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SCIENZA E GENOMA
di A. Bartelloni - 25/02/11 -
 





Il biologo evoluzionista ha sempre una risposta pronta. Alla domanda: “Gli esseri umani si stanno evolvendo ancora oggi?” La risposta è semplice: “Sicuramente si”, ma se l’interlocutore chiede dettagli e chiarimenti, allora “la risposta è molto più complicata”. La selezione naturale, deus ex machina dell’evoluzionismo, necessita, secondo Jonathan K. Pritchard, professore di genetica umana all’Università di Chicago, di una pressione ambientale di decine di migliaia di anni incompatibile con le necessità umane di fronte, ad es., ai mutamenti climatici o agli spostamenti degli stessi esseri umani attraverso ambienti notevolmente diversi tra loro. Allora cos’è che ci ha fatto “evolvere”? La cultura e la tecnologia ci hanno permesso di far fronte alle difficoltà ambientali che si presentavano di fronte ai nostri progenitori.

Chi dice queste cose è un biologo evoluzionista, in un articolo pubblicato sul n. di dicembre de Le Scienze, edizione italiana di Scientific American; con tutta onestà si viene messi di fronte alla grande delusione derivata dall’analisi del genoma umano e le sue previste ripercussioni evoluzionistiche. Anzi, la selezione naturale ne esce con le ossa ammaccate.

E se la selezione naturale non riesce a seguire i cambiamenti ambientali, come è possibile che si spieghi l’ominazione, fenomeno molto complesso (andatura bipede, stazione eretta, ecc.), con i soliti cambiamenti climatici? A meno che questi cambiamenti si siano spalmati in decine di migliaia di anni e, con pazienza, abbiano aspettato i mutamenti del nostro genoma. Evento alquanto improbabile.

“Il ritmo del cambiamento di gran parte dei caratteri, prosegue Pritchard, (…) è comunque lentissimo rispetto alla velocità del cambiamento della nostra cultura e della tecnologia, oltre che dell’ambiente locale. (…) Quasi di certo da qui a 5000 anni l’ambiente in cui vivremo sarà molto diverso. Ma in assenza di un’ingegneria genomica su vasta scala le persone saranno probabilmente molto simili”.

Le conclusioni di questo studio appaiono, agli evoluzionisti, paradossali e non riescono a spiegarsi come, per la diffusione di un allele vantaggioso, ci siano voluti 50000 anni i nostri progenitori siano riusciti a sopravvivere nel frattempo e ad adattarsi a nuove condizioni.

Ancora la storia umana resta avvolta dal mistero e più si studia e maggiori sono le caratteristica affascinanti e scientificamente inspiegabili della vita dell’uomo.

Un post scriptum: la copertina della rivista citata riporta le foto di quattro crani che si “evolvono” dal lontano progenitore scimmiesco fino all’homo sapiens e un titolo “La nostra evoluzione” che non hanno niente a che vedere con l’articolo di riferimento. Ma si sa, fa molto di più un immagine che mille parole.

Andrea Bartelloni

 

Sito a cura dell'A.I.S.O. Associazione Italiana Studi sulle Origini - aggiornato il 31/01/2014 

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