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Il problema dei "giorni" in Genesi 1
di Gerhard F.Hasel - seconda parte
 
(traduzione di Francesco Mosca)  

IV.  IL GENERE LETTERARIO DI GENESI 1

1.  Introduzione 

Un commento sulla Genesi dello studioso evangelico Victor P. Hamilton (The Book of  Genesis, Grand Rapids 1990, vol. I, p. 56.) sostiene che i “giorni” di Genesi 1 non devono essere considerati figurativi o metaforici, ma giorni solari letterali di 24 ore. Essendo però un concordista liberale, egli si è già espresso a favore delle lunghe ere ed è interessato ad armonizzare il testo biblico con la scienza naturalistica moderna: come è possibile ciò?

Hamilton propone una “lettura letteraria” della Genesi, che gli permetta di capire i giorni della creazione letteralmente, però non come un resoconto cronologico di quante ore Dio investì nel suo progetto creativo, ma come un’analogia dell’attività creativa di Dio. Questo punto di vista della lettura letteraria, ma non storica, fu sviluppato da Charles H. Hummel, (“Interpreting Genesis 1”, Journal of the American Scientific Affiliation 38 (1986): 175-186; e, dello stesso autore: The Galileo Connection, Resolving Conflicts between Science and the Bible, Downers Grove 1986, p 214). Hummel crede che il “chi” e il “perché” della creazione siano importanti, ma non il “come” (seguendo Bernard Ramm). La teoria dell’analogia presuppone una comprensione del giorno letterale come una metafora, che usa il significato comunemente accettato della parola in un modo figurativo. La teoria dell’analogia rimuove lo schema dei sei giorni di lavoro e un giorno di riposo, trasformandolo in uno schema ampio di lavoro e riposo che si può applicare all’umanità.

Benché questa teoria sembri attraente, essa ignora i problemi letterari del contesto: non possiamo considerare “giorno”, per esempio, semplicemente come analogo a lavoro/riposo. Hummel è forzato (seguito da Hamilton) a definire nuovamente il genere letterario di Genesi 1, che per lui è una “narrazione semipoetica”. Questo rientra nell’ambito dell’approccio storico-culturale della creazione.

 

E’ evidente che la critica delle forme e il suo metodo interpretativo hanno grandemente influenzato gli studiosi concordisti liberali. Questa corrente di pensiero iniziò con Hermann Gunkel a cavallo fra il secolo XIX e XX. Gunkel pose la domanda: «I brani narrativi della Genesi sono storia o leggenda?». La sua premessa era che «tante cose riportate nella Genesi» … «sono in contrasto con la nostra migliore conoscenza». L’idea della “nostra migliore conoscenza” è un’ammissione, da parte di Gunkel, che una visione del mondo secondo il modello naturalistico evolutivo fornisce la norma autoritaria per determinare ciò che è storia o leggenda. Lui suggerì che il genere letterario di Genesi non è storico, ma “leggenda” (Cfr. H. Gunkel, The Legends  of Genesis, The Biblical Saga and History, New York 1964, p. 1). Gunkel fu il primo studioso liberale ad attribuire al resoconto della creazione riportato in Genesi, un genere letterario diverso da quello storico, non considerandolo come un resoconto dei fatti. Lo hanno poi seguito altri studiosi liberali, teologi neo ortodossi e, ora, anche alcuni ricercatori neo-evangelici.

Vedremo adesso alcuni esempi rappresentativi del genere letterario proposto per l’interpretazione della Genesi. Karl Barth, il padre della teologia neo-ortodossa, considera Genesi 1-2 come una “saga”, ovviamente non storica. S. H. Hooke, il leader della scuola del “mito rituale”, afferma che il resoconto della creazione della Genesi è una “liturgia di culto”. Gordon Wenham, uno studioso neo-evangelico, crede che si tratti di un “inno”. Walter Brueggmann, uno studioso liberale non concordista, afferma che si tratti di un “poema”. Claus Westermann, un critico delle forme, lo definisce una “narrazione”. Per John H. Stek, un concordista liberale, si tratta di una “narrazione metaforica”. Gerard Von Rad, un critico della tradizione, lo denomina una “dottrina”. Altri sostengono che è un “mito”, una “parabola”, un “racconto”, una “teologia”, una “allegoria”, ecc.. Ci sono alcune osservazioni fondamentali che possono essere fatte su questo spettro di opinioni.

