Che
il Re sia nudo, che sia in mutande, son ormai in molti a sospettarlo
e perfino a sussurrarlo; nessuno, però, o quasi nessuno, osa
ancora proclamarlo ad alta voce. Perché? Ma per la più
prosaica e banale delle ragioni: perché tutti gli scienziati
accademici vivono sulla favola del bel vestito nuovo del Re: le loro
amate cattedre universitarie, le case editrici e le riviste che
accolgono e pubblicano i loro lavori, gli istituti di ricerca,
pubblici e privati, che li finanziano e li promuovono socialmente:
tutto dipende dal perpetuarsi della favola del vestito nuovo, perciò
nessuno si decide a proclamare quello che, ormai, circola come un
sussurro sempre più insistente, sempre più
imbarazzante: Darwin aveva torto, completamente, irreparabilmente
torto: torto marcio su tutta la linea, senza scampo e senza
scusanti. Non solo non sono mai stati trovati i famosi “anelli
mancanti” sui quali poggiava tutta la sua teoria evoluzionista;
non solo la scoperta della struttura del Dna ha mostrato l’assoluta
improbabilità delle mutazioni casuali come fattore trainante
dell’evoluzione stessa; ma appare sempre più chiaro che
quegli anelli mancanti, sempre promessi e sempre rimandati, non
salteranno mai fuori, per il semplice fatto che l’evoluzione
mediante la selezione naturale non è mai esistita. Per
quale ragione, ad esempio, le piante senza fiori si sarebbero
trasformate in piane con fiori; in che cosa mai sarebbe consistito il
“vantaggio”, per la natura, visto che gli insetti
impollinatori non esistevano ancora, ma apparvero, appunto, dopo la
comparsa delle piante con fiori? Il darwinismo sostiene che la
natura conserva e stabilizza quei mutamenti genetici - casuali, si
badi - che favoriscono la sopravvivenza di una specie e che la
avvantaggiano rispetto alle altre; ma perché mai essa dovrebbe
prendersi il disturbo di inventare qualcosa che non esiste, qualcosa
di estremamente complicato, di cui potrebbe fare tranquillamente a
meno? E come mai la natura conserva e consolida le mutazioni di
segno positivo, utili, cioè, alla sopravvivenza di quella
determinata specie, dal momento che le mutazioni sono, quasi sempre,
di segno negativo o neutro, essendo il frutto di autentici errori di
riproduzione del Dna? Ancora: dove sono le forme intermedie dalle
Gimnosperme alle Angiosperme; dalle piante con riproduzione
asessuata, a quelle con riproduzione sessuata? Come è
apparsa, come è nata la prima Angiosperma, visto che ancora
non esistevano gli insetti per trasportare il polline? Chi o che cosa
ha trasferito il polline dall’antera maschile allo stigma
femminile, fecondando così la pianta? E perché le
Gimnosperme esistono ancora e sono vive e prosperano in ogni parte
del mondo, a dispetto della loro supposta “arcaicità”
e, dunque, della loro altrettanto ipotetica, insufficiente
competitività rispetto alle Angiosperme? Forse per la
stessa ragione per cui, nel mondo animale, squali e coccodrilli
prosperano inalterati da trecento milioni di anni, incuranti della
teoria evoluzionista e scandalosamente indifferenti alla “legge”
formulata da Charles Darwin? Infine: ci sarebbe stato davvero il
tempo materiale per il passaggio dalle Gimnosperme alle Angiosperme,
visto che, secondo gli evoluzionisti, la transizione da una specie ad
un’altra è un fenomeno graduale e lentissimo, quasi
impercettibile; talmente impercettibile che - a dispetto del buon
senso, secondo il quale dovrebbe accadere il contrario - non si
trovano affatto queste benedette forme di transizione? Scrive il
giornalista Will Hart nel suo saggio «Darwin in soffitta. La
futile ricerca dell’anello mancante» (in: J. Douglas
Kenyon, «La storia proibita», Macro Edizioni, 2008, pp.
17-27; titolo originale: «Forbidden History», Bear &
Company, 2005):
«… il darwinismo sta cominciando
a manifestare […] segni di esaurimento e fatica. E a suonare
il rintocco funebre non sono solo i creazionisti. Lo stesso Darwin
era ben consapevole dei punti deboli della sua teoria. Definì
l’origine delle pianti capaci di fioritura”un abominevole
mistero”. Ed è un mistero che resta tuttora
insoluto. Nel corso di più di cento anni gli
scienziati hanno cercato assiduamente le tracce fossili del
cosiddetto “anello mancante” tra le forme vegetali
primitive prive di fioritura, senza riuscire a trovarle. Nel
frattempo sono invece emerse tutta una serie di contraddizioni
problematiche. Darwin aveva anticipato il problema in cui saremmo
incorsi in assenza di fossili di transizione (duplicazioni di
origine chimica di creature viventi).E all’epoca aveva
annotato: “Si tratta della più concreta obiezione che
può essere mossa a questa teoria”. Darwin non aveva
però potuto prevdre che si sarebbero via via manifestate molte
altre crepe, capaci di minacciare le fondamenta stesse della sua
ipotesi. Perché? Perché all’epoca di Darwin la
biochimica si trovava in una fase a dir poco embrionale,.
