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QUALCHE
OBIEZIONE ALL’EVOLUZIONISMO
spiegata
a mia nipote Luna
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6. GLI
“ALBERI EVOLUTIVI”
Gli
“alberi evolutivi” sono anche detti “alberi
genealogici” e “alberi filogenetici”, perché
servono per individuare i progenitori delle attuali specie. Hanno la
forma ad albero perché fanno vedere come, a partire da UNA
“specie progenitrice” rappresentata dal tronco, si
siano poi diversificate NUMEROSE specie rappresentate dai rami,
per arrivare infine alle ATTUALI specie rappresentate dalle foglie:
le foglie (specie attuali) sono così riunite in basso da quei
“progenitori comuni” rappresentati dai rami e da quel
“progenitore unico” rappresentato dal tronco. È un
modo efficace per far vedere l’evoluzione, insomma, utilizzando
sia le specie tuttora esistenti che i reperti fossili. Questi “alberi
evolutivi” sono però sistematicamente truccati e danno
solo l’illusione di vedere i “progenitori comuni”:
se vengono presentati solo FALSI “alberi evolutivi”,
viene allora il sospetto che i progenitori comuni non sono stati
ancora trovati e ciò fa sospettare che non siano mai
esistiti.
Uno dei
trucchi usati è quello presente in fondo a p. C63 (fig. 27),
dove si mostrano due specie con qualche carattere in comune, cioè
la giraffa e l’okapia, le quali hanno progenitori che fra loro
si assomigliano ancora di più, fino ad arrivare a quel lontano
“nonno” che è stato “l’antenato
comune”. Permettetemi di esemplificare la situazione con una
storiella, nella quale l’okapia va dalla più famosa
giraffa a dirle: «Ho scoperto che, nonostante non sembri, siamo
veramente imparentati attraverso un “antenato comune”,
dal quale derivano i nostri “progenitori”». La
giraffa, dall’alto della sua nobiltà, si incuriosisce e
si preoccupa, chiedendo: «Quali sarebbero questi “progenitori”
e questo “antenato comune”?». L’okapia
risponde: «Non ho ancora trovato né il nome né la
fotografia, ma mi sembra evidente che ci siano». La giraffa,
girando prima le zampe anteriori e poi il collo, saluta dicendo:
«Quando avrai trovato qualcosa di concreto portamelo, ma per il
momento devo scappare altrove». Nella figura di pagina C63,
infatti, il progenitore originario è chiamato “antenato
comune” e gli altri sono messi lì senza nome.
Un
altro trucco, pur’esso visibile nella fig. 27 di p. C63, è
quello di usare i disegni in modo ambiguo. Dopo aver messo più
sopra le foto di giraffe ed okapie, nell’albero genealogico c’è
il disegno delle medesime e così si crea l’associazione
che ad un disegno corrisponda una realtà. Anche i disegni dei
progenitori sono fatti con lo stesso stile e così si ha
l’impressione che anche a quei disegni corrisponda una realtà…
invece a quei disegni non corrisponde nessuna specie vivente e
nessun fossile, ma sono solo frutto dell’immaginazione.
L’uso
di falsi alberi genealogici è sistematico e chi non ha “visto”
in qualche disegno i nostri supposti progenitori scimmieschi sempre
più “umani”? Nel testo stesso ci sono altri esempi
e ora ne vedremo qualcuno rapidamente. Nella fig. 20 di p. C15 viene
ricostruito “l’albero filogenetico” del gatto
attraverso un “felino ancestrale” SENZA NOME che sarebbe
esistito 10 milioni di anni fa e che avrebbe prodotto “rami
laterali” di “felini ancestrali” pure essi SENZA
NOME, i quali avrebbero poi dato origine al gatto domestico: tutto
sul piano della libera fantasia, insomma.
Nella fig. 3
di p. C25 ci sarebbe «l’albero evolutivo che sintetizza
le attuali CONOSCENZE» ma che invece è «l’albero
evolutivo che sintetizza le attuali SPERANZE»; perché
fra i supposti “antenati ancestrali”, che costituiscono
il tronco dell’albero, e le punte estreme, non c’è
assolutamente niente, né un nome e nemmeno un disegno!
Nella
fig. 36 a p. C41 c’è una TRUCCO GRAFICO molto usato e
che proviamo a descrivere un po’, ma non è facile. In
basso ci sono raffigurati scorpioni, acari e ragni, rappresentati da
tre rametti che convergono in un ramo che va verso l’alto e che
raggruppa i tre ordini nella classe degli aracnidi, alla quale
vengono affiancate le altre classi rappresentate da insetti,
crostacei e miriapodi. Le quattro classi vengono poi collegate in un
“ramo” più elevato rappresentato dal tipo
artropodi, al quale si affiancano altri tipi (poriferi, molluschi,
cordati, ecc.) che sono infine riuniti nel regno animale, che sarebbe
il tronco dal quale si dipartono i vari rami, in un albero che in
questo caso è messo con i rami in giù. La figura è
concettualmente corretta, ma si vuol dare l’impressione
(rafforzata dai commenti del contesto) che la figura faccia vedere i
progenitori dei ragni, mentre se si risale con attenzione l’albero,
si incontrano solo nomi generici (aracnidi, artropodi, animali) e di
progenitori non c’è traccia. Nella figura a p. C48,
infine, c’è una grafica di tipo diverso (assomigliante
più alla ramificazione di un percorso stradale che ad un
albero) ma il succo è sempre lo stesso, perché fra i
«primi pluricellulari», posti come tronco di base, e le
estremità (artropodi, vertebrati) non c’è niente
di definito, ma solo libere supposizioni.
