Oltre
l’aspetto antropologico e psicoanalitico della denuncia di
Adorno e Horkheimer, resta innegabile che il metodo e l’indagine
scientifici, in senso generale, non possono non muoversi che
all’interno
di una fede nella razionalità della natura (ricordiamo la
soluzione del dubbio iperbolico di Descartes, secondo la quale Dio
non potrebbe ingannarci e produrre un mondo incongruo alla
nostra
mente). In un certo qual senso, la scienza ha davvero sostituito il
logos al theos, riempiendo coi vincoli della
razionalità quella natura che era stata affrancata dalla salda
presa divina; la ricerca
di
tale logos ha coscientemente sostituito la religione non
soltanto per un fine di potenza, come denunciano i filosofi
francofortesi, ma anche per un desiderio teorico. Contempliamo
la mente di
Dio
se comprendiamo la struttura del cosmo, hanno sostenuto Albert
Einstein e Stephen Hawking.15
Non
vi è allora qualcosa di contraddittorio, di radicalmente
eversivo e autodistruttivo, nel voler spiegare il mondo attraverso il
caso, così come pretende la diffusiva versione forte del
neodarwinismo,
applicato
ormai a tutti i campi dello scibile, dalla neurofisiologia alla
stessa chimica?16
La
logica dello scientismo, se accettiamo la tesi di Sermonti, secondo
la quale il darwinismo ne
14
Richard Dawkins, “Perché quasi certamente Dio non
esiste”, in Micromega, n. 2 (2007) Almanacco di scienze,
p. 9, corsivi dell’Autore. Gli articoli che seguono mantengono
lo stesso impegno antireligioso (“Il credente e la formica”,
“Eliberaci da Dio” di Daniel Dennett; “Il creatore
non ha superato l’esame” di Ian Tattersall, ecc.).
Segnaliamo, per la metodica e documentata descostruzione della
retorica di Dawkins, Alister McGrath, Dio e l’evoluzione. La
discussione attuale, trad. It. Rubbettino, Soveria Mannelli 2006.
Al di là del personaggio Dawkins, ci sembra tuttavia qui di
avere a che fare con una politica culturale faziosa e acida, tipica
del provincialismo italiano. Essa ci rammenta il conflitto tra
«barbari» e «mummie» seguito all’introduzione
del neopositivismo logico nel nostro Paese: dall’estero si
facevano proprie le posizioni più estremistiche per usarle
«come arieti», come racconta Francesco Barone, “Teorie
logiche”, in AAVV, Filosofia e crisi della cultura, La
Garangola, Padova 1974, pp. 28-29. 15
Dell’affermazione di Hawking, apparsa in Dal big bang
ai buchi neri. Breve storia del tempo, trad. It. Mondadori,
Milano
1988, il teologo Hans Küng, L’inizio di tutte le cose,
trad. It. Rizzoli, Milano 2006, pp. 28-29 dà
un’interpretazione maliziosa: «Un’idea pensata in
maniera cosciente e intesa ironicamente», per eliminare Dio.
Küng, a
nostro
parere, cade anch’egli nell’errore scientista, sebbene a
rovescio, pretendendo un Dio oggetto della cosmologia. 16
Si veda il contributo di A. Lima-de-Faria, “È
giunta l’ora di riscrivere tutti i libri di fisica e di
chimica?”, più avanti in questo volume.
sarebbe
la sintesi paradigmatica,17
è, da questa prospettiva, perfettamente in
asse con il nichilismo che caratterizza il pensiero occidentale. Esso
tenta cioè di scalzare le proprie ultime radici di senso,
e
in tal modo è destinato ad autodistruggersi. Da Galileo a
Descartes, a Leibniz, ad Einstein, la grande scienza occidentale ha
sempre difeso con coerenza la fondamentale leggibilità
dell’universo
e
il potere della ragione umana di incontrarsi con il disegno del
mondo. L’oscurità ignota del caso, che la Fisica aveva
imbrigliato mediante le leggi dei grandi numeri, quivi assurge invece
ad
architrave
teorico del Tutto. Attraverso la cieca selezione essa diviene origine
dell’ordine, della vita, del pensiero, e perciò in
ultima analisi della scienza stessa. Può forse essere una
soluzione ad hoc
per
un programma di ricerca minimo limitato ai fenomeni biologici, ma di
fatto il suo programma massimo ha aperto una voragine sotto le
fondamenta di tutta la scienza. Una voragine di cui pochi
sembrano
rendersi conto.
Eric
Voegelin18 sostenne
che l’intero spirito dell’epoca moderna è
costituito in realtà da un’escatologia cristiana
camuffata, la quale ha preso la forma dell’afflato individuale
alla dottrina
salvatrice
fatto sistema (gnosi). Poco importa qui se il suo maggiore
oppositore, il filosofo Hans Blumenberg19
abbia ragione o meno nel sostenere che tale paradigma
gnostico, al contrario, è stato
sconfitto
dalla modernità. Quel che per noi conta è l’indicazione
– comune a un terzo importante attore della scena filosofica
contemporanea, Hans Jonas20 –
di una modalità metacosciente che
agisce
la nostra cultura. Con essa diventa possibile spiegare, almeno in
parte, il corso nichilistico della nostra civiltà come
gnosticismo ateo.
Assume
dunque una speciale rilevanza in tale contesto il ruolo del
darwinismo e dei suoi espansionistici sviluppi legati al nucleo
ideale caso-selezione. La riflessione su questo argomento,
altrimenti
abbandonato con sufficienza dai filosofi ai diverbi tra fanatici,
riguarda proprio il cuore della «tecnoscienza» di cui
parlava Martin Heidegger, e del cui sviamento Edmund Husserl
predicava
la necessità di un recupero umanistico.21
Essa potrebbe contribuire all’opera di
ricostituzione del rapporto fra scienze dello spirito (con oggetto il
problema massimo del
nichilismo)
e scienze naturali, della cui rottura Adam Sedgwick, primo, accusò
Darwin.
Lasciamo
correre le letture puerili, che vorrebbero (anche qui la vulgata
evoluzionista ha le sue responsabilità) gli uomini del passato
intellettualmente inferiori a noi. Indipendentemente dalle
esigenze
e rappresentazioni religiose, nel Medioevo scientifico la natura
aveva un ordine perché al suo principio – non
necessariamente temporale – v’era un Ordinatore, una
fonte di codice
17
Si vedano in particolare Il crepuscolo dello scientismo,
riedito da Nova Scripta, Genova, 2002, e lo straordinario saggio
L’anima scientifica, La Finestra, Lavis 2003.
18
Cfr. E. Voegelin, Wissenschaft, Politik und Gnosis,
Kösel, München 1959. 19
Cfr. H. Blumenberg, L’ansia si specchia sul fondo,
trad. It. Il Mulino, Bologna 1989, pp. 49-54 dove la contingenza del
mondo è un’idea cristiana, il «senso»
del mondo una questione in realtà improponibile, e la «rabbia
contro il mondo» una pantomima. Notiamo, alle pp. 111-112,
l’interessante nota di paragone fra le strutture fondamentali
di religione, logica economica, e ordine cosmico. 20
Cfr. H. Jonas, Tra il nulla e l’eternità,
trad. It. Gallio, Ferrara 1992. Jonas legge un influsso gnostico
nella stessa struttura del nichilismo e dell’esistenzialismo
contemporanei. Impossibile non aggiungere che persino un biologo, e
non un filosofo, ha sospettato che la grande enfasi conferita dai
suoi colleghi ai geni e alla lotta (la “metafora competitiva”)
derivi da un mito culturale di Caduta e Redenzione: Brian C. Goodwin,
How the Leopard Changed Its Spots: theEvolution of Complexity,
Phoenix 1994. 21 Cfr. M.
Heidegger, Essere e tempo, trad. It. Bocca, Milano - Roma
1953; E. Husserl, La crisi delle scienze europee e
la
fenomenologia trascendentale, trad. It. Saggiatore, Milano 1997.
A esclusione della cosiddetta “scuola tradizionale” di
ispirazione metafisica (cfr. M. M. Zarandi (ed.), Science and the
Myth of Progress, World Wisdom, Bloomington
2003),
in Europa occidentale e negli USA la filosofia sembra aver smesso di
interessarsi veramente all’argomento dalla fine degli anni ’70.
Si vedano a titolo di esempio: P. S. Moorhead - M. M. Kaplan (eds.),
Mathematical Challenges to the neo-Darwinian Interpretation of
Evolution, The Wistar Institute Symposium Monograph Number 5, The
Wistar Institute Press, Philadelphia 1967; R. H. Peters, “Tautology
in evolution and ecology”, Am. Nat. 110 (1976), pp.
1-12; K. R. Popper, “Darwinism as a metaphysical research
programme”, in: Unended Quest: An Intellectual
Autobiography, Fontana, London 1976, pp. 167-180 (la cui tesi è
stata successivamente in parte ritrattata dall’autore).
finalistica,
o almeno totalmente armonizzata; perciò quest’ordine
doveva essere razionale. La sua complessità imponeva una
ricerca faticosa delle leggi di armonizzazione alle cause, del come e
del
perché
dei singoli eventi, delle stelle e degli insetti, dei vulcani e della
pioggia, del canto degli uccelli e delle livree dei pesci oceanici,
della fioritura del pesco e dell’odio o dell’amore di un
uomo.
L’opera precipua dello scienziato era la summa.
