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LA RAGIONE, IL CASO, L'UTILE E IL NULLA
di Stefano Serafini - 12/07/10-
 

Oltre l’aspetto antropologico e psicoanalitico della denuncia di Adorno e Horkheimer, resta innegabile che il metodo e l’indagine scientifici, in senso generale, non possono non muoversi che

all’interno di una fede nella razionalità della natura (ricordiamo la soluzione del dubbio iperbolico di Descartes, secondo la quale Dio non potrebbe ingannarci e produrre un mondo incongruo alla

nostra mente). In un certo qual senso, la scienza ha davvero sostituito il logos al theos, riempiendo coi vincoli della razionalità quella natura che era stata affrancata dalla salda presa divina; la ricerca

di tale logos ha coscientemente sostituito la religione non soltanto per un fine di potenza, come denunciano i filosofi francofortesi, ma anche per un desiderio teorico. Contempliamo la mente di

Dio se comprendiamo la struttura del cosmo, hanno sostenuto Albert Einstein e Stephen Hawking.15


Non vi è allora qualcosa di contraddittorio, di radicalmente eversivo e autodistruttivo, nel voler spiegare il mondo attraverso il caso, così come pretende la diffusiva versione forte del neodarwinismo,

applicato ormai a tutti i campi dello scibile, dalla neurofisiologia alla stessa chimica?16

La logica dello scientismo, se accettiamo la tesi di Sermonti, secondo la quale il darwinismo ne


14 Richard Dawkins, “Perché quasi certamente Dio non esiste”, in Micromega, n. 2 (2007) Almanacco di scienze, p. 9, corsivi dell’Autore. Gli articoli che seguono mantengono lo stesso impegno antireligioso (“Il credente e la formica”, “Eliberaci da Dio” di Daniel Dennett; “Il creatore non ha superato l’esame” di Ian Tattersall, ecc.). Segnaliamo, per la metodica e documentata descostruzione della retorica di Dawkins, Alister McGrath, Dio e l’evoluzione. La discussione attuale, trad. It. Rubbettino, Soveria Mannelli 2006. Al di là del personaggio Dawkins, ci sembra tuttavia qui di avere a che fare con una politica culturale faziosa e acida, tipica del provincialismo italiano. Essa ci rammenta il conflitto tra «barbari» e «mummie» seguito all’introduzione del neopositivismo logico nel nostro Paese: dall’estero si facevano proprie le posizioni più estremistiche per usarle «come arieti», come racconta Francesco Barone, “Teorie logiche”, in AAVV, Filosofia e crisi della cultura, La Garangola, Padova 1974, pp. 28-29. 15 Dell’affermazione di Hawking, apparsa in Dal big bang ai buchi neri. Breve storia del tempo, trad. It. Mondadori,

Milano 1988, il teologo Hans Küng, L’inizio di tutte le cose, trad. It. Rizzoli, Milano 2006, pp. 28-29 dà un’interpretazione maliziosa: «Un’idea pensata in maniera cosciente e intesa ironicamente», per eliminare Dio. Küng, a

nostro parere, cade anch’egli nell’errore scientista, sebbene a rovescio, pretendendo un Dio oggetto della cosmologia. 16 Si veda il contributo di A. Lima-de-Faria, “È giunta l’ora di riscrivere tutti i libri di fisica e di chimica?”, più avanti in questo volume.



sarebbe la sintesi paradigmatica,17 è, da questa prospettiva, perfettamente in asse con il nichilismo che caratterizza il pensiero occidentale. Esso tenta cioè di scalzare le proprie ultime radici di senso,

e in tal modo è destinato ad autodistruggersi. Da Galileo a Descartes, a Leibniz, ad Einstein, la grande scienza occidentale ha sempre difeso con coerenza la fondamentale leggibilità dell’universo

e il potere della ragione umana di incontrarsi con il disegno del mondo. L’oscurità ignota del caso, che la Fisica aveva imbrigliato mediante le leggi dei grandi numeri, quivi assurge invece ad

architrave teorico del Tutto. Attraverso la cieca selezione essa diviene origine dell’ordine, della vita, del pensiero, e perciò in ultima analisi della scienza stessa. Può forse essere una soluzione ad hoc

per un programma di ricerca minimo limitato ai fenomeni biologici, ma di fatto il suo programma massimo ha aperto una voragine sotto le fondamenta di tutta la scienza. Una voragine di cui pochi

sembrano rendersi conto.


