Una
volta, c’era l’esperimento di Miller
Se si
dovesse consultare l’odierna letteratura evoluzionista, dove si
parla dell’origine della vita, quasi certamente ci si
imbatterebbe in fautori dell’evoluzione che citano
l’“Esperimento di Miller” come la più grande
prova delle loro tesi. Molti libri di testo di biologia, in molti
paesi, informano gli studenti dell’importanza di questo
esperimento, e di come avesse “fatto luce” sul problema
delle origini della vita. Più spesso, però, non ne
vengono forniti i dettagli; cosa l’esperimento produsse e fino
a che punto fu davvero “fatta luce” resta un mistero.
Per fare
chiarezza su questo esperimento, vediamo di riassumerne i punti
rilevanti, già spiegati in dettaglio in un altro nostro libro.
Nel 1953, Stanley Miller, uno studente laureatosi alla Facoltà
di Chimica della Chicago University, sotto la supervisione del
suo insegnante, Harold Urey, compose una mistura di vari gas che,
secondo le sue supposizioni, rassomigliava all’atmosfera
esistente sulla Terra primordiale. In seguito, sottopose questa
mistura a una scarica elettrica per più di una settimana e,
come risultato, osservò che si erano sintetizzati alcuni
aminoacidi, presenti negli esseri viventi, insieme ad altri.
Gli
aminoacidi sono i “mattoni” delle proteine, che a loro
volta costituiscono il materiale fondamentale del corpo umano.
Centinaia di aminoacidi si uniscono in una serie particolare
all’interno di una cellula per produrre le proteine. In
altre parole, gli aminoacidi sono i componenti più piccoli di
qualsiasi cosa vivente.
Per questa
ragione, il fatto che Stanley Miller avesse sintetizzato degli
aminoacidi causò grande emozione tra gli evoluzionisti. E così
nacque la leggenda dell’“esperimento di Miller”,
che durò poi per decenni.
Tuttavia,
un po’ alla volta, ci si accorse che dopotutto l’esperimento
non era valido. Negli anni ’70 venne infatti provato che
l’atmosfera della Terra primordiale era essenzialmente composta
di azoto e anidride carbonica, e che non conteneva i gas metano
e ammoniaca che Miller usò nel suo esperimento. Con
questo si dimostrò che lo scenario creato da Miller era
insostenibile, dato che N e CO2 non sono idonei per la
formazione degli aminoacidi. Un articolo del 1998 della rivista
geologica Earth, sintetizzò il tutto:
Al giorno
d’oggi lo scenario di Miller viene valutato con apprensione.
Una delle ragioni è che i geologi adesso pensano che
l’atmosfera primordiale consistesse principalmente di anidride
carbonica ed azoto, che sono gas meno reattivi di quelli usati
nell’esperimento del 1953.
Nello
stesso anno, in un’altra ben nota rivista scientifica, il
National Geographic, venne scritto:
Molti
scienziati ora sospettano che l’atmosfera iniziale fosse
differente da quella che Miller aveva supposto inizialmente. Essi
pensano che consistesse di anidride carbonica e azoto, piuttosto che
di idrogeno, metano e ammoniaca. Questa è una brutta notizia
per i chimici. Quando proveranno a stimolare anidride carbonica e
azoto, otterranno solo una quantità irrisoria di
molecole organiche.
Nel 1995,
in uno storico articolo sulla rivista Science, John Cohen ne
diede un’illuminante interpretazione, affermando che gli
scienziati alla ricerca delle origini della vita non tengono conto
dell’esperimento di Miller. E ne spiegò le ragioni come
segue: “l’atmosfera iniziale non era affatto come
quella simulata da Miller”.
Un altro
fatto che invalidò l’esperimento di Miller
fu che venne accertato che l’atmosfera primordiale era ricca di
ossigeno. Questo minò del tutto sia l’esperimento di
Miller che altri scenari chimici evoluzionisti, considerando che
l’ossigeno ha la speciale abilità di ossidare –
cioè bruciare – tutte le molecole organiche. Nel
corpo umano, questo pericolo viene evitato per mezzo di speciali
sistemi di enzimi. In natura, è impossibile per una molecola
organica libera evitare l’ossidazione.