1. Ovviamente, si è d’accordo che non c’è consenso sul genere letterario di Genesi 1; questo induce a pensare che una lettura non letterale di Genesi 1 possa essere preconcetta.

2. L’approccio del “genere letterario” è un altro modo per evitare che il resoconto della creazione della Genesi sia autoritativo nel rapporto fra scienza e Bibbia.

3. L’uso dell’approccio del “genere letterario” restringe il significato di Genesi 1 ad un modo di pensare che non richiede una lettura fattiva e storica di quello che avvenne, evitando che i lettori contemporanei siano informati sul “come”, “in che modo” e in “quali tempi” Dio creò il mondo. La Genesi desidererebbe semplicemente affermare, modo minimalista, che Dio è Creatore, dando a questa affermazione un significato teologico, non scientifico, che non ha effetto su come il mondo è stato  fatto e su come si è poi sviluppato.

2.  Genesi 1: letterale o figurativo?

Rimane ancora la domanda se Genesi 1 debba essere considerato letterale o figurativo. Spesso Genesi 1 viene considerato dagli studiosi come parte dell’unità più ampia di Genesi 1-11 ed in quel contesto bisognerebbe ricercarne la natura, il proposito e la funzione. E’ riconosciuto, infatti,  che questi capitoli all’inizio della Genesi presentano delle singolarità, cioè eventi che non si sono più ripetuti e che perciò non hanno una stretta analogia con l’esperienza presente.

In che modo lo storico moderno considera queste singolarità? La posizione accettata dalla storiografia moderna è basata sul principio dell’analogia, il quale dice che niente dell’esperienza passata può essere considerato storico, se non corrisponde all’esperienza presente. Un tale approccio è basato sul presupposto di una fondamentale uniformità fra l’esperienza umana attuale e gli eventi storici. Ma facendo così in modo radicale, significa negare storicità  alla maggior parte di Genesi 1-11. Può il principio dell’analogia e dell’uniformità essere considerato come la norma suprema per comprendere il passato? «Sorge un problema quando l’uniformità [fra passato e presente] diventa un principio universale che rende alcune evidenze inammissibili», scrive un sostenitore del principio dell’analogia e della moderna storiografia. La sua ammissione del problema richiede una grande cautela nell’applicare il principio di analogia uniforme.

Gli esseri umani conoscono molte esperienze della realtà presente che sono singolari e senza parallelo nel passato. Per esempio, trent’anni fa i primi esseri umani camminarono sulla Luna: questo non era mai successo prima. Un altro esempio è l’uso della bomba atomica nel 1945, una tale distruzione non si era mai verificata prima e rimane unica. Tante altre singolarità potrebbero essere menzionate.

Pensando a questi limiti del principio di analogia, ci si rende conto che non è giusto rigettare il racconto della creazione come non storico, solo perché non conosciamo alcuna analogia presente. Genesi 1 contiene singolarità che possono essere considerate così reali, storiche e concrete come le singolarità del presente, o del passato. Ci sono buone ragioni per sostenere che Genesi 1 è un resoconto fattuale dell’origine del mondo vivente. Il resoconto biblico è preciso, autentico e storico.

3.  Genesi 1 e la letteratura del passato

Se paragonato agli inni della Bibbia, ci si rende conto che il racconto della creazione non è un inno. Un esame delle parabole, della poesia e della liturgia cultuale mostra che il racconto della creazione non appartiene a nessuno di questi tipi; se paragonato a diversi altri tipi di forme letterarie, il racconto della creazione non è neppure una metafora, né un racconto: niente del genere.

