, come vedremo, non può essere sostenuta dal punto di vista semantico-sintattico.

Abbiamo bisogno di capire la sintassi del testo ebraico, interpretandolo senza violentare la struttura interna della lingua. Un recente studio sugli aspetti grammaticali effettuato da Bruce K. Waltke e M. O’Connor (An Introduction to Biblical Hebrew Syntax, Winona Lake 1990, p. 274) ha evidenziato che il sostantivo indefinito yôm con il numero cardinale indefinito “uno” (ebraico “'echad”), in Genesi 1:5 ha “una forza enfatica” e “un senso definito”, oltre ad avere la forza di un numero ordinale e perciò deve essere tradotto  “il primo giorno”.

 

Tali osservazioni ci ricordano come “il primo giorno” e “il sesto giorno” della settimana creativa siano ambedue definiti: il primo per funzione sintattica e l’ultimo per l’uso dell’articolo. Emerge un’osservazione: quest’uso definito del primo e dell’ultimo giorno della creazione, forma un meccanismo letterario che induce a considerare i sei “giorni” della creazione come giorni definiti. Questo uso sembra limitare il dibattito se i giorni di Genesi 1 hanno un ordine casuale o cronologico: dal momento che il primo e il sesto giorno sono definiti, viene fornito un chiaro confine e tutta la serie dei giorni deve essere cronologica, in sequenza, formando un periodo ininterrotto di sei giorni creativi letterali di 24 ore. La sequenza dei sei giorni, così, si struttura in un’unità di tempo coerente, che si ripeterà nelle settimane che seguono.

Anche il “settimo giorno”, in ebraico, ha l’articolo. Dato che il primo (v. 5) e il sesto giorno (v. 31), sono definiti, il settimo va a formare un’unità più grande, costituita dall’unità dei sei giorni lavorativi seguita dal settimo giorno, il giorno di riposo (Genesi 2:2,3); in questo modo la sequenza dei sei giorni lavorativi trova il suo apice cronologico e sequenziale nel settimo giorno. L’unità di tempo letterale più ampia consiste nello schema dei sei giorni più uno: Dio pianificò questa sequenza ininterrotta come ritmo del tempo per ogni settimana successiva.

 

8.  Considerazioni basate sull’espressione “sera - mattina”

 

Il resoconto della creazione determina i limiti di tempo con l’espressione “sera e mattina” (vv. 5, 8, 13, 19, 23 e 31). La frase ritmica “così fu sera e poi fu mattina” fornisce una definizione del giorno creativo, perciò si tratta di un giorno letterale.

Il termine utilizzato per “sera” (ebraico “'ereb”) comprende la parte di oscurità del giorno utilizzandola come “parte per il tutto” (una parte, in questo caso “sera”, rappresenta tutto il tempo dell’oscurità notturna). Il termine corrispondente “mattina” (ebraico “boqer”) è anche esso “parte per il tutto” e va inteso come “l’intero periodo di luce diurna” (Theological Dictionary of the Old Testament, Grand Rapids 1990, vol. 2, p. 225).  Bisogna notare che all’espressione “sera - mattina” si deve attribuire lo stesso significato ognuna delle sei volte che ricorre. Così “sera e mattina” è un’espressione temporale che definisce ogni giorno della creazione come un giorno letterale. Non si può dare altro significato che questo.

 

9.  Considerazioni basate sui passi relativi al sabato nel Pentateuco

 

Un altro tipo di evidenza interna fornita dall’Antico Testamento deriva da due passi sul sabato, presenti nel Pentateuco, che fanno riferimento ai “giorni” della creazione. Questi testi informano il lettore su come Dio comprendeva i “giorni” creativi.

Il primo testo fa parte del quarto comandamento dato da Dio sul Monte Sinai e registrato in Esodo 20:9-11: «Lavora sei giorni e fa in essi ogni opera tua. Ma il settimo giorno è il riposo al Signore Iddio tuo» … «Poiché in sei giorni il Signore fece il cielo, la terra, il mare e tutto ciò che è in essi, e si riposò il settimo giorno; perciò il Signore ha benedetto il giorno del riposo e l’ha santificato». Queste parole furono pronunziate da Yahweh stesso (v. 1). I collegamenti con la creazione si evidenziano nel vocabolario utilizzato: “settimo giorno”, “cielo e terra”, “riposò”, “santificò”, “benedisse” e nello schema “sei più uno” (vedere anche Deuteronomio 5:13-14). Evidentemente i dieci comandamenti considerano un giorno creativo come un regolare giorno di 24 ore e dimostrano che il ciclo settimanale è un’ordinanza di tempo stabilita alla creazione. Il discorso divino che promulga il comandamento del sabato considera i “sei giorni” della creazione letterali e in sequenza cronologica. L’argomentazione che la relazione del quarto comandamento non è altro che una “analogia” o un “archetipo”, nel senso che il riposo dell’uomo nel settimo giorno dovrebbe essere come il riposo di Dio alla creazione, è contestata da Terence Fretheim, il quale ha notato incisivamente che il comandamento non usa analogia o pensiero archetipo, me che l’enfasi è posta sull’imitazione di Dio, su un precedente divino che deve essere seguito: Dio lavorò per sei giorni e si riposò il settimo, di conseguenza si deve fare lo stesso.

