Telmo
Pievani e Massimo Pigliucci commentano il libro di Fodor e Piattelli
Palmarini “Gli errori di Darwin” (Feltrinelli, 2010)
Sul Corriere della
sera del 23 marzo 2010 in un articolo dal titolo “Darwin, la
terza via dell' evoluzione”, troviamo il commento di Telmo
Pievani
(http://archiviostorico.corriere.it/2010/marzo/23/darwin_terza_via_dell_evoluzione_co_9_100323015.shtml).
Le posizioni sull’evoluzione nel mondo scientifico sono
riassunti in tre punti:
• La teoria
darwiniana della selezione naturale non ha bisogno di sostanziali
riforme.
• Nuovi filoni
di ricerca portano a una teoria dell’”evoluzione estesa”:
darwiniana nel suo nucleo, ma più allargata e pluralista.
• Necessità
di una nuova teoria alternativa , basata su autorganizzazione e su
forme organiche che sarebbero generate dall’interno (per
esempio dettate dalle reti genetiche).
La posizione di
Pievani sembra essere la seconda, da qui il titolo “la terza
via”, che somiglia ad una famosa linea politica di recente
memoria. Scrive Pievani:
“Tutte le
teorie scientifiche vengono aggiornate, senza ortodossie dogmatiche
se non a proprio scapito, ma di caso in caso la trasformazione può
avvenire per un rovesciamento da parte di una teoria rivale o
attraverso una più graduale metamorfosi. L' ipotesi che gli
scienziati cognitivi Jerry Fodor e Massimo Piattelli Palmarini
consegnano vuol essere un sasso nello stagno del programma di ricerca
che negli ultimi 150 anni ha integrato le idee di Darwin, emendandone
anche gli inevitabili errori. Il dissenso fa leva su scoperte che
provengono da branche assai promettenti delle scienze della vita: la
biologia evoluzionistica dello sviluppo e dei geni «architetti»
che lo regolano, le molteplici sorgenti di variazione, il ruolo dei
vincoli strutturali. Se per molti biologi la teoria darwiniana non ha
bisogno di sostanziali riforme, per altri - come a suo tempo il
paleontologo Stephen J. Gould - la rilevanza di questi nuovi filoni
di ricerca sta prefigurando una “teoria evoluzionistica
estesa”, ancora pienamente darwiniana nel suo nucleo ma più
allargata e pluralista. Secondo l' ipotesi eterodossa di Fodor e di
Piattelli Palmarini, invece, oggi si starebbe affacciando una teoria
alternativa, basata sulle leggi della forma e sull’
autorganizzazione. Le forme organiche sarebbero cioè generate
“dall' interno” - per esempio per effetto di vincoli di
sviluppo, di limiti dettati dalle reti genetiche, di filtri alla
variazione - e non dalle pressioni “esterne”, cioè
ecologiche, della selezione. Le strutture della vita deriverebbero
anche da principi fisico-chimici interni che produrrebbero
conformazioni ottimali e proporzioni armoniose come quelle della
successione di Fibonacci. La natura sarebbe inoltre ricolma degli
effetti collaterali non adattativi di questi vincoli interni. Ma è
fondato trarre da questa miscellanea di evidenze eterogenee la
conclusione che il neodarwinismo sarebbe fatalmente malato? Secondo
la grande maggioranza dei ricercatori sul campo non è così.
Innanzi tutto perché i fattori strutturali integrano, e non
sostituiscono, le spiegazioni basate sulla fitness darwiniana. La
speciazione può avvenire in molti modi e tempi, ma in accordo
con la continuità dei meccanismi darwiniani di base. Gli
effetti secondari sono pur sempre trascinati da tratti selezionati.
Esistono processi non selettivi fondamentali, come le derive
genetiche, e non fa più scandalo dire che in natura non tutto
è adattamento. La selezione - il cui carattere storico non
impedisce affatto che sia riproducibile in laboratorio e prevedibile
- non è omnipervasiva. Tuttavia, ad avviso dei più ciò
non implica affatto che essa sia diventata un’attrice non
protagonista. Perché vi sia teoria rivale, i fattori interni
dovrebbero render conto degli innumerevoli fenomeni che la teoria
esistente sa spiegare, aggiungere fatti nuovi e ottenere tutto ciò
adottando principi non riducibili a quelli darwiniani: una triplice
sfida assai impegnativa.