Genesi 1, però, non è diverso dal resto del libro della Genesi o dal Pentateuco, se si confrontano le strutture letterarie, i modelli di linguaggio, la sintassi, i fenomeni linguistici, la terminologia, la presentazione sequenziale degli eventi nel racconto della creazione.

Uno studio della forma letteraria di Genesi 1-11, fatto sulla base della letteratura comparativa del Vicino Oriente antico, ha concluso che «stiamo trattando con il genere della prosa narrativa storica, con inserimenti di alcune liste, fonti, dichiarazioni e versi poetici». Si tratta di una descrizione abbastanza buona del contenuto di Genesi 1 (Walter C. Kaiser, “The Literary Form of Genesis 1-11”, New Perspectives on the Old Testament, ed. J. Barton Payne, Waco 1970, p. 61). Un altro studio dettagliato della forma letteraria di Genesi 1, ha concluso che stiamo trattando con il genere letterario di “prosa genealogica” (Cfr. J. B. Doukhan, “The Genesis Creation Story, Its Literary Structure, Berrien Springs 1978, p. 182).

Persino Gunkel (The Legends, op. cit., p. 38) ha notato che la Genesi è “prosa”. Notò anche che «è più artistico nella sua composizione e ha una certa costruzione ritmica». La natura non poetica di Genesi 1 invita a considerarla in un senso semplice, come resoconto diretto e preciso degli eventi creativi.

Facendo il paragone con le altre letterature dell’antico Vicino Oriente, si deve concludere inevitabilmente che Genesi 1 non ha alcun parallelo nel mondo antico al di fuori dalla Bibbia. Genesi 1 è certamente il resoconto più aderente e profondo prodotto nel mondo antico di “come”, “quando”, “da chi” e “in che modo” il mondo fu creato. Non c’è alcun parallelo nel mondo antico in nessun tipo di letteratura. Alcuni hanno trovato somiglianze in frammenti di diversi miti cosmogonici, però il racconto della creazione biblica, nel suo insieme, è unico per la sua intelligenza e coesione (Cfr. G. Hasel, “The Polemical Nature of the Genesis Cosmology”, Evangelical Quarterly 46 (1974): 81-102).

 4.  La forma letteraria di Genesi 1 nel suo contesto biblico

Anche John H. Stek suggerisce che il modello letterario di Genesi 1, allo stato attuale delle nostre conoscenze, resta senza un preciso parallelo: è “sui generis”. Questo significa forse che non dovrebbe essere compreso come letterale? La creazione è unica, perciò necessariamente anche il racconto della creazione dovrà essere unico. Non è però unico in un senso letterario esclusivo, che non gli permetta di comunicare a livello concreto, accurato e storico.

Sulla base della relazione con tutto il libro della Genesi, il racconto della creazione (Genesi 1:1 a 2:3) può giustamente essere considerato come un resoconto in prosa storica scritto in stile ritmico, che registra in modo concreto e preciso “cosa” successe alla creazione “dei cieli e della terra”, descrivendo il tempo “quando” accadde e i processi di “come” Dio creò, identificando anche “chi” lo realizzò, cioè l’Essere divino. Il risultato della settimana creativa fu un mondo perfetto e “molto buono”, con un ambiente idoneo per essere abitato dall’umanità. Questo racconto della creazione in prosa storica riporta correttamente gli eventi creativi in “giorni” cronologici, letterali e in sequenza. Questi “giorni” inaugurano il susseguente processo storico del tempo ordinato in cicli settimanali, in cui l’uomo e la natura sono sotto il controllo supremo di Dio. In questo senso, Genesi 1 è la storia inaugurale degli inizi, che parte dalla settimana creativa e prosegue, col susseguente flusso della storia del mondo e dell’umanità.

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Sito a cura dell'A.I.S.O. Associazione Italiana Studi sulle Origini - aggiornato il 31/01/2014 

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