Il secondo passo del Pentateuco riguardante il sabato è Esodo 31:15-17, anch’esso pronunciato da Dio stesso. Ha diversi collegamenti terminologici con Genesi 1 ed è concettualmente e tematicamente collegato a questo capitolo. Anche questo passo in Esodo deve essere interpretato dando al termine giorno un significato letterale e considerando i giorni sequenziali e cronologici. Il sabato settimanale per il popolo di Dio è basato sull’imitazione e sull’esempio, poiché «in sei giorni il Signore fece il cielo e la terra  e il settimo giorno cessò di lavorare e si riposò» (v. 17).

Dio si riposò perché provò diletto alla fine del suo lavoro di creazione. Anche l’essere umano si riposa e prova piacere quando mette in pratica  il riposo nel settimo giorno (versetto 15). Dio stesso osservò il settimo giorno e gli esseri umani che appartengono a Lui sono chiamati ad imitarlo. Essi lo faranno seguendo lo stesso ritmo del ciclo settimanale letterale di sei giorni di lavoro seguiti cronologicamente dal “settimo giorno”, come un giorno di riposo e di ristoro, così come il loro Creatore fece durante la settimana della creazione.

     

10.  Considerazioni basate sulla sequenza degli eventi

 

La creazione della vegetazione con piante e alberi aventi fiori e semi è avvenuta il terzo giorno (Genesi 1:11-12). Molta di questa vegetazione ha bisogno di insetti per l’impollinazione, ma Dio non creò gli insetti fino al quinto giorno (v. 20). Se il “giorno” fosse stato un periodo lungo, le piante che avevano bisogno degli insetti per l’impollinazione, non avrebbero potuto riprodursi e, quindi, si sarebbero estinte. Di più, la teoria “giorno-era” richiederebbe un lungo periodo di luce e di oscurità durante ogni “giorno-era”. Questo sarebbe fatale non solo per la vita vegetale, ma anche per quella animale. Sembra proprio che l’autore biblico voglia farci comprendere che il giorno della creazione debba essere compreso letteralmente e non come un lungo periodo di tempo.

Sebbene queste ultime argomentazioni potrebbero non essere decisive, vanno però nella stessa direzione delle considerazioni linguistiche e semantiche già rilevate nel testo ebraico.

  

VI.  CONCLUSIONI

 

Questo articolo ha investigato il significato dei “giorni” creativi. Ha preso in considerazione gli argomenti chiave a favore del significato figurativo, non letterale, dei giorni della creazione, ma li ha trovati poveri relativamente al tipo di ricerca, alle considerazioni letterarie, agli studi della grammatica, della sintassi e delle connessioni semantiche. L’evidenza basata sulle considerazioni comparative, letterarie, linguistiche e di altro tipo, converge ad ogni livello e perviene  all’inevitabile conclusione che il termine “giorno” (yôm), in Genesi 1 significa un giorno letterale di 24 ore.

L’autore di Genesi 1 non avrebbe potuto fornire elementi più ampi e comprensibili per esprimere l’idea di un giorno letterale, se non quelli da lui stesso inseriti nel testo. La mancanza totale di determinanti, come preposizioni, espressioni qualitative, frasi costrutte, connessioni semantico-sintattiche e così via, indicano che la designazione di “giorno”, nella settimana creativa, non può essere considerata essere nient’altro che un giorno di 24 ore.

Le combinazioni dei fattori di uso dell’articolo, genere singolare, costruzioni semantico-sintattiche, limiti di tempo ed altro, convalidate dalle promulgazioni divine nei passi del Pentateuco come Esodo 20:8-11 e 31:12-17, suggeriscono in modo unico ed evidente che il “giorno” della creazione è inteso nella sua natura come letterale, sequenziale e cronologico.

Torna a inizio pagina

 

 

Sito a cura dell'A.I.S.O. Associazione Italiana Studi sulle Origini - aggiornato il 31/01/2014 

Contatto | Links | Informazioni | Iscrizione | Contributi