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SELEZIONE NATURALE SI, EVOLUZIONE, “NON CI PENSIAMO NEANCHE”
di S. Bertolini e G. Allen - 27/01/12 -
 

Selezione Naturale Sì, Evoluzione “Non ci Pensiamo Neanche”

Persiste una certa ignoranza nel mondo degli evoluzionisti riguardo al rapporto fra la selezione naturale e l’evoluzione e a quello che credono i creazionisti sulla selezione naturale. Se consideriamo il mio precedente articolo Selezione Naturale, un’idea “presa in prestito” da Darwin ,http://www.origini.info/articolo.asp?id=470 abbiamo un buon punto di partenza per spiegare la posizione creazionista per quanto riguarda la selezione naturale. La selezione naturale è stata proposta e documentata prima di Charles Darwin dal creazionista, chimico e zoologo inglese Edward Blyth (1810-1873), autore di tre importanti articoli sulla selezione naturale pubblicati ne La Rivista di Storia Naturale dal 1835 al 1837.1

Il creazionista accetta senza riserva la selezione naturale come il meccanismo che porta alla variazione all’interno della specie secondo pressioni ambientali, alimentari ed altro. Shock! Spesso l’evoluzionista rimane stupito da questa affermazione e, senza pensare, dice poi che i creazionisti “sono costretti ad ammettere che un po’ di evoluzione c'è stato”, perché rimangono prevenuti, accecati dai loro pregiudizi. Spero che questo articolo possa chiarire non solo le acque, ma anche le idee!



Chiedo all’evoluzionista, ai fini di questa discussione, di concedere la possibilità che Dio abbia creato l’uomo e ogni altra forma di vita, e con questo un patrimonio genetico vasto per ogni specie biblica. Qui la specie biblica va considerata come un archetipo, denominata baramina, considerata più simile a un livello intermedio fra il genus e la famiglia del sistema linneano. La posizione di fede nell’atto creativo di Dio si potrebbe comparare alla posizione di fede evoluzionista sulla abiogenesi, detta anche evoluzione chimica, che non è mai stata adeguatamente spiegata ... per ora non entro nell’impossibilità di questa posizione, che è ampiamente documentata.2 , 3





Segue la visione creazionista per la genetica, la speciazione e la variazione delle forme di vita.

  • Il punto di partenza: un patrimonio genetico vasto, senza errori né mutazioni. Le specie (baramina) bibliche possiedono l’informazione genetica per ogni variazione che si osserva nella storia dei fossili e nel mondo vivente odierno.

  • Subentra l’imperfezione nel creato come conseguenza della disubbidienza dell’uomo e con questo inizia la degenerazione. Si può anche dire che l’effetto della 2° legge della termodinamica, l’entropia, inizia a manifestarsi, anche al livello molecolare genetico che si potrebbe considerare un’entropia genetica.4

  • In ogni generazione le mutazioni si accumulano e il tasso di mutazione aumenta.

  • Le mutazioni risultano sempre in una perdita di informazione genetica5, espressa nel fenotipo come una perdita di funzione (che in alcuni casi potrebbe addirittura offrire un vantaggio, come nel caso di insetti senza ali su un’isola esposta al vento, o di pesci senza occhi in una caverna buia). Al contrario, l’evoluzione richiede la generazione dalle mutazioni di nuove informazioni genetiche che creano nuove funzioni. La realtà è ben diversa e i dati empirici confermano che le mutazioni non creano mai nuove informazioni.

  • La selezione naturale favorisce alcune caratteristiche genetiche pre-esistenti in una popolazione, eliminando dei geni dal patrimonio genetico e aiutando così la popolazione ad adattarsi al suo ambiente.



  • La selezione naturale si sovrappone alle mutazioni (in gran parte dannose), e tende ad eliminare la variazione genetica e non a favorirla, come è stato bene espresso da Shapiro: “È stata una sorpresa scoprire con quale precisione le cellule si proteggono proprio contro i cambiamenti genetici accidentali che sarebbero la fonte della variabilità evolutiva, secondo la teoria tradizionale... Dedicano molte risorse a sopprimere la variazione genetica casuale”.6 Così la selezione naturale sarebbe il nemico dell’evoluzione e non il suo meccanismo, perché tende a mantenere la stasi.

  • Quello che risulta realmente dalla selezione naturale è un impoverimento del patrimonio genetico. È proprio questo impoverimento che porta alla variazione delle specie derivate dell’originale baramina (sottogruppi del genoma parentale). L’isolamento di piccoli gruppi dalla popolazione parentale darebbe una spinta alla selezione naturale, portando a proli con caratteristiche del fenotipo assai diverse dalla popolazione parentale, anche in tempi sorprendentemente brevi (per il biologo attualista).7 Secondo la definizione di specie di E. Mayer, se questi non riescono ad incrociarsi con la popolazione parentale risultano in una nuova specie. Va ribadito che questa variazione rimane all’interno e mai oltre limiti molto ben definite dalla specie, perché non è stata aggiunta alcuna informazione genetica nuova. I fringuelli producono altre specie di fringuelli, le zanzare altre specie di zanzare.8 Punto. Non ci sono eccezioni.

