ECO CREAZIONISTA
Articoli
Recensioni
Rassegne Stampa
Lettere
Eco dei Lettori
Eventi, Interviste
Bibbia & Scienza
Archivio
 
 
 
 
L'ORIGINE DELLA SPECIE 150 ANNI DOPO
di Mihael Georgiev -19/02/10-
 

L’origine delle specie 150 anni dopo

La moltiplicazione dei misteri



Nel fascicolo di 12 marzo 2009 della rivista Nature, Andrew Hendry del Dipartimento di Biologia dell’Università McGill di Montreal, fa il punto sulla speciazione, cioè il processo di comparsa di nuove specie animali. Scrive Hendry: “L’origine delle specie, titolo del grande lavoro di Charles Darwin del 1859, sembrava promettere la soluzione del ‘mistero dei misteri’. Ma nonostante noi si sappia oggi molto di più sulla speciazione rispetto a 150 anni fa, il mistero da uno è diventato più misteri – e le possibili soluzioni si sono moltiplicate”.

Le specie sono reali?, si chiede l’autore, e risponde di sì, anche se è difficile definirle. Infatti esistono oltre venti proposte di definizione di specie, e quella comunemente accettata è il cosiddetto “concetto biologico di specie” (BSC), secondo il quale le specie sono gruppi di individui potenzialmente o realmente interfecondi, che però sono isolati uno dall’altro. È una definizione ambigua, che ha tre grandi difetti. Il primo, che non è applicabile agli organismi a riproduzione asessuata. Il secondo, che 25% delle piante e 10% degli animali possono ibridizzare con almeno un’altra specie. Il terzo, che specie non sono sempre isolate. Attualmente si conoscono circa 1,5 milioni di specie, di cui ben 350 mila sono coleotteri, ma se ne scoprono continuamente delle nuove.

Si è sempre ritenuto che ciò che fa nascere una nuova specie sono le modifiche nell’organismo che si trova isolato dal resto della popolazione. Questo isolamento geografico seleziona caratteristiche adattive diverse, finché le due specie isolate si allontanino geneticamente così tanto una dall’altra, da non potersi più incrociare (isolamento riproduttivo). La creazione di una nuova specie grazie all’isolamento geografico si chiama speciazione alopatrica.

Oggi parla di speciazione ecologica perché si ritiene che ciò che fa nascere una nuova specie sono le modifiche nell’organismo che diventano adattative occupando nicchie ecologiche non necessariamente geograficamente isolate, ma nello stesso habitat. Se invece una specie si trasforma in un’altra nello stesso habitat, senza occupare nicchie ecologiche diverse, allora parliamo di speciazione simpatrica.

La speciazione simpatrica, però, sfida la teoria dell’evoluzione, perché avviene senza l’intervento della selezione naturale: una specie si modifica e nello stesso territorio abbiamo due specie al posto di una. Alcuni grandi evoluzionisti come Ernst Mayr hanno sempre negato l’esistenza della speciazione simpatrica, proprio perché non prevista dalla teoria dell’evoluzione. Invece esiste, fregandosene dell’ortodossia darwiniana, e negli ultimi anni sono stati segnalati diversi casi, due dei quali pubblicati proprio su Nature nel 2006 (Vol. 439:719-723, 9 Febbraio, e Vol. 441:210-213, 11 Maggio).

Quale è il motore della speciazione? Secondo la teoria classica sono le piccole mutazioni che, accumulandosi, trasformerebbero una specie in un’altra, con l’aiuto dell’isolamento geografico tra le due specie, oppure occupando nicchie diverse nello stesso ambiente, cioè con speciazione alopatrica o ecologica. Negli ultimi anni si è visto però che una nuova specie può comparire per speciazione simpatrica. Tra gli esempi ci sono alcuni pesci che vivono nello stesso lago, piante su piccole isole ed insetti. Sembra che la speciazione simpatrica coinvolge pochi geni che subiscono grandi cambiamenti, come rimescolamento del materiale genetico, mentre quella adattativa dovrebbe dipendere da piccole mutazioni in tanti geni, per cui è difficile da ricostruire.

Una domanda importante è quanto tempo ci vuole per la comparsa di una nuova specie. Da Darwin ad oggi l’idea prevalente è che si tratti di un processo lento che richiede milioni di anni. Ma le recenti scoperte di casi di speciazione simpatrica, come con alcuni pesci di laghi africani e sudamericani, dimostrano che nuove specie si siano formate in meno di 10-15 mila anni. Alcuni sostengono che l’isolamento riproduttivo (perdita della interfecondità) tra la prima e la nuova specie possa verificarsi in 10-12 generazioni soltanto. Per non parlare del fenomeno della poliploidia (moltiplicazione dei cromosomi) con successiva ibridizzazione, che in alcune piante fa nascere immediatamente una nuova specie. L’autore conclude che come in altri campi della scienza, anche per la speciazione, più sappiamo, più sappiamo do non sapere.

•••

Il fatto rimane che i pochi cambiamenti osservabili in natura che creano isolamento riproduttivo sono dovuti prevalentemente a rimescolamento di materiale genetico, non richiedono molto tempo e non portano lontano. Tutti gli esempi puntano a cambiamenti limitati all’interno di specifici tipi di animali. Dopo 150 anni di ricerca non si ha la minima idea quali possano essere stati i meccanismi della supposta evoluzione dal microbo all’uomo.


Mihael Georgiev

autore di “CHARLES DARWIN. OLTRE LE COLONNE D'ERCOLE. Ed. Gribaudi (Vedi sez. libri di questo sito)









 

Sito a cura dell'A.I.S.O. Associazione Italiana Studi sulle Origini - aggiornato il 31/01/2014 

Contatto | Links | Informazioni | Iscrizione | Contributi