Difficilmente Darwin avrebbe mai potuto immaginare che nel giro
di un secolo dalla pubblicazione della sua “Origine delle
specie”, l’umanità sarebbe giunta alla scoperta
della struttura del DNA. Per uno dei tanti capricci del destino,
la prima bomba capace di provocare profondi squarci nelle trame
della teoria dell’evoluzione è stata sganciata
proprio da un biochimico. Nel suo “Darwin Black Box: The
Biochemical Challenge to Evolution”, Miachael Behe, professore,
ha puntato l’indice su alcuni strain risultati dei testi di
laboratorio. E in particolare si è concentrato su cinque
fenomeni: la coagulazione del sangue, le ciglia, il sistema
immunitario umano, il sistema di trasporto di materiale nelle cellule
e la sintesi dei nucleotidi, arrivando così a una
sconvolgente conclusione: si tratta di sistemi di tale
IRRIDUCIBILE COMPLESSITÀ che non è possibile ipotizzare
un percorso graduale darwiniano che, passo dopo passo, abbia
portato alla loro creazione. […] Il darwinismo è
l’unica teoria scientifica insegnata universalmente che
non abbia mai superato i rigorosi standard della scienza. Nonostante
ciò, i darwinisti affermano che il darwinismo non possa più
essere considerato una teoria, ma piuttosto una realtà
scientifica irrefutabile. Il problema non è la scelta
tra creazione biblica ed evoluzione. In realtà la faccenda si
riduce a un singolo interrogativo: la teoria di Darwin trova
conferma in prove scientifiche valide? Darwin sapeva che l’unico
modo di verificare i presupposti fondamentali della sua teoria
consisteva nella ricerca di tracce fossili. E questa ricerca è
proseguita senza soste fino a oggi […]. Grazie ai sedimenti
depositati sui fondali marini e lacustri delle più
antiche ere, possiamo disporre di una vasta biblioteca
geologica. E in tale biblioteca possiamo scovare piante
caratteristiche prive di fioritura e risalenti a trecento
milioni di ani fa e piante con fiori di cento milioni di anni
fa, tuttora viventi, ma NESSUNA forma vegetale che ci mostri il
processo GRADUALE di MUTAZIONE che dovrebbe invece essere
presente nel caso esistessero davvero specie intermedie capaci di
collegare le due categorie. Oggi non esiste nessuna specie
vivente di questo genere, né ne sono mai stati trovati
reperti fossili. Era questa la croce di Darwin. […] Tra
i darwinisti i veri credenti si sono a lungo interrogati circa
la mancanza di fossili transizionali. In definitiva il loro
ragionamento suona così: Devono per forza essere laggiù,
nascosti da qualche parte. Perché? Perché la teoria di
Darwin lo richiede! E così la ricerca va avanti. Non
sappiamo però quanto tempo ancora e quante altre spedizioni e
anni di ricerca ci vorranno prima che arrivino finalmente ad
ammettere che potrebbe anche esserci un valido motivo per
giustificare l’ASSENZA di tali fossili. I critici
controbattono che il motivo della mancanza di forme transizionali
è del tutto semplice: la teoria di Darwin non trova conferma
nei più rigorosi criteri scientifici giacché contiene
errori fatali. I suoi principi fondamentali non giungono
infatti a prevedere quello che si è dimostrato essere il
risultato di più di un centinaio di anni di ricerche: anelli
mancanti e non specie transazionali. Lo stesso Darwin si
aspettava critiche del genere nel caso non fosse stato
rinvenuto alcun fossile in rappresentanza di quell’elemento
indispensabile. I genetisti sono da tempo consapevoli che la
stragrande maggioranza delle mutazioni è neutrale o
negativa. In altri termini, le mutazioni ne rappresentano di soliti
degli errori, e sono u segno dell’incapacità del Dna di
replicare accuratamente le informazioni. Sembrerebbe proprio che
questo non sia un meccanismo fondamentale molto affidabile, e
deve esserlo, giacché la selezione naturale ovviamente non
rappresenta una forza dinamica capace di produrre quel genere di
cambiamenti che gli evoluzionisti attribuiscono alla teoria. […] La
selezione naturale non avrebbe imposto mai a una gimnosperma, per
esempio una felce, di mutare improvvisamente e dotarsi di una nuova
struttura che avrebbe richiesto gran parte gran parte
delle’’energia della pianta stessa senza avere peraltro
alcuno scopo. Per dirla altrimenti, le piante prive di fiori non
possono gradualmente aver sviluppato le parti fiorifere un po’
alla volta nel corso di dieci milioni di anni fino ad avere degli
organi sessuali perfettamente sviluppati e funzionali. Ciò
sarebbe infatti contrario alla stessa legge di selezione naturale
di Darwin, ovvero la sopravvivenza della specie meglio
adattata. […] Il vecchio paradigma sta incominciando a
lasciare spazio a nuove teorie e modelli, come quelli del disegno
intelligente e dell’intervento extraterrestre. […] Restiamo
in attesa di una nuova teoria, più completa, capace di
spiegare i che modo la vita ebbe inizio, mutò e continuò
a evolversi; nel frattempo dobbiamo constatare che, per dirla
con le parole di Richard Milton, “Darwin è ormai pronto
per finire in soffitta”.»
