Come
si concilia la “Legge dell’entropia” con
l’evoluzione?
La risposta è alquanto facile per chiunque abbia
una solida base di fisica.
Il secondo principio della termodinamica afferma:
"In un sistema
isolato l'entropia è una funzione non decrescente nel
tempo"
La Terra non è un sistema
isolato, in natura non esistono sistemi isolati (esistono solo nella
teoria). Quindi consideriamo l'intero universo come sistema isolato(
questo è più verosimile).
Nell'intero universo l'entropia
è una funzione non decrescente nel tempo. Questo vuol
dire che se consideriamo solo una piccola porzione dell'universo(non
isolata) l'entropia potrebbe anche diminuire mentre in un altra
porzione aumenta maggiormente (in totale aumenta).
Secondo il suo ragionamento
allora l'uomo non potrebbe costruire niente perchè il
disordine dovrebbe sempre aumentare e questo non ha senso.
A questo proposito le chiedo di
informarsi su come si costruiscono i wafer di silicio utilizzati
dall'industria elettronica (questo rientra nel mio campo di studi),
in cui un macchinario partendo da un piccolo cristallo di
silicio e silicio fuso (entropia alta) riesce a costruire dei grandi
blocchi di silicio monocristallino (entropia bassa).
In definitiva in un sistema non
isolato l'entropia può anche diminuire. chieda a qualunque
professore di fisica.
Io credo che la scienza debba
sempre evolversi e magari Darwin avrà fatto degli errori nella
sua teoria e si scopriranno sempre spiegazioni migliori, ma in
generale regge molto bene.
La prego di aggiornare la pagina
del suo sito riguardo all'entropia perchè entropia ed
evoluzione conciliano benissimo e la risposta l'ha avuto, se non si
fida di me, come le ho già suggerito, chieda a qualunque
professore.
Risponde il Prof. Boria
Il conflitto tra il concetto di entropia e la teoria
evoluzionistica non esiste. Quando ho presentato la Teoria
Termodinamica della Creazione al primo congresso creazionista
(tenutosi a Milano nell’ottobre 2009) anche il prof. Verolini
(in rappresentanza degli evoluzionisti) si espresse subito in questo
senso.
Infatti la TTC si conclude con il seguente asserto: “La
creazione è una necessità termodinamica” (può
confrontare con il testo disponibile nel web, nel mio sito) e, come
si sa, coloro che si reputano credenti non hanno difficoltà ad
adattarsi al concetto secondo cui il Creatore ha organizzato le cose
in modo evoluzionistico (però i discorsi a sostegno, a volte,
mi sembrano funambolismi verbali).
L’opposizione all’evoluzionismo fa parte di
un altro saggio (sempre reperibile nel mio sito) dal titolo (mi pare
ben riassuntivo) “L’evoluzione del nulla”
Veniamo al discorso tecnico ché, qui, casca
l’asino (come si suol dire). Il secondo principio della
Termodinamica può assumere diverse forme:
Clausius: il
calore si trasferisce spontaneamente dal corpo più
caldo a quello più freddo (fino all’equilibrio termico).
Egli, fondatore del concetto entropico, non parla di universo. La
locuzione secondo cui l’entropia dell’universo tende ad
aumentare indefinitamente è una battuta, niente di più,
anche perché l’universo è, e forse sarà
sempre, pieno di misteri: bisogna, comunque riconoscere che detta
battuta ha il vantaggio di sembrare logica e molto probabile.
L’avverbio “spontaneamente”, nella
definizione di Clausius, è essenziale perché, come Ella
ben sa, spendendo energia si può trasferire il calore dal
corpo più freddo (che diventerà ancora più
freddo) a quello più caldo. Se così non fosse non
esisterebbe la Tecnica del Freddo.
In TTC ho parlato in dettaglio del punto di vista
clausiano.
Lord Kelvin: una macchina termica (per esempio un
motore) deve funzionare con due termostati (dove la parola termostato
ha il significato di stato con una data temperatura, come si usa in
termologia). Questo enunciato è a cavallo tra il primo ed il
secondo principio.
Boltzmann: il più elegante di tutti; scrive la
lapidaria (è il caso di dirlo) equazione che introduce
l’entropia come logaritmo naturale della probabilità.
La Teoria dell’Informazione Algoritmica si serve
del concetto di entropia in un’accezzione che ricorda la
precedente, ma, ovviamente, adottando i logaritmi binari.
Come vede la
parola “universo” (in senso astronomico) è
estranea alle soprastanti definizioni che, in sostanza, si occupano
di quei fenomeni che possono essere definiti, con un termine assai
generale, “trasformazioni” e, nel caso di
trasformazioni in sequenza realizzanti linee chiuse, “cicli”.
Continuando, Zeuner: analogia fra entropia e peso (la
trova in TTC, ma l’argomento può portare a
fraintendimenti perché il maggior peso assicura maggior
energia, mentre la maggior entropia no).
Helmoltz: si esprime in termini qualitativi quando dice
che entropia è sinonimo di disordine.
Proprio in base
a quest’ultima osservazione possiamo dire che la vita è
necessaria per mettere ordine: l’uomo vivo può
costruire ciò che vuole (nei limiti delle proprie capacità,
ovviamente!), come sostenere il contrario?
Supponiamo che degli astronauti mettano piede su di un
pianeta sconosciuto e che vi trovino tre sassi allineati. Già
questa potrebbe costituire una sospettabile stranezza. Poi se i sassi
fossero quattro o più, o addirittura fossero sistemati a guisa
di muro come non pensare alla possibile esistenza di individui
intelligenti, ovviamente vivi, che abbiano ordinato in una certa
maniera i materiali?
La questione dei sistemi isolati e non, che Ella
solleva, prescinde da una osservazione fondamentale: gli esperimenti
sono almeno di due tipi, esperimenti possibili (da eseguire
materialmente in laboratorio, sul campo o in qualunque altro luogo)
ed esperimenti pensati alla cui base ci sta il puro ragionamento. Ciò
che non posso realizzare nella pratica lo realizzo nel pensiero.
Ad esempio quando parliamo di una trasformazione
adiabatica possiamo stare mezz’ora (e più…) alla
lavagna sviscerando l’argomento pur sapendo che in termologia
non si conosce un isolante “perfetto” (mentre in
elettricità si). Tutti sappiamo che il più efficiente
vaso Dewar non potrà conservare a lungo tempo un fluido
freddo, mentre una batteria elettrica può conservare la carica
per mesi o anni. Tutti gli asserti riguardanti la studiatissima
trasformazione adiabatica si basano sull’uso del pensiero
razionale e non vedo la meraviglia!
Caro amico mio: quando Ella porge più volte
l’invito alla consultazione di professori mi fa molta tenerezza
e mi ricorda i miei vent’anni quand’era facile scivolare
in atteggiamenti patetici. Cerco di farLe capire il senso vero di
quanto voglio comunicarLe, con queste parole, per mezzo di un paio di
esempi rimanendo nel tema.
Immagini la
lezione sulla trasformazione adiabatica, di cui sopra, fatta dal
solito professore (anche chi Le scrive gode di tale titolo, convinto
che ciò costituisca… un aggravio di responsabilità):
è d’uso dire solamente che in tale trasformazione si
conserva l’entropia perché ΔQ=0. E’
una considerazione sbrigativamente riduttiva perché il
fatto realmente significativo è che la trasformazione è
isoentropica malgrado sia ΔU≠0.
Per
convincersene guardi, ora, la medesima trasformazione nei piani (p,
v) e (T, S) nel tratto 1;2 del ciclo di Carnot: al
punto 1 compete una temperatura, al punto 2 un’altra
e, quindi, due diversi valori dell’energia interna U
(che generalmente rappresenta il calore non trasformabile in lavoro).
Poiché il rapporto U/T (che è l’entropia dello
stato) rimane costante la trasformazione è isoentropica.
Infatti, per il primo principio
L + ΔU = 0
e poiché
il lavoro è un lavoro esterno di compressione,
negativo, in termini finiti misurato da L = p Δv , sarà
p Δv = ΔU .
Ricorrendo all’equazione generale dei gas
perfetti, possiamo scrivere
,
e poiché per la 1)
sarà anche
,
come dire S2 = S1 , c.v.d.
Mi sembra che la spiegazione sbrigativa classica manchi
del necessario rispetto nei riguardi di una trasformazione che, tra
le politropiche, è di gran lunga la più importante!
Vale, anche, la pena di osservare che i due piani su cui
abbiamo rappresentato le trasformazioni in figura godono di una
medesima e importante proprietà: nel ciclo motore (rotazione
oraria) l’area rappresenta il lavoro meccanico ottenibile
introducendo nel ciclo una certa quantità di calore, mentre
nel ciclo frigorifero (rotazione antioraria) l’area del ciclo
rappresenta l’energia da impiegare per ottenere che il calore
si trasferisca dal termostato freddo a quello caldo (tanto per usare
la già citata terminologia di Lord Kelvin buonanima).
Le faccio un altro esempio: non è vero che
l’entalpia di un sistema, ad esempio di un chilogrammo di gas,
sia data da
H = U + pv,
ovvero dalla somma di energia interna e lavoro esterno
di dilatazione, come capita di leggere! Infatti non possiamo
assolutamente dimenticare i calori latenti che, in certe
trasformazioni, giocano un ruolo essenziale (ad esempio nelle
trasformazioni dell’aria umida).
Esaminiamo ora la Sua seconda obiezione: trasformazioni
spontanee che producono ordine applicate a materiali inerti come
nella formazione di un fiocco di neve o di un cristallo in genere.
Ci sono almeno
un paio di punti di vista diversi sull’argomento e Le
consiglierei di ponderare quello dello stimatissimo Collega Francesco
Catalano che può trovare in http:///antidarvin.wordpress.com
e che si rifà ad osservazioni in campo biologico.
Ivi si sostiene
che il termine ordine nei processi vitali si distingue da
quello semplicemente auto-correlato dei cristalli perché è
un ordine finalizzato all’esecuzione di un programma che si
relaziona all’ambiente (teleonomia). E’ evidente che il
programma implica informazione che si deve utilizzare, per scopi ad
esempio di crescita, e tramandare nella riproduzione.
Per quanto riguarda la frase da Lei riportata tra
virgolette non è nel mio stile e Le sarei grato se me ne
indicasse la fonte.
Io riscriverei
la prima parte così: “La Termodinamica ci insegna che le
trasformazioni spontanee tra oggetti inanimati avvengono nel verso di
entropia crescente. In termini di Teoria Algoritmica
dell’Informazione ciò equivale a dire nel verso di
perdita d’informazione”. Mi permetto di raccomandarLe
l’uso abbondante della parolina magica: trasformazione.
Mentre, per la seconda parte, credo che per mostrare
l’infondatezza dell’evoluzionismo si debba ricorrere a
principi naturali di conservazione e non alla Termodinamica, come
sostengo nel già citato saggio “L’evoluzione del
nulla”.
Ci tengo a dirLe che quanto Le ho scritto è a
braccio: noi, umili ancelle della Scienza e della Tecnica, dobbiamo
coltivare questi pensieri e queste vie in modo che essi diventino
sangue del nostro sangue, midollo delle nostre ossa, ventricolo del
nostro cuore… E così sia anche nel Suo futuro (che,
beato Lei, Le sta davanti… a buon intenditor…)
Per finire Le invio sinceri auguri per il Suo corso di
studi. Spero che le portino almeno tanta fortuna quanta ne portarono
a me gli auguri di Dante Giacosa, emerito ingegnere Direttore Tecnico
della produzione motori in Fiat, che me li porse nel corso di una
corrispondenza quand’ero studente (quasi cinquant’anni
fa!).
Pier Maria Boria
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