Le
radici di cui si parla molto ma si conosce poco
di
Mihael Georgiev
Una
parte del mondo ebraico e cristiano usa la Bibbia anche come un
“manuale d’istruzione”. Tale uso, ovviamente, va
bene contestualizzato e non strumentalizzato.
Il
tema dell’immigrazione domina la stampa italiana ed è
anche un problema europeo. Si scontrano opinioni diverse e
inconciliabili tra loro. Da una parte c’è uno
schieramento preoccupato a difendere le nostre radici
giudaico-cristiane e promuovere politiche restrittive, che viene
accusato di provocare l’emarginazione, favorire sentimenti di
ostilità verso gli immigrati, la xenofobia e il razzismo.
Dall’altra parte nel nome di una fratellanza laica o dovere
cristiano si tende a sottolineare i diritti dei deboli in modo
acritico, considerando l’accoglienza degli immigrati un dovere
e ogni loro richiesta un diritto, a prescindere di qualsiasi altra
considerazione.
Ebbene,
nella Bibbia si trovano istruzioni precise per quanto riguarda
l’immigrazione e l’integrazione degli immigrati. Ad
esempio, se uno straniero voleva vivere in mezzo al popolo ebraico,
gli ebrei avevano il dovere di accoglierlo, ma anche lui aveva il
dovere di un certo modo di comportarsi. La riflessione che segue è
stata stimolata da una citazione che ho sentito recentemente mentre
ascoltavo la trasmissione del sito www.radiovocedellasperanza.it.
Circa
2600 anni fa, nel periodo tra 597 e 587 A.C., i babilonesi
distrussero il Regno di Giuda e deportarono una parte degli ebrei in
Babilonia. Questo fatto storico è narrato nella Bibbia ed è
diventato parte della cultura italiana ed europea il 9 marzo 1842 con
la prima alla scala di Milano dell’opera lirica Nabucco di
Giuseppe Verdi su libretto di Temistocle Solera. Il pezzo più
famoso dell’opera è il coro degli schiavi, Va’
pensiero, che ha fatto da inno risorgimentale ed è stato
proposto addirittura per inno nazionale italiano. Con cuore affranto
gli ebrei ricordavano la patria lontana:
Oh mia patria sì
bella e perduta!
Oh membranza sì
cara e fatal!
Non
bisogna però confondere la cultura con le sue radici. Mentre
il Nabucco di Verdi è cultura, le radici sono il racconto
biblico degli eventi dell’opera. È auspicabile che
qualche volta si vada oltre la cultura per arrivare alle radici, cioè
alla fonte. E poiché le radici sono la Sacra Scrittura, ecco
cosa troviamo. Al tempo della deportazione degli ebrei in Babilonia,
il profeta a Gerusalemme era Geremia. Dio in persona dettò a
Geremia una Lettera agli esiliati, che si trova nel capitolo
29 del libro di Geremia. Nel versetto 7 troviamo un preciso ordine
che Dio da agli immigrati – anzi ai deportati:
Cercate il
benessere del paese in cui vi ho fatto deportare. Pregate il Signore
per esso, perché dal suo benessere dipende il vostro
benessere.
Non
c’è da equivocare o interpretare: più chiaro di
così e più applicabile alla situazione attuale non si
potrebbe. Questa semplice frase (forse troppo semplice) da sola
distruggerebbe dibattiti, scontri e quant’altro, eppure non mi
risulta che coloro che parlano tanto delle radici la conoscano.
L’integrazione e l’accoglienza dipendono anche dal modo
in cui gli immigrati guardano il paese dove arrivano. E la ricetta è
nelle nostre comuni radici, tanto parlate quanto poco conosciute.
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