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ALL'OMBRA DELLE SUGHERE
di Sandro D'Alessandro - 12/02/09
 



Lo strano caso delle Sughere vegetanti nel Brindisino

apre uno spiraglio sull’inaspettata complessità degli esseri viventi



Sandro D’Alessandro





A Gabriella, Francesco, Angelo.





<< C’era un colle, e sul colle una radura pianeggiante che germogli d’erba coprivano di verde. Non c’era ombra in quel luogo, ma quando il divino poeta vi venne a sedere e trasse dalla lira un accordo, l’ombra lì si diffuse: apparve l’albero della Caonia, e con quello il bosco delle Elladi, il rovere svettante, i tigli flessuosi, il faggio, il vergine alloro, le fragili avellane, il frassino che serve per le lance, l’abete senza nodi, il leccio appesantito dalle ghiande, il platano fastoso, l’acero di diversi colori, e insieme a loro i salici di fiume, il loto d’acqua, il bosso sempreverde, le tenere tamerici, il mirto di due colori e il timo con le sue bacche azzurre.>>



OVIDIO – Metamorfosi









I – ALCUNE EVIDENZE ECOLOGICHE







1 . “Nulla si crea e nulla si distrugge”.

Si verificano a volte negli esseri viventi delle modificazioni la cui ampia portata sembra sfuggire ad un paradigma basato su fattori selettivi così come ampiamente descritti in letteratura e come universalmente accettati dal senso comune.

Possono verificarsi infatti importanti casi di organismi che, trovatisi per un qualsiasi motivo a vivere in zone dalle condizioni ambientali in contrasto anche stridente con le loro esigenze ecologiche, manifestano a volte delle risposte che poco o niente hanno a che spartire con il temperamento per così dire “classico” della specie di appartenenza. E ciò senza che sia lasciato spazio né tempo ai processi usuali di selezione naturale, data l’immediatezza degli adattamenti “di nuovo tipo” richiesti dall’ambiente.

Infatti le differenze ambientali possono essere, nei territori d’adozione, talmente marcate da apparire, in alcuni casi, nettamente incompatibili con la sopravvivenza stessa degli esseri viventi in questione (o, quantomeno, da risultare tali sulla base di una rigida previsione di modelli ecologici che, universalmente accettati in merito alle potenzialità delle specie, non possono tener conto di tutta la rosa di imprevedibili risposte di queste ad ambienti molto particolari).

E’ un dato di fatto che si vengano così a formare degli ecotipi che, per lo più isolati geneticamente dal resto degli appartenenti alla specie, manifestano dei temperamenti ecologici peculiari, quali non è dato di norma rinvenire in nessun’altra zona interessata dalla presenza della specie stessa. Non di adattamento reale – e pertanto dell’espressione di una strategia adottata come risposta ad hoc al nuovo ambiente - si tratta, bensì, con ogni probabilità, del ricorso ad una risorsa già insita nel patrimonio genetico della specie stessa.

Per manifestarsi, una siffatta risorsa non richiede nessun processo graduale e dilazionato nel tempo, perