Il
biologo evoluzionista ha sempre una risposta pronta. Alla domanda:
“Gli esseri umani si stanno evolvendo ancora oggi?” La
risposta è semplice: “Sicuramente si”, ma se
l’interlocutore chiede dettagli e chiarimenti, allora “la
risposta è molto più complicata”. La selezione
naturale, deus ex machina dell’evoluzionismo, necessita,
secondo Jonathan K. Pritchard, professore di genetica umana
all’Università di Chicago, di una pressione ambientale
di decine di migliaia di anni incompatibile con le necessità
umane di fronte, ad es., ai mutamenti climatici o agli spostamenti
degli stessi esseri umani attraverso ambienti notevolmente diversi
tra loro. Allora cos’è che ci ha fatto “evolvere”?
La cultura e la tecnologia ci hanno permesso di far fronte alle
difficoltà ambientali che si presentavano di fronte ai nostri
progenitori.
Chi dice queste cose
è un biologo evoluzionista, in un articolo pubblicato sul n.
di dicembre de Le Scienze, edizione italiana di Scientific
American; con tutta onestà si viene messi di fronte alla
grande delusione derivata dall’analisi del genoma umano e le
sue previste ripercussioni evoluzionistiche. Anzi, la selezione
naturale ne esce con le ossa ammaccate.
E se la selezione
naturale non riesce a seguire i cambiamenti ambientali, come è
possibile che si spieghi l’ominazione, fenomeno molto complesso
(andatura bipede, stazione eretta, ecc.), con i soliti cambiamenti
climatici? A meno che questi cambiamenti si siano spalmati in decine
di migliaia di anni e, con pazienza, abbiano aspettato i mutamenti
del nostro genoma. Evento alquanto improbabile.
“Il ritmo del
cambiamento di gran parte dei caratteri, prosegue Pritchard, (…)
è comunque lentissimo rispetto alla velocità del
cambiamento della nostra cultura e della tecnologia, oltre che
dell’ambiente locale. (…) Quasi di certo da qui a 5000
anni l’ambiente in cui vivremo sarà molto diverso. Ma in
assenza di un’ingegneria genomica su vasta scala le persone
saranno probabilmente molto simili”.
Le conclusioni di
questo studio appaiono, agli evoluzionisti, paradossali e non
riescono a spiegarsi come, per la diffusione di un allele
vantaggioso, ci siano voluti 50000 anni i nostri progenitori siano
riusciti a sopravvivere nel frattempo e ad adattarsi a nuove
condizioni.
Ancora la storia
umana resta avvolta dal mistero e più si studia e maggiori
sono le caratteristica affascinanti e scientificamente inspiegabili
della vita dell’uomo.
Un post scriptum:
la copertina della rivista citata riporta le foto di quattro crani
che si “evolvono” dal lontano progenitore scimmiesco fino
all’homo sapiens e un titolo “La nostra evoluzione”
che non hanno niente a che vedere con l’articolo di
riferimento. Ma si sa, fa molto di più un immagine che mille
parole.
Andrea Bartelloni
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