Eric Voegelin18 sostenne che l’intero spirito dell’epoca moderna è costituito in realtà da un’escatologia cristiana camuffata, la quale ha preso la forma dell’afflato individuale alla dottrina

salvatrice fatto sistema (gnosi). Poco importa qui se il suo maggiore oppositore, il filosofo Hans Blumenberg19 abbia ragione o meno nel sostenere che tale paradigma gnostico, al contrario, è stato

sconfitto dalla modernità. Quel che per noi conta è l’indicazione – comune a un terzo importante attore della scena filosofica contemporanea, Hans Jonas20 – di una modalità metacosciente che

agisce la nostra cultura. Con essa diventa possibile spiegare, almeno in parte, il corso nichilistico della nostra civiltà come gnosticismo ateo.


Assume dunque una speciale rilevanza in tale contesto il ruolo del darwinismo e dei suoi espansionistici sviluppi legati al nucleo ideale caso-selezione. La riflessione su questo argomento,

altrimenti abbandonato con sufficienza dai filosofi ai diverbi tra fanatici, riguarda proprio il cuore della «tecnoscienza» di cui parlava Martin Heidegger, e del cui sviamento Edmund Husserl

predicava la necessità di un recupero umanistico.21 Essa potrebbe contribuire all’opera di ricostituzione del rapporto fra scienze dello spirito (con oggetto il problema massimo del

nichilismo) e scienze naturali, della cui rottura Adam Sedgwick, primo, accusò Darwin.


Lasciamo correre le letture puerili, che vorrebbero (anche qui la vulgata evoluzionista ha le sue responsabilità) gli uomini del passato intellettualmente inferiori a noi. Indipendentemente dalle

esigenze e rappresentazioni religiose, nel Medioevo scientifico la natura aveva un ordine perché al suo principio – non necessariamente temporale – v’era un Ordinatore, una fonte di codice


17 Si vedano in particolare Il crepuscolo dello scientismo, riedito da Nova Scripta, Genova, 2002, e lo straordinario saggio L’anima scientifica, La Finestra, Lavis 2003.

18 Cfr. E. Voegelin, Wissenschaft, Politik und Gnosis, Kösel, München 1959. 19 Cfr. H. Blumenberg, L’ansia si specchia sul fondo, trad. It. Il Mulino, Bologna 1989, pp. 49-54 dove la contingenza del mondo è un’idea cristiana, il «senso» del mondo una questione in realtà improponibile, e la «rabbia contro il mondo» una pantomima. Notiamo, alle pp. 111-112, l’interessante nota di paragone fra le strutture fondamentali di religione, logica economica, e ordine cosmico. 20 Cfr. H. Jonas, Tra il nulla e l’eternità, trad. It. Gallio, Ferrara 1992. Jonas legge un influsso gnostico nella stessa struttura del nichilismo e dell’esistenzialismo contemporanei. Impossibile non aggiungere che persino un biologo, e non un filosofo, ha sospettato che la grande enfasi conferita dai suoi colleghi ai geni e alla lotta (la “metafora competitiva”) derivi da un mito culturale di Caduta e Redenzione: Brian C. Goodwin, How the Leopard Changed Its Spots: theEvolution of Complexity, Phoenix 1994. 21 Cfr. M. Heidegger, Essere e tempo, trad. It. Bocca, Milano - Roma 1953; E. Husserl, La crisi delle scienze europee e

la fenomenologia trascendentale, trad. It. Saggiatore, Milano 1997. A esclusione della cosiddetta “scuola tradizionale” di ispirazione metafisica (cfr. M. M. Zarandi (ed.), Science and the Myth of Progress, World Wisdom, Bloomington

2003), in Europa occidentale e negli USA la filosofia sembra aver smesso di interessarsi veramente all’argomento dalla fine degli anni ’70. Si vedano a titolo di esempio: P. S. Moorhead - M. M. Kaplan (eds.), Mathematical Challenges to the neo-Darwinian Interpretation of Evolution, The Wistar Institute Symposium Monograph Number 5, The Wistar Institute Press, Philadelphia 1967; R. H. Peters, “Tautology in evolution and ecology”, Am. Nat. 110 (1976), pp. 1-12; K. R. Popper, “Darwinism as a metaphysical research programme”, in: Unended Quest: An Intellectual Autobiography, Fontana, London 1976, pp. 167-180 (la cui tesi è stata successivamente in parte ritrattata dall’autore).


finalistica, o almeno totalmente armonizzata; perciò quest’ordine doveva essere razionale. La sua complessità imponeva una ricerca faticosa delle leggi di armonizzazione alle cause, del come e del

perché dei singoli eventi, delle stelle e degli insetti, dei vulcani e della pioggia, del canto degli uccelli e delle livree dei pesci oceanici, della fioritura del pesco e dell’odio o dell’amore di un

uomo. L’opera precipua dello scienziato era la summa.