Secondo
la dottrina della selezione naturale, basata su caso e necessità,
la natura è invece sì ordinata, ma di un ordine
intrinsecamente irrazionale, il cui fondamento è il disordine,
l’assenza di
causa;
un ordine soltanto funzionale, del tutto estrinseco ed apparente,
come apparente sarebbe la teleologia del fenomeno vitale. Il Dio
darwiniano appare per come non è, tralignante di
terribilità
dietro
la vacua e graziosa maschera della vita, al modo di una fantasia
barocca; opposto specularmente alla Suprema Mente teorizzata da
Tommaso d’Aquino, rammenta l’Infinita Volontà
escogitata
durante la prima grande crisi epistemologica del Medioevo dal teologo
francescano Duns Scoto: un Dio che decide a suo piacimento persino
del Vero e del Bene. Di fronte a Lui tutto è
contingente.
Come dimostrano la psicobiologia e la neurofisiologia evolutiva, le
coerenti conclusioni del darwinismo e del suo contingentismo allorché
si rivolga alla genesi decostruttiva
dell’etica
e del pensiero, sono infatti il più misero degli utilitarismi,
e lo psicologismo, ovvero il sovvertimento della razionalità.
Far
derivare infatti le facoltà cognitive, attraverso un processo
selettivo, dal substrato biologico (il cervello), significa ridurre
la portata della nostra conoscibilità, e ogni ragionamento, a
un
pragmatismo
operazionale privo di fondamento e universalità.
Neurofisiologi evoluzionisti sono giunti a sostenere che l’idea
(il «meme») di Dio non sarebbe altro che uno dei tanti
prodotti
dell’evoluzione,
un’illusione o uno strumento utile alla fitness della
specie. Non sovviene loro che, secondo la dottrina, anche
l’evoluzionismo è un’idea, prodotta mediante il
cervello dalla selezione,
e
dunque priva in sé di fondamento veritativo.22
Evidentemente
se tale sovvertimento risulta chiaro al filosofo, non lo è
ancora allo scienziato. Ove lo diventasse, probabilmente la crisi
assurgerebbe al suo culmine, portandoci forse, se non alla
grande
implosione profetizzata da Pierre Thuillier,23
almeno più vicini alla liberazione dalla
«incredibile cantonata» della cui mancata confutazione ci
accuseranno, come «tutti pazzi», gli
storici
del futuro secondo il grande Giorgio de Santillana.24
22
Della fallacia dei tentativi evoluzionistici di giustificare
la verità delle credenze di sistemi cognitivi sviluppatisi per
pressione evolutiva (Descartes redivivo!) si è occupato Steven
P. Stich. Cfr. il suo The Fragmentation of Reason, MIT
Press,
1990, e in italiano il contributo “Decostruire la mente: la
critica al materialismo” in: E. Carli (cur.), Cervelli che
parlano: il dibattito su mente, coscienza e intelligenza artificiale,
Mondadori, Milano 1997, pp. 197-212.
23
Cfr. P. Thuillier, La grande implosione. Rapporto sul
crollo dell’Occidente 1999-2002, trad. It. Asterios,
Trieste 1997.
24
G. de Santillana - H. von Dechend, Il mulino di Amleto.
Saggio sul mito e sulla struttura del tempo, trad. It. Adelphi,
Milano 2000, pp. 94-97: «Forse, un giorno, il nostro tempo sarà
chiamato Era Darwiniana, così come noi parliamo
dell’Era
Newtoniana di due secoli fa. L’evoluzione, questa semplice idea
che non si ritiene più necessario esaminare, copre come una
tenda tutte le età che conducono dal primitivismo alla
civiltà. Gradualmente, ci viene detto, un passo
dopo
l’altro, gli uomini produssero le arti e i mestieri, fecero
questo e quello, finché non emersero alla luce della storia.
Questi soporiferi “gradualmente” e “un passo dopo
l’altro”, ripetuti senza tregua, mirano a nascondere
un’ignoranza a un tempo vasta e sorprendente. [...]
L’evoluzione animale rimane un’ipotesi storica a
carattere generale, sostenuta da dati sufficienti – e dalla
mancanza di un’alternativa; nei particolari, essa solleva un
numero spaventoso di interrogativi per i quali non abbiamo risposte
[...] E poi si passa alla storia: l’idea evoluzionistica
riappare e fa il suo ingresso come qualcosa di naturale, priva ormai
di qualsiasi proporzione [...] Il tutto rientra in una specie di
Naturphilosophie mai analizzata. [...] Forse gli storici dei
secoli futuri ci dichiareranno tutti pazzi per non aver scoperto
subito e confutato con la necessaria energia questa incredibile
cantonata. [...] La nostra ignoranza non solo rimase profonda, ma
divenne anche pretenziosa».
Continua
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