Fossili
di gasteropodi sfidano le attuali idee dell’evoluzione
Secondo la teoria
prevalente, un evento catastrofico di vasta portata –
verosimilmente vulcanismo intenso – ha causato circa 250
milioni di anni fa, durante il permiano-triassico, l’estinzione
di circa il 96 per cento delle specie animali marine e il 50 per
cento delle famiglie animali esistenti; l’evento è noto
come “estinzione P-T”. Da quel momento in poi nulla sulla
Terra sarebbe stato come prima. Le rimanenti forme viventi e le nuove
sviluppatesi successivamente hanno come caratteristica comune quella
di essere più piccole di quelle precedenti. Il
“rimpicciolimento” sarebbe dovuto all’impoverimento
della biosfera, danneggiamento delle catene alimentari, riduzione
dell’ossigeno nell’acqua e lo scioglimento di sostanze
tossiche nell’acqua.
Un articolo nel
fascicolo di febbraio della rivista Geology mette in
discussione l’ipotesi del rimpicciolimento post-estinzione P-T,
in base alla datazione di fossili di gasteropodi, molluschi marini
dei quali sono note 80,000 specie (ne fanno parte le lumachine di
mare). I gasteropodi attuali, chiamati “microgasteropodi”,
hanno dimensioni inferiori a 10 mm, mentre le forme fossili trovati
nello stato di Utah e oggetto dell’articolo su Geology
di “macrogasteropodi” misurano oltre 40 e fino a 70 mm di
lunghezza. Simili macrofossili sono stati trovati anche in Italia e
Serbia.
In base
alla datazione con uranio/piombo e la zonazione degli ammoniti, i
gasteropodi giganti sarebbero vissuti tra uno e due milioni di anni
dopo la grande estinzione permiano-triassica. Ma secondo l’ipotesi
del rimpicciolimento non dovrebbero esserci più in quel
periodo. Quindi sarebbero scomparsi dopo e non durante l’estinzione
P-T.
•••
L’eccesso di
fiducia nella datazione radiometrica crea problemi agli
evoluzionisti. Prima prendono per oro colato la datazione e
costruiscono sopra una determinata storia evolutiva. Poi trovano un
reperto che sconvolge tale storia e cercano di modificarla, sempre in
base a datazioni intrinsecamente inaffidabili. I problemi che devono
affrontare sono molto più grandi di quello dei gasteropodi
giganti.
La
fallacità della «colonna geologica del tempo» è
evidenziata da un recente studio pubblicato nel 2004 su Geology
(2004;32;165-168).
Una zona desertica del Perù, grande alcuni chilometri quadrati
e lontana 20 chilometri dall’oceano, è disseminata di
centinaia di fossili di balena. Gran parte delle balene sono
conservate così bene che persino i loro fanoni sono
perfettamente pietrificati: se le falene fossero state esposte
all’aria si sarebbero decomposti subito, perciò la loro
conservazione testimonia una sepoltura rapida, addirittura
istantanea. Ma c’è di più. Data la mole delle
balene, lo strato di roccia sedimentaria in cui sono incluse dovrebbe
abbracciare, secondo la scala del tempo geologico, un periodo di 13
milioni di anni. Simili fossili «multistrato» si trovano
ovunque e indicano che la formazione di strati, che si suppone sia
durata milioni di anni, si spiega meglio supponendo depositi rapidi e
sovrapposti di materiale portato dalle correnti torbide. Se dei
ritrovamenti cancellano ben 13 milioni di anni di “storia
evolutiva”, figurarsi quanto possa essere attendibile la
datazione di una differenza di un milione di anni.
Mihael Georgiev
Autore del libro “CHARLES DARWIN. OLTRE LE COLONNE D'ERCOLE”
|