La Chiesa antievoluzionista
Francesco D’Alpa. Catania,
Laiko.it Editore 2007, pp. 95, € 6,00,
È quasi sconcertante notare come una
qualsiasi “apertura” della Chiesa venga prontamente
celebrata, soprattutto dai mass media, come segno di progresso
e di adeguamento al corso dei tempi, ignorando sistematicamente il
fatto che ciò avviene contraddicendo in maniera palese una
struttura dogmatico-ideologica proclamata come intoccabile fino a
qualche secondo prima (ma considerandola nientemeno che la
“verità” per antonomasia) e molto spesso con
parecchio ritardo, più che altro sulla spinta dell’avanzamento
delle conoscenze scientifiche raggiunte proprio in opposizione alla
verità di fede e al suo “metodo”.
Questo sintetico ma corposo e suggestivo saggio –
che spazia in maniera còlta tra testi sacri, atti vaticani,
apologetica, esegesi e catechismo – illustra il tortuoso
percorso attraverso il quale la Chiesa ha apparentemente aperto alla
concezione evoluzionistica, da una parte rigettando di fatto il
principio di “inerranza” assoluta della Bibbia sulla
quale ha basato per almeno un millennio la sua autorità;
dall’altra, in nome di interpretazioni allegoriche spesso di
comodo o estremamente forzate, inaugurando quella che l’autore
in maniera azzeccata chiama «teologia tampone» –
che in realtà è quella stessa attitudine relativista
imputata alla scienza e alla miscredenza. Tant’è che
D’Alpa si chiede: «Se infatti la tradizione
magisteriale può parimenti convalidare conclusioni
radicalmente opposte su argomentazioni così vicine al cuore
del cattolicesimo, come si può credere che la dottrina si
fondi su una “verità” assoluta?».
Il testo parte dal racconto della creazione esposto
nel Genesi, che è stato considerato assolutamente
veritiero fino al XVIII-XIX secolo, quando l’incalzare del
modernismo (Wellhausen, Bonaiuti) e dell’evoluzionismo di
Darwin ha costretto a una revisione. La Commissione Biblica istituita
nel 1909 da Pio IX ha respinto le interpretazioni moderniste, «ma
è anche attenta a preparare una via di fuga per il futuro»,
in vista di accomodamenti futuri, sulla base dell’interpretazione
“allegorica” di certi passi o singole parole.
Interessanti le disamine sul rapporto tra anima e
corpo di fronte all’incalzare delle scienze e sui rapporti tra
evoluzionismo, mutazionismo e creazionismo (che gli stessi cattolici
oggi imputano ai fondamentalisti protestanti). Il modo con cui il
magistero vaticano si confronta con l’evoluzionismo è
quanto mai ambiguo: parte dall’assoluta rigidità
dell’enciclica Provvidentissimus Deus del 1893 ed è
via via obbligato ad accettare limitatamente (e con un certo
fastidio, verrebbe da dire) l’analisi moderna e scientifica, ma
al momento stesso – in maniera contraddittoria – sancendo
sempre e comunque il carattere divino delle Scritture e caldeggiando,
se non imponendo di fatto, un certo controllo sullo studio e sulla
lettura delle stesse. Di fatto, nella catechesi e nelle affermazioni
più “informali” dirette alle masse, le posizioni
della Chiesa sono molto arretrate, tanto che il massimo che è
riuscito a concedere Giovanni Paolo II, di fronte ai risultati
scientifici ormai fin troppo palesi, è che «la teoria
dell’evoluzione dell’uomo non può considerarsi una
mera ipotesi». Questa “apertura” viene però
inficiata dalle idee secondo cui tra l’uomo e il mondo animale
esista una netta e inconciliabile separazione – una sorta di
«salto ontologico» – e secondo cui lo
“spirito” non sia frutto della materia a un certo grado
di evoluzione, ma che sia stato creato direttamente da Dio. Quindi
Giovanni Paolo II, confrontandosi con i progressi dell’evoluzionismo,
cerca «di delimitare ciò che è difendibile
senza dare l’impressione di una qualche concessione a una
scienza che viene comunque sempre denigrata in quanto “scientista”
e “materialista”». La teologia prova quindi ad
appropriarsi del linguaggio e delle conclusioni scientifiche moderne,
proprio utilizzando l’approccio del tanto vituperato
“modernismo” e di fatto glissando tranquillamente su
«quasi un secolo di radicale antidarwinismo». Ma
le contraddizioni rimangono, tanto che nel 2005 ad esempio il
cardinale Schönborn – uno degli esponenti più
importanti della Chiesa cattolica – in un’intervista al
New York Times, propende di fatto per l’Intelligent
Design.
In sostanza, nel confronto tra scienza e fede
cristiana, malgrado i cavillosi tentativi di conciliazione e gli
esercizi di contorsione teologica, l’accettazione
dell’evoluzionismo rimane «un evento catastrofico per
la Chiesa, perché le impone un cospicuo e non sempre facile
(né talora possibile) riallineamento dottrinale».
Rimangono infatti alcune questioni aperte, come la tempistica del
Genesi (ricondotta comodamente a “ere” e non più a
“giorni”) e il fatto che il mito biblico contenga
parecchi elementi inconciliabili con le evidenze scientifiche, o
altri riconducibili a teogonie “pagane”, oppure frutto di
intuizioni banali, che rispecchiano «solo casualmente alcune
tappe dell’evoluzione dell’universo». Pressanti
sono in particolare i problemi creati a livello teologico che
emergono accostando la creazione divina di Adamo ed Eva, cui è
ricondotta tutta l’umanità (monogenismo), agli studi
evolutivi, che invece descrivono varie tipologie di ominidi prima
dell’homo sapiens sapiens comunque capaci di maneggiare
strumenti e di elaborare un tipo di pensiero, seppur meno evoluto.
Mentre la teologia è costretta a «retrocedere dalla
“lettera” biblica, come un esercito in rotta che cerca di
riorganizzarsi attestandosi su posizioni meglio difendibili»,
l’evoluzionismo darwiniano trova ulteriori e sempre più
profonde conferme dagli studi interconnessi di svariate discipline
scientifiche, creando una dicotomia irrisolvibile con il Genesi.
L’Autore
Francesco D’Alpa (1952) è un
neurofisiologo clinico. Ha pubblicato saggi sulle apparizioni mariane
di Fatima, sull’antievoluzionismo e sul concetto cristiano di
anima.
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