Secondo la dottrina della selezione naturale, basata su caso e necessità, la natura è invece sì ordinata, ma di un ordine intrinsecamente irrazionale, il cui fondamento è il disordine, l’assenza di

causa; un ordine soltanto funzionale, del tutto estrinseco ed apparente, come apparente sarebbe la teleologia del fenomeno vitale. Il Dio darwiniano appare per come non è, tralignante di terribilità

dietro la vacua e graziosa maschera della vita, al modo di una fantasia barocca; opposto specularmente alla Suprema Mente teorizzata da Tommaso d’Aquino, rammenta l’Infinita Volontà

escogitata durante la prima grande crisi epistemologica del Medioevo dal teologo francescano Duns Scoto: un Dio che decide a suo piacimento persino del Vero e del Bene. Di fronte a Lui tutto è

contingente. Come dimostrano la psicobiologia e la neurofisiologia evolutiva, le coerenti conclusioni del darwinismo e del suo contingentismo allorché si rivolga alla genesi decostruttiva

dell’etica e del pensiero, sono infatti il più misero degli utilitarismi, e lo psicologismo, ovvero il sovvertimento della razionalità.


Far derivare infatti le facoltà cognitive, attraverso un processo selettivo, dal substrato biologico (il cervello), significa ridurre la portata della nostra conoscibilità, e ogni ragionamento, a un

pragmatismo operazionale privo di fondamento e universalità. Neurofisiologi evoluzionisti sono giunti a sostenere che l’idea (il «meme») di Dio non sarebbe altro che uno dei tanti prodotti

dell’evoluzione, un’illusione o uno strumento utile alla fitness della specie. Non sovviene loro che, secondo la dottrina, anche l’evoluzionismo è un’idea, prodotta mediante il cervello dalla selezione,

e dunque priva in sé di fondamento veritativo.22


Evidentemente se tale sovvertimento risulta chiaro al filosofo, non lo è ancora allo scienziato. Ove lo diventasse, probabilmente la crisi assurgerebbe al suo culmine, portandoci forse, se non alla

grande implosione profetizzata da Pierre Thuillier,23 almeno più vicini alla liberazione dalla «incredibile cantonata» della cui mancata confutazione ci accuseranno, come «tutti pazzi», gli

storici del futuro secondo il grande Giorgio de Santillana.24


22 Della fallacia dei tentativi evoluzionistici di giustificare la verità delle credenze di sistemi cognitivi sviluppatisi per pressione evolutiva (Descartes redivivo!) si è occupato Steven P. Stich. Cfr. il suo The Fragmentation of Reason, MIT

Press, 1990, e in italiano il contributo “Decostruire la mente: la critica al materialismo” in: E. Carli (cur.), Cervelli che parlano: il dibattito su mente, coscienza e intelligenza artificiale, Mondadori, Milano 1997, pp. 197-212.

23 Cfr. P. Thuillier, La grande implosione. Rapporto sul crollo dell’Occidente 1999-2002, trad. It. Asterios, Trieste 1997.

24 G. de Santillana - H. von Dechend, Il mulino di Amleto. Saggio sul mito e sulla struttura del tempo, trad. It. Adelphi, Milano 2000, pp. 94-97: «Forse, un giorno, il nostro tempo sarà chiamato Era Darwiniana, così come noi parliamo

dell’Era Newtoniana di due secoli fa. L’evoluzione, questa semplice idea che non si ritiene più necessario esaminare, copre come una tenda tutte le età che conducono dal primitivismo alla civiltà. Gradualmente, ci viene detto, un passo

dopo l’altro, gli uomini produssero le arti e i mestieri, fecero questo e quello, finché non emersero alla luce della storia. Questi soporiferi “gradualmente” e “un passo dopo l’altro”, ripetuti senza tregua, mirano a nascondere un’ignoranza a un tempo vasta e sorprendente. [...] L’evoluzione animale rimane un’ipotesi storica a carattere generale, sostenuta da dati sufficienti – e dalla mancanza di un’alternativa; nei particolari, essa solleva un numero spaventoso di interrogativi per i quali non abbiamo risposte [...] E poi si passa alla storia: l’idea evoluzionistica riappare e fa il suo ingresso come qualcosa di naturale, priva ormai di qualsiasi proporzione [...] Il tutto rientra in una specie di Naturphilosophie mai analizzata. [...] Forse gli storici dei secoli futuri ci dichiareranno tutti pazzi per non aver scoperto subito e confutato con la necessaria energia questa incredibile cantonata. [...] La nostra ignoranza non solo rimase profonda, ma divenne anche pretenziosa».



Continua ....................................................


 

Sito a cura dell'A.I.S.O. Associazione Italiana Studi sulle Origini - aggiornato il 31/01/2014 

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