Nuove
tecniche hanno reso i risultati più affidabili
Per
la prima volta è stato sequenziato ben 79% del genoma umano
antico dai resti (capelli) congelati trovati in Groenlandia. Il
lavoro, guidato da Eske Willerslev
dell’Università di Copenhagen nei laboratori del Centro
Genomico cino-danese di Shenzhen, China,
è frutto della collaborazione di ricercatori russi, americani,
estoni, francesi e australiani, oltre, naturalmente danesi e cinesi.
Il loro lavoro è stato pubblicato sul fascicolo dell’11
febbraio 2010 della rivista Nature.
È
risultato che gli eschimesi provengono dalla Siberia ed hanno
colonizzato Groenlandia e Nord America circa 5,500 e 1,500 anni fa.
Con
questa ricerca finalmente si pone fine alle polemiche sul
sequenziamento del DNA nucleare e mitocondriale umano antico. Tra i
pionieri di questi studi occorre ricordare l’equipe di Guido
Barbujani e Giorgio Bertorelle, del Dipartmento di Biologia
dell’Università di Ferrara, che nel 2003 sequenziarono
il DNA dei resti di uomo di Cromagnon trovati in una grotta in
Calabria. All’epoca il loro studio fu criticato da due delle
massime autorità nel campo: Alan Cooper (Oxford) e Svante
Pääbo dell’Istituto di Antropologia evolutiva
Max-Planck (Germania). Le critiche si basavano sul rischio di
contaminazione dei reperti antichi con il DNA moderno dei soggetti
venuti a contato con il materiale antico, e anche sul fatto che il
DNA del Cromagnon dovrebbe essere così simile a quello umano
attuale, che non si sarebbe mai potuto sapere se i risultati siano
reali (!).
Una
cosa è certa, lo studio del genoma antico riguarda reperti
recenti, di epoca storica oppure datati a poche decine di migliaia di
anni fa, quindi può gettare luce sul passato recente, ma non
su quello evolutivo. Forse per questo alcuni evoluzionisti non erano
entusiasti di questo tipo di ricerche.
Ora
che la ricerca ha coinvolto le università di mezzo mondo e i
metodi sono un po’ più sicuri, Cooper e Pääbo
sono diventati paladini del sequenziamento del DNA umano antico. In
un recente articolo Pääbo dichiara che “ora possiamo
fare ciò che un anno fa io ritenevo impossibile –
ottenere sequenze affidabili di DNA umano – anche se per ora
solo da reperti ben conservati”. Viva la sincerità. Dopo
sette anni si è arrivati alle conclusioni dell’equipe di
Ferrara. Ma negli articoli recenti i ricercatori-pionieri italiani
non sono neanche citati. Rei di avere agito senza il benestare di
Cooper e Pääbo? Chiedo scusa ai lettori per il piccolo
sfogo patriottico.
Di
Mihael Georgiev
autore
del libro “Charles Darwin. Oltre le colonne d'Ercole
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