Che dire? Per tentar
di frenare il crollo imminente della teoria evoluzionista e per
puntellarla in qualche modo, taluni scienziati, come il biologo
Stephen Jay Gould, per spiegare la mancanza di forme di transizione
hanno varato la sub-teoria degli “equilibri punteggiati”:
se la montagna, cioè i resti fossili degli “anelli
mancanti”, non va a Maometto, allora Maometto va alla montagna;
l’importante è preservare l’impianto generale
dell’evoluzionismo. Si tratta del tipico tentativo di
aggiustamento di un paradigma vacillante, un po’ come la teoria
degli epicicli e dei deferenti, elaborata dagli astronomi tolemaici e
rimasta in vigore fino al Rinascimento, tentava di conciliare
l’impianto generale del cosmo aristotelico, cioè il
geocentrismo, con l’imbarazzante fenomeno del moto retrogrado
apparente dei pianeti. Ogni volta che un paradigma scientifico si
avvia al tramonto, vi è una fase di passaggio, nella quale
alcuni esponenti del vecchio sapere si industriano per elaborare
teorie di compromesso, che permettano di integrare i nuovi dati e le
nuove acquisizioni scientifiche con la concezione generale
precedente, che, per la sua vetustà, nessuno osa mettere
apertamente in dubbio; perché ciò accada, bisogna che i
tempi siano maturi e che qualche studioso estraneo al vecchio
paradigma, e perciò privo di sentimenti reverenziali verso di
esso (o, magari, di interessi materiali da difendere), prenda
d’assalto la cittadella ormai indifendibile, provocando il
crollo delle ultime resistenze. È il destino di tutti i
paradigmi culturali: lo è anche nell’ambito del pensiero
politico. Chi non ricorda gli innumerevoli tentativi di aggiustamento
del paradigma marxista, da Kautsky e Bernstein, fino a Gramsci, a
Dubcek, alla “primavera di Praga” e all’eurocomunismo
di Berlinguer e Carrillo, per non parlare della “perestrojka”
di Gorbaciov? Eppure, quelli che allora sembrarono dei coraggiosi
tentativi di aggiornamento e di riforma di un sistema ritenuto, nel
suo complesso, pur sempre giusto e valido, appaiono oggi poco più
che delle semplici curiosità storiche, anzi, antiquarie. Siamo
convinti che un destino analogo attenda sia l’evoluzionismo
darwiniano che la psicanalisi freudiana; siamo convinti, cioè,
che sorgeranno ben presto delle poderose teorie radicalmente
alternative a quei due paradigmi, i quali, peraltro, si sono
intrufolati abusivamente nell’ambito nelle verità
scientifiche, visto che né l’uno, né l’altro
hanno mai superato gli “esami” per venire promossi a uno
statuto diverso da quello di semplici teorie. Del resto, che gli
evoluzionisti “ortodossi” siano ridotti ormai ala
disperazione, lo prova la scelta dell’ultima trincea, nella
quale hanno deciso di arroccarsi a difesa: se la nostra teoria è
sbagliata, essi dicono, volete allora spalancare le porte
all’oscurantismo religioso fondamentalista, ossia al
creazionismo letteralista della Bibbia? Il che è un modo
tanto palese, quanto indebito, di spostare la discussione dal suo
terreno naturale, quello della scienza, ad un terreno che le è
del tutto estraneo, quello della polemica ideologica, per mezzo di
qualcosa che è molto simile ad un ricatto. Infatti, non
tocca agli scienziati discutere se il creazionismo sia preferibile
all’evoluzionismo; ad essi compete solo di pronunciarsi circa
la solidità dei fondamenti scientifici dell’evoluzionismo.
Se tali fondamenti risultano insufficienti, allora bisogna
riconoscere che la teoria di Darwin si regge sul vuoto e che deve
essere messa fra parentesi. E non si dica che non bisogna gettare
a mare ciò che si possiede, prima di aver trovato qualcosa
d’altro con cui sostituirlo, perché questo non sarebbe
un ragionamento scientifico, ma un sofisma ideologico. In
realtà, gli evoluzionisti sanno benissimo che l’alternativa
vera non è fra creazionismo e darwinismo, ma fra quest’ultimo
e qualche altra teoria scientifica, più capace di render
ragione del fenomeno della complessità delle forme viventi e
della mirabile armonia che le caratterizza: a cominciare da quel
finalismo in cui fermamente credevano i “filosofi naturali”
dell’antichità e del medioevo, ma che, da Galilei e
Cartesio in poi, è stato sbrigativamente liquidato come non
scientifico dai propugnatori della cosiddetta Nuova Scienza.
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