Rivediamo in una tabella le differenze fra l’evoluzione e la selezione naturale:



Se ora poniamo la domanda se l’evoluzione equivalga alla selezione naturale, possiamo rispondere con chiarezza che questi due termini non si possono scambiare perché rappresentano meccanismi completamente diversi. Troppo spesso gli evoluzionisti fanno il gioco dell’equivoco, in gran parte senza neanche rendersene conto. Per una minoranza, però, l’intenzione subdola è chiara. La distinzione è stata ampiamente evidenziata dal Dr John Endler, ma ignorata dagli evoluzionisti, nonostante citino frequentemente altri aspetti del lavoro di Endler.



La selezione naturale non deve essere equiparata all’evoluzione, anche se sono strettamente collegate”.9 Endler cerca di avvertire i suoi lettori che la confusione dei termini non è limitata al livello laico, ma si trova anche nella comunità scientifica: “Il termine ‘selezione naturale’ ha un significato diverso per diverse persone, cosa che spesso porta a una confusione nelle pubblicazioni”.10

Pertanto la selezione naturale potrebbe influenzare l’ordine dell’origine della combinazione di caratteristiche, nonostante non spieghi il meccanismo delle loro origini”.11

Sovente questi due meccanismi vengono soprannominati, anche da parte di creazionisti, “microevoluzione” per la selezione naturale e “macroevoluzione” per l’evoluzione. È fortemente sconsigliato l’uso di questi termini, perché tendono ad insinuare che la microevoluzione sia una “versione mini” dell’evoluzione. Questo non è assolutamente vero, e non è bene neanche dare luogo al sospetto che la selezione naturale possa essere equiparata all’evoluzione o che nel tempo essa possa portare all’evoluzione.

Le osservazioni empiriche della selezione naturale, sia da parte di biologi molecolari nel studio della genetica e le mutazioni, sia dallo studio delle variazioni delle specie da parte di paleontologi e biologi, concordano pienamente con il modello creazionista di una partenza da un patrimonio genetico molto ampio, seguito da un impoverimento dello stesso. Questo spiega non solo la speciazione, ma anche le patologie che risultano dalle mutazioni e dal degrado costante del genoma. Anche nel campo della biochimica, si evince che la complessità della rete metabolica trascende ogni spiegazione darwiniana. La biologia non necessita dell’ipotesi dell’evoluzione per progredire.

In realtà, negli ultimi 100 anni, quasi tutta la biologia è andata avanti indipendentemente dall’evoluzione, eccetto la biologia evolutiva stessa. La biologia molecolare, la biochimica, la fisiologia non hanno affatto considerato l’evoluzione”.12

L’evoluzione darwiniana – quali che siano le altre sue virtù – non fornisce un’euristica vantaggiosa alla biologia sperimentale”.13

Ricapitoliamo le caratteristiche della selezione naturale:

  1. La selezione naturale è un fatto, riconosciuto dai creazionisti anche prima di Darwin.

  2. La selezione naturale favorisce alcune caratteristiche genetiche pre-esistenti in una popolazione, eliminando dei geni dal patrimonio genetico, aiutando così la popolazione ad adattarsi al suo ambiente.

  3. La selezione naturale può portare a nuove specie all’interno dei limiti del baramina originale.

  4. La selezione naturale in sé non genera alcuna nuova informazione genetica. Gli adattamenti sono il mero risultato della selezione naturale che agisce sulle informazioni genetiche pre-esistenti.

In conclusione, la selezione naturale non può essere considerata evoluzione, né i due termini possono essere interscambiati. Se dunque la selezione naturale, la variazione delle specie, la biologia, la biologia molecolare e la biochimica non necessitano dell’evoluzione per progredire, quale ruolo rimane per l’evoluzione? Nessuno. Dovrà prendere il suo giusto posto, quello di una mera ipotesi. Una volta abbattuto il piedistallo dell’evoluzione, possiamo poi studiare la selezione naturale nella giusta prospettiva.



1Blyth, E., The Magazine of Natural History Volumi 8, 9 and 10, 1835–1837. Fonte: Bibliografia 5, Appendici.

2Hoyle, F., The big bang in astronomy, New Scientist 92(1280):527, November 19, 1981.

3F. Hoyle and C. Wickramasinghe, Evolution from Space, pg 130.

4Dr.J.C.Sanford (inventore del ‘gene gun’), Genetic Entropy & The Mystery of the Genome, FMS Publications, 3rd Ed., 2008, p.27.

5Bibliografia 4.

6James A. Shapiro, A Third Way, Boston Review: Is Darwin in the Details? A Debate, http://www.bostonreview.net/br22.1/shapiro.html

7Morell, V., Predator-free guppies take an evolutionary leap forward, Science 275(5308):1880, 1997.

8K.Byrne, R.Nichols, Culex pipiens in London Underground tunnels: differentiation between surface and subterranean populations, Heredity (1999) 82, 7–15.

9Endler, John A., Natural Selection in the Wild, Princeton University Press, New Jersey, USA, 1986, p.8.

10Bibliografia 9, p.8.

11Bibliografia 9, p.246.

12Dr Marc Kirschner, presidente fondatore del Reparto dei Sistemi Biologici, Harvard Medical School, The Boston Globe, 23 Ottobre 2005.

13Philip S. Skell, Professore Emerito della Pennsylvania State University e membro dell’Accademia Nazionale delle Scienze, ‘Perché invochiamo Darwin? La teoria dell’evoluzione contribuisce ben poco alla biologia sperimentale’, The Scientist 19(16):10, 29 Agosto 2005.

 

Sito a cura dell'A.I.S.O. Associazione Italiana Studi sulle Origini - aggiornato il 31/01/2014 

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