Per
decenni, nonostante tutti questi fatti, l’esperimento di
Miller, come abbiamo detto, fu pubblicizzato come una spiegazione
molto importante delle origini della vita. Nei loro libri di testo,
venne detto agli studenti che “Miller mostrò come
possono essere sintetizzati dei composti organici ” oppure
“Miller dimostrò come si formarono le prime cellule”.
Come
risultato, molte persone istruite hanno un’opinione sbagliata
al riguardo. Ad esempio, in alcuni articoli che trattano la teoria
dell’evoluzione, si possono leggere delle affermazioni del
genere: “combinando e facendo bollire materia organica
come gli aminoacidi o le proteine, viene prodotta la vita”.
Questa è probabilmente la superstizione instillata nelle menti
di alcuni dall’esperimento di Miller. La verità è
che tale cosa non è stata mai accertata. Come è già
stato spiegato in precedenza, questo esperimento, che cercò di
spiegare come si formano gli aminoacidi e addirittura l’origine
della vita, viene al giorno d’oggi segnalato come non più
attuale e infondato. Ha subito la stessa fine della cosiddetta prova
dell’abiogenesi di Jan Baptista van Helmont basata sulle larve
della carne, o dell’esperimento di Athanasius Kircher.
Nel suo
libro Algeny: A New World—A New World [Algenia: un mondo
nuovo– un mondo nuovo], Jeremy Rifkin fa lo stesso
paragone, dicendo che se gli scienziati si fossero preoccupati di
controllare anche il loro più lieve sospetto, si sarebbero
subito accorti che l’esperimento di Miller non era altro che
una storiella di fantasia scientifica, proprio come quelle degli
scienziati che precedentemente, basandosi sull’osservazione
delle larve che affioravano dalla spazzatura, avevano affermato che
la vita emergeva dalla materia inerte.
Coloro che
credono che l’esperimento di Miller abbia portato a importanti
risultati, non comprendono questo punto importante: Miller condusse
il suo esperimento in condizioni prodotte artificialmente da lui
stesso, condizioni che non avevano niente a che fare con l’atmosfera
della Terra primordiale; in tal modo l’esperimento fu condotto
in condizioni non valide. Ancora più importante è il
fatto che tale esperimento sintetizzò solamente degli
aminoacidi. La formazione degli aminoacidi in qualche modo non indica
la creazione della vita.
Se
paragoniamo una cellula vivente a una grande fabbrica, gli aminoacidi
sono i mattoni dell’edificio. È di vitale importanza
come questi mattoni siano disegnati e sistemati. Finora nessun
esperimento ha dimostrato come gli aminoacidi abbiano avuto origine
spontaneamente, oppure come si siano organizzati per caso in modo da
produrre una proteina funzionale. Per formare una cellula vivente, un
complesso meccanismo deve essere totalmente in atto: centinaia di
proteine differenti, codici DNA ed enzimi per leggerli, nonché
una membrana che sia selettivamente permeabile. Non è mai
stata dimostrata, però, la possibilità di questa
“evoluzione chimica”. Inoltre, credere in questa
possibilità è come credere nell’impossibile. Paul
Davies, il noto fisico e scrittore di testi scientifici, ha espresso
un importante commento su questo argomento:
Alcuni
scienziati dicono: “Buttaci sopra dell’energia, ed essa
[la vita] nasce spontaneamente”. È un po’ come
dire: “Metti un tubo di dinamite sotto un mucchio di mattoni, e
bang!, hai costruito una casa!” Naturalmente non avrai una
casa, ma solo un casino. La difficoltà del tentativo di
spiegare l’origine della vita consiste nel dar conto di come
l’elaborata struttura organizzativa di queste complesse
molecole possa aver origine spontaneamente per una casuale immissione
di energia. Come si sono assemblate queste molecole specifiche tanto
complesse?
In effetti,
l’esempio di Davies contiene l’esatta soluzione al
problema dell’origine della vita. È ragionevole supporre
prima che una data casa sia stata costruita con un’esplosione,
e poi teorizzare su come ciò sia stato possibile? O è
più ragionevole credere che la casa sia il risultato di una
creazione e organizzazione superiore ? La risposta è ovvia.
Negli
ultimi venti anni, durante i quali si sono compresi i complessi
dettagli della vita, molti scienziati hanno respinto il mito
dell’evoluzione chimica e iniziato a dare una nuova risposta
alle domande sulle origini della vita – la realtà
della Creazione.
Tratto
da: C’era una volta il darwinismo
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