7.
L’EVOLUZIONE “A SALTI”
Il testo
dedica un paragrafo (pp. C62-C63) per fare il punto della situazione
attuale, introducendo così la moderna teoria degli “equilibri
punteggiati”, formulata da Gould e Eldredge, con la quale si
cerca di spiegare come mai non si trovano quegli “anelli di
congiunzione” supposti da Darwin. La nuova teoria si chiama
anche evoluzione “a salti” perché, invece di
ipotizzare dei cambiamenti lenti e costanti come ha fatto Darwin,
suppone dei cambiamenti significativi in tempi molto brevi, ai quali
seguirebbero poi dei lunghi periodi nei quali la specie rimane
pressoché invariata. Insomma, per farne un’illustrazione,
secondo Darwin l’evoluzione avanzerebbe come una formica,
mentre per Gould sarebbe una specie di cavalletta che salta proprio
nell’attimo nel quale non la stiamo guardando. Gould rivaluta
molto il “catastrofista” Cuvier, di solito poco
apprezzato dagli evoluzionisti (vedi C52-C53) e, pur dichiarandosi
evoluzionista, ne ha messo in crisi l’impianto geologico: anche
la sua nuova teoria ha però il solito vecchio difetto, perché
anche “l’evoluzione a salti” resta un’ipotesi
che nessuno ha mai visto.
8. NON FAR
PARLARE L’ACCUSA
Se in un
processo si mettono tutti d’accordo per non far parlare
l’accusa è evidente che l’imputato verrà
assolto. Anche riguardo a Darwin viene data la parola sola alla
difesa, con la scusa che gli oppositori sono creazionisti che dicono
solo scemenze. Fui convinto 40 anni fa che, sul piano dei fatti
osservati, era più credibile la Bibbia che Darwin. Allora
erano pochissimi a pensarla così e non trovai nemmeno un libro
che prendesse una chiara posizione contro il darwinismo. Oggi i libri
in commercio che si oppongono alle idee di Darwin si contano a
decine, ma ce ne sono tre particolarmente rilevanti, perché
scritti da tre scienziati italiani che sono internazionalmente
stimati: Giuseppe Sermonti (che nel 1980 ha pubblicato “Dopo
Darwin” e poi, fra l’altro, “Dimenticare Darwin”,
Il Cerchio, 2006), Antonino Zichichi (“Perché io credo
in Colui che ha fatto il mondo”, Saggiatore, 1999) e Massimo
Piattelli Palmarini (che, con Jerry Fodor, ha appena pubblicato “Gli
errori di Darwin”, Feltrinelli, 2010). Di grande rilevanza, in
Italia, è stato un convegno promosso da un’Istituzione
pubblica prestigiosa, cioè dalla Vice-Presidenza del Consiglio
Nazionale delle Ricerche, convegno incentrato proprio su un esame
critico del darwinismo: il libro che ne raccoglie gli Atti è a
cura di Roberto de Mattei (Vice-Presidente del CNR) e si intitola
“Evoluzionismo: il tramonto di una ipotesi”, Cantagalli,
2009. Questi quattro scienziati di rilievo non interpretano la Bibbia
alla lettera e non possono essere certamente definiti “creazionisti”:
anche i loro quattro libri contengono solo scemenze? Gli scienziati
che rifiutano il confronto e la critica si comportano da scienziati o
assomigliano proprio a quei religiosi intolleranti che vogliono
combattere?
Un libro che
presenta solo la difesa di Darwin, qual è il testo scolastico
esaminato, costringendo gli oppositori ad usare espedienti vari per
far arrivare la critica, fa vergogna ad una scuola che dovrebbe
essere “palestra di idee” e non indottrinamento.
9. BIBBIA
E/O DARWIN? UNA QUESTIONE DI FEDE
C’è
chi è convinto che Darwin abbia ragione, chi ha più
fiducia nella Bibbia, chi cerca di mescolare il pensiero di Darwin
con quello della Bibbia e chi la vede in qualche altro modo.
Trattandosi di questioni che non solo la scienza non ha risolto, ma
che sono al di là del suo campo di indagine, ognuno dovrebbe
sentirsi libero nelle proprie valutazioni e decisioni. La scuola
dovrebbe trattare l’argomento mostrando le diverse prospettive,
non è invece onesto presentare una tesi criticabile (qual è
il darwinismo) come se fosse “verità scientifica non
rifiutabile”.
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