Selezione Naturale Sì,
Evoluzione “Non ci Pensiamo Neanche”
Persiste
una certa ignoranza nel mondo degli evoluzionisti riguardo al
rapporto fra la selezione naturale e l’evoluzione e a quello
che credono i creazionisti sulla selezione naturale. Se consideriamo
il mio precedente articolo Selezione Naturale, un’idea
“presa in prestito” da Darwin
,http://www.origini.info/articolo.asp?id=470
abbiamo un buon punto di partenza per spiegare la posizione
creazionista per quanto riguarda la selezione naturale. La selezione
naturale è stata proposta e documentata prima di Charles
Darwin dal creazionista, chimico e zoologo inglese Edward Blyth
(1810-1873), autore di tre importanti articoli sulla selezione
naturale pubblicati ne La Rivista di Storia Naturale dal 1835
al 1837.1
Il
creazionista accetta senza riserva la selezione naturale come il
meccanismo che porta alla variazione all’interno della specie
secondo pressioni ambientali, alimentari ed altro. Shock! Spesso
l’evoluzionista rimane stupito da questa affermazione e, senza
pensare, dice poi che i creazionisti “sono costretti ad
ammettere che un po’ di evoluzione c'è stato”,
perché rimangono prevenuti, accecati dai loro pregiudizi.
Spero che questo articolo possa chiarire non solo le acque, ma anche
le idee!
Chiedo
all’evoluzionista, ai fini di questa discussione, di concedere
la possibilità che Dio abbia creato l’uomo e ogni altra
forma di vita, e con questo un patrimonio genetico vasto per ogni
specie biblica. Qui la specie biblica va considerata come un
archetipo, denominata baramina, considerata più simile
a un livello intermedio fra il genus e la famiglia del sistema
linneano. La posizione di fede nell’atto creativo di Dio si
potrebbe comparare alla posizione di fede evoluzionista sulla
abiogenesi, detta anche evoluzione chimica, che non è mai
stata adeguatamente spiegata ... per ora non entro nell’impossibilità
di questa posizione, che è ampiamente documentata.2
, 3
Segue
la visione creazionista per la genetica, la speciazione e la
variazione delle forme di vita.
Il
punto di partenza: un patrimonio genetico vasto, senza errori né
mutazioni. Le specie (baramina) bibliche possiedono l’informazione
genetica per ogni variazione che si osserva nella storia dei fossili
e nel mondo vivente odierno.
Subentra
l’imperfezione nel creato come conseguenza della disubbidienza
dell’uomo e con questo inizia la degenerazione. Si può
anche dire che l’effetto della 2° legge della
termodinamica, l’entropia, inizia a manifestarsi, anche al
livello molecolare genetico che si potrebbe considerare un’entropia
genetica.4
In
ogni generazione le mutazioni si accumulano e il tasso di mutazione
aumenta.
Le
mutazioni risultano sempre in una perdita di informazione genetica5,
espressa nel fenotipo come una perdita di funzione (che in
alcuni casi potrebbe addirittura offrire un vantaggio, come nel caso
di insetti senza ali su un’isola esposta al vento, o di pesci
senza occhi in una caverna buia). Al contrario, l’evoluzione
richiede la generazione dalle mutazioni di nuove informazioni
genetiche che creano nuove funzioni. La realtà è ben
diversa e i dati empirici confermano che le mutazioni non creano mai
nuove informazioni.
La
selezione naturale favorisce alcune caratteristiche genetiche
pre-esistenti in una popolazione, eliminando dei geni dal
patrimonio genetico e aiutando così la popolazione ad
adattarsi al suo ambiente.
La
selezione naturale si sovrappone alle mutazioni (in gran parte
dannose), e tende ad eliminare la variazione genetica e non a
favorirla, come è stato bene espresso da Shapiro: “È
stata una sorpresa scoprire con quale precisione le cellule si
proteggono proprio contro i cambiamenti genetici accidentali che
sarebbero la fonte della variabilità evolutiva, secondo la
teoria tradizionale... Dedicano molte risorse a sopprimere la
variazione genetica casuale”.6
Così la selezione
naturale sarebbe il nemico dell’evoluzione e non il suo
meccanismo, perché tende a mantenere la stasi.
Quello
che risulta realmente dalla selezione naturale è un
impoverimento del patrimonio genetico. È proprio questo
impoverimento che porta alla variazione delle specie derivate
dell’originale baramina (sottogruppi del genoma parentale).
L’isolamento di piccoli gruppi dalla popolazione parentale
darebbe una spinta alla selezione naturale, portando a proli con
caratteristiche del fenotipo assai diverse dalla popolazione
parentale, anche in tempi sorprendentemente brevi (per il biologo
attualista).7
Secondo la definizione
di specie di E. Mayer, se questi non riescono ad incrociarsi con la
popolazione parentale risultano in una nuova specie. Va ribadito che
questa variazione rimane all’interno e mai oltre limiti molto
ben definite dalla specie, perché non è stata
aggiunta alcuna informazione genetica nuova. I fringuelli
producono altre specie di fringuelli, le zanzare altre specie di
zanzare.8
Punto. Non ci sono
eccezioni.
Rivediamo
in una tabella le differenze fra l’evoluzione e la selezione
naturale:
Se
ora poniamo la domanda se l’evoluzione equivalga alla selezione
naturale, possiamo rispondere con chiarezza che questi due termini
non si possono scambiare perché rappresentano meccanismi
completamente diversi. Troppo spesso gli evoluzionisti fanno il gioco
dell’equivoco, in gran parte senza neanche rendersene conto.
Per una minoranza, però, l’intenzione subdola è
chiara. La distinzione è stata ampiamente evidenziata dal Dr
John Endler, ma ignorata dagli evoluzionisti, nonostante citino
frequentemente altri aspetti del lavoro di Endler.
”La
selezione naturale non deve essere equiparata all’evoluzione,
anche se sono strettamente collegate”.9
Endler cerca di avvertire
i suoi lettori che la confusione dei termini non è limitata al
livello laico, ma si trova anche nella comunità scientifica:
“Il termine ‘selezione naturale’ ha un significato
diverso per diverse persone, cosa che spesso porta a una confusione
nelle pubblicazioni”.10
“Pertanto
la selezione naturale potrebbe influenzare l’ordine
dell’origine della combinazione di caratteristiche, nonostante
non spieghi il meccanismo delle loro origini”.11
Sovente
questi due meccanismi vengono soprannominati, anche da parte di
creazionisti, “microevoluzione” per la selezione naturale
e “macroevoluzione” per l’evoluzione. È
fortemente sconsigliato l’uso di questi termini, perché
tendono ad insinuare che la microevoluzione sia una “versione
mini” dell’evoluzione. Questo non è assolutamente
vero, e non è bene neanche dare luogo al sospetto che la
selezione naturale possa essere equiparata all’evoluzione o che
nel tempo essa possa portare all’evoluzione.
Le
osservazioni empiriche della selezione naturale, sia da parte di
biologi molecolari nel studio della genetica e le mutazioni, sia
dallo studio delle variazioni delle specie da parte di paleontologi e
biologi, concordano pienamente con il modello creazionista di una
partenza da un patrimonio genetico molto ampio, seguito da un
impoverimento dello stesso. Questo spiega non solo la speciazione, ma
anche le patologie che risultano dalle mutazioni e dal degrado
costante del genoma. Anche nel campo della biochimica, si evince che
la complessità della rete metabolica trascende ogni
spiegazione darwiniana. La biologia non necessita dell’ipotesi
dell’evoluzione per progredire.
“In
realtà, negli ultimi 100 anni, quasi tutta la biologia è
andata avanti indipendentemente dall’evoluzione, eccetto la
biologia evolutiva stessa. La biologia molecolare, la biochimica, la
fisiologia non hanno affatto considerato l’evoluzione”.12
“L’evoluzione
darwiniana – quali che siano le altre sue virtù –
non fornisce un’euristica vantaggiosa alla biologia
sperimentale”.13
Ricapitoliamo
le caratteristiche della selezione naturale:
La
selezione naturale è un fatto, riconosciuto dai creazionisti
anche prima di Darwin.
La
selezione naturale favorisce alcune caratteristiche genetiche
pre-esistenti in una popolazione, eliminando dei geni dal
patrimonio genetico, aiutando così la popolazione ad
adattarsi al suo ambiente.
La
selezione naturale può portare a nuove specie all’interno
dei limiti del baramina originale.
La
selezione naturale in sé non genera alcuna nuova
informazione genetica. Gli adattamenti sono il mero risultato
della selezione naturale che agisce sulle informazioni genetiche
pre-esistenti.
In
conclusione, la selezione naturale non può essere considerata
evoluzione, né i due termini possono essere interscambiati. Se
dunque la selezione naturale, la variazione delle specie, la
biologia, la biologia molecolare e la biochimica non necessitano
dell’evoluzione per progredire, quale ruolo rimane per
l’evoluzione? Nessuno. Dovrà prendere il suo giusto
posto, quello di una mera ipotesi. Una volta abbattuto il piedistallo
dell’evoluzione, possiamo poi studiare la selezione naturale
nella giusta prospettiva.
1Blyth,
E., The Magazine of Natural History Volumi 8, 9
and 10, 1835–1837. Fonte: Bibliografia 5, Appendici.
2Hoyle,
F., The big bang in astronomy, New Scientist 92(1280):527,
November 19, 1981.
3F.
Hoyle and C. Wickramasinghe, Evolution from Space, pg 130.
4Dr.J.C.Sanford
(inventore del ‘gene gun’), Genetic Entropy & The
Mystery of the Genome, FMS Publications, 3rd Ed., 2008, p.27.
6James
A. Shapiro, A Third Way, Boston Review: Is Darwin in the Details? A
Debate, http://www.bostonreview.net/br22.1/shapiro.html
7Morell,
V., Predator-free guppies take an evolutionary leap forward, Science
275(5308):1880, 1997.
8K.Byrne,
R.Nichols, Culex pipiens in London Underground tunnels:
differentiation between surface and subterranean populations,
Heredity (1999) 82, 7–15.
9Endler,
John A., Natural Selection in the Wild, Princeton University Press,
New Jersey, USA, 1986, p.8.
12Dr
Marc Kirschner, presidente fondatore del Reparto dei Sistemi
Biologici, Harvard Medical School, The Boston Globe, 23
Ottobre 2005.
13Philip
S. Skell, Professore Emerito della Pennsylvania State University e
membro dell’Accademia Nazionale delle Scienze, ‘Perché
invochiamo Darwin? La teoria dell’evoluzione contribuisce ben
poco alla biologia sperimentale’, The Scientist
19(16):10, 29 Agosto 2005.
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