Senza
entrare nel merito di obiezioni troppo specifiche che non potrebbero
essere trattate sufficientemente in questa sede, è possibile
conciliare l’attività scientifica con il rifiuto
dell’ipotesi neodarwiniana?
Il 23 aprile 2004 la Repulica
pubblicava l’intervista di Renato Dulbecco, premio Nobel per la
medicina per il 1975. Una delle domande, «Possono esserci oggi
buoni biologi e buoni medici, senza lo studio della teoria
dell’evoluzione?» era simile alla vostra. Dulbecco
rispondeva «Di certo si possono apprendere tutti gli
elementi per la conoscenza dell’uomo e degli altri esseri
viventi anche senza studiare Darwin».
Dal 1901 al 2008 sono stati consegnati 141 premi Nobel
(99 di medicina e 42 di chimica) per contributi fondamentali alla
conoscenza degli organismi viventi. Nessuno di questi premi ha alcun
rapporto con l’ipotesi neodarwiniana. Solo il premio Nobel di
chimica per il 1960, conferito a Willard Frank Libby per la tecnica
di datazione con carbonio radioattivo riguardava una metodologia
utile per indagare il passato, ma quello archeologico e non quello
evolutivo di centinaia di milioni di anni.
Quali
sono, ad oggi, i dubbi più rilevanti sul paradigma
neodarwiniano? E quali le prove più interessanti che
dovrebbero farci considerare aperta la riflessione sul tema?
Il punto debole del paradigma neodarwiniano è
nella sua discordanza con i dati delle scienze naturali.
Nell’Ottocento si trattava di mancanza di dati in
sostegno della teoria, ma oggi è molto peggio: i dati ci sono,
però sono discordanti. Ad esempio, Darwin riconosceva
il mancato sostegno della paleontologia, ma lo attribuiva
all’incompletezza dei ritrovamenti fossili; oggi, però,
circa 85% dei mammiferi sono stati trovati anche come fossili.
Le prove più interessanti riguardano il ruolo dei
meccanismi darwiniani nella speciazione. Questo ruolo c’è,
ma è marginale e produce varianti all’interno di un dato
pool genetico, non le trasformazioni postulate da Darwin, in grado di
trasformare un microbo in un professore di microbiologia.
La
teoria del “disegno intelligente” viene spesso accusata
di ridurre il dibattito all’argomentazione del “Dio dei
vuoti”, è d’accordo?
Ritengo che l’accusa sia infondata. Più che
di «Dio dei vuoti» si tratta di un viaggio di ritorno da
Darwin a Platone. Il disegno intelligente non dice che ciò che
non conosciamo deve avere origine sopranaturale, dice invece
che alcuni aspetti della realtà si spiegano meglio come
il prodotto di un progetto intelligente che come prodotto del caso:
Platone contro Epicuro, appunto.
Alister
McGrath scrive: “il modello scientifico non è in grado
di decidere l’ipotesi di Dio, né negativamente né
positivamente”. Pur trovandomi d’accordo non posso fare
a meno di pensare all’argumentum ad ignorantiam: in che modo
la “teiera di Russell” - o più recentemente il
“Flying Spaghetti Monster” - sono diversi dall’ipotesi
Dio”?
La Teiera invisibile di Russel ed il Mostro volante di
spaghetti sono parodie della religione, e le caricature – per
quanto divertenti – non sono rappresentazione fedele di un
oggetto reale, ma pur sempre caricature. Il ricorso ad entità
e presupposti non dimostrabili non è un’esclusiva
dell’«ipotesi di Dio».
L’idea poi di Richard Dawkins, che la teiera è
più innocua della religione è infondata: i
materialisti, quando ne hanno il potere, discriminano ed hanno anche
fisicamente eliminato degli scienziati dissidenti, ad esempio
nell’Unione Sovietica.
Il
cristianesimo parla dell’esistenza di una “legge morale
naturale”: come distinguerla dall’impulso verso il
comportamento altruista studiato approfonditamente dall’etologia
e dalla sociobiologia in quanto tattica di sopravvivenza e di
conservazione della specie (es: le comunità di Pipistrelli
Vampiro o i leoni)?
Darwin vedeva nella natura solo una atroce lotta per la
sopravvivenza, e questo più di ogni altra considerazione gli
ha fatto perdere la fede. Ma io ribalterei la domanda: se il
comportamento altruista è così vantaggioso da essere
selezionato, perché è così raro tra gli uomini?
Per il cristianesimo l’altruismo era lo stato perfetto
dell’uomo alla creazione, mentre l’uomo che vediamo oggi
è il frutto del peccato e della degenerazione. Semmai la
spiegazione evoluzionista è inconsistente, dato che deve
spiegare tutti i comportamenti dei viventi, anche quelle di segno
opposto, con lo stesso meccanismo.
Il fisico americano
Frank J. Tipler ha scritto che a causa delle sue convinzioni
religiose riceve, dall’ente universitario per cui lavora, uno
stipendio più basso rispetto ai suoi colleghi atei o
agnostici. Ritiene possa esistere il rischio di un pregiudizio
latente nella comunità scientifica nei confronti degli
scienziati credenti?
Non conosco il caso di Tipler, ma
a molti è andata peggio. Cito l’ultimo fatto di cronaca,
riportato sul quotidiano inglese The Guardian; si può
consultare il giornale sul
http://www.guardian.co.uk/science/2008/sep/16/michael.reiss.resignation.
L’11 settembre 2008 Michael Reiss, professore di educazione
scientifica all’Università di Londra e direttore
dell’istruzione presso la Royal Society, la più
antica società scientifica del mondo, dichiarava pubblicamente
che il creazionismo andrebbe insegnato non come un’idea
sbagliata, ma come una diversa visione del mondo. Per questa
dichiarazione alcuni membri della Royal Society, tra i quali i
premi Nobel Sir Harry Kroto e Sir Richard Roberts, hanno chiesto le
sue dimissioni da direttore dell’istruzione presso la Società,
e il 16 settembre 2008 Reiss ha rassegnato le dimissioni.
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