Nel libro prevale la
pars destruens. Gli “errori dei neodarwinisti”
discenderebbero dall’aver inteso la selezione e l' adattamento
come leggi universali, e inconfessabilmente finalistiche. Le ricerche
empiriche future stabiliranno se è alle porte un probabile
darwinismo riveduto, oppure qualcosa di interamente nuovo, o
viceversa un restyling superficiale. Il libro ha comunque il merito
di evidenziare l' inconsistenza di quell' «adattazionismo»
caricaturale che alcuni storici e filosofi vorrebbero applicare a
ogni campo dello scibile, di recente persino agli orientamenti
politici. Ma l' obiettivo polemico passa dagli eccessi della
psicologia evoluzionistica all' intera logica dell' evoluzione. Gli
autori dedicano l’apertura a una netta presa di distanza da
qualsivoglia dottrina del “Disegno Intelligente”. Un
gesto di chiarezza, che forse tradisce il timore che i presunti
“errori di Darwin” siano strumentalizzati dai
creazionisti: ma questa visione strutturalista sarebbe altrettanto
integralmente naturalistica, oltre che più meccanicistica, di
quella darwiniana. E' utile quindi distinguere un' opposizione
argomentata, per quanto difficilmente condivisibile sia, dalle
polemiche di detrattori che usano ancora slogan ottocenteschi. La
differenza sta proprio qui: in quanto scienza alle prese con i fatti,
la teoria dell' evoluzione si sta evolvendo”.
•••
L’articolo
di Pievani è di grande interesse, perché secondo le mie
conoscenze per la prima volta si ammette che c’è un
dibattito sull’evoluzione all’interno del mondo
scientifico. L’unica recensione – oltre quella di Pievani
– è attualmente quella di Massimo Pigliucci, professore
di filosofia al City University of New York–Lehman College,
Bronx, New York, pubblicata su Nature il 18 marzo 2010 (“A
misguided attack on evolution”, Nature 2010;464:353,354 (18
marzo). Pigliucci è molto più duro e considera
fuorviante l’attacco all’evoluzione darwiniana.
Pigliucci
comunque dà ragione agli autori su due punti: che la biologia
evoluzionistica dominante è stata troppo accondiscendente con
l’ormai settantenne teoria sintetica, che conciliava la teoria
originale della selezione naturale con la genetica mendeliana e della
popolazione; e che c’è bisogno di estendere
l’armamentario concettuale della teoria dell’evoluzione.
Ma contesta la loro opinione che nell’evoluzione darwiniana
insegnata oggi vi siano errori fondamentali che minano alla radice la
sua validità.
L’attacco
all’evoluzione consisterebbe in due punti da respingere
fermamente. Il primo, che i biologi sottolineano i fattori esterni ed
ecologiche, incuranti dei fattori interni – genetici,
epigenetici e di limiti al cambiamento. Per Pigliucci ciò non
è vero, gli autori distorcono i dati della letteratura, perché
anche molti biologi riconoscono l’importanza dei fattori
interni. Il secondo, che la selezione naturale non può essere
un meccanismo evolutivo, perché l’evoluzione è un
processo storico, e la storia è giusto una sequenza di eventi
senza una logica coordinatrice. Il secondo punto sarebbe invece
esagerato, e Fodor e Piattelli Palmarini avrebbero una “visione
ristretta della scienza”, secondo la quale la selezione
naturale sarebbe accettabile solo in due casi: qualora vi fosse un
Progetto intelligente, oppure delle leggi naturali come quelle delle
scienze cosiddette esatte (fisica).
Qui
veniamo al dunque. Quelle di Fodor e Piattelli Palmarini
sarebbero cattiva filosofia e cattiva scienza. Banale: scegli come
corretta filosofia il materialismo (naturalismo) e chiama scienza
quello che ti pare (qualsiasi evento statisticamente non
“impossibile”), e non ci sarebbero problemi! Basterebbe
convincere tutti a ragionare così, e che ciò si
configuri come ragionamento “scientifico”.
Per
Pigliucci Fodor e Piatteli Palmarini falliscono nel tentativo di
gettare un ponte tra il mondo intellettuale e quello scientifico. A
quel proposito egli cita un piccolo saggio di C.
P. Snow, Le due culture e la rivoluzione scientifica (New
York, Cambridge University Press, 1959), che aveva avuto in tre anni
(1959 – 1962) 10 ristampe. Questo saggio oggi è nel
dimenticatoio, ma per alcuni decenni era di gran moda nei circoli
accademici e salotti intellettuali degli USA. Sarà che ho il
vizio della critica, ma ho sempre trovato il libro di Snow risibile.
Tanto per cominciare si occupa di scienza senza neanche un tentativo
di definirla, ma da per scontata la sua potenza conoscitiva e la
elogia alla Compte. Poi ci sono delle perle come la classifica della
Russia tra i paesi ricchi (!). Se fosse questo il pensiero accademico
americano, teniamoci stretti Guareschi e Alberto Ronchey, il quale
aveva definito l’URSS “superpotenza sottosviluppata”.
Sono infatti rimasto un po’ sorpreso che uno studioso del
calibro di Pigliucci abbia trovato motivo di mettere in evidenza il
saggio di Snow. Se il ponte tra le due culture, quella intellettuale
– filosofica e quella scientifica, fosse gettato da libri come
quello di Snow, su tale ponte tanti non intendono salire.
Mihael
Georgiev
autore
del libro “Charles Darwin. Oltre le colonne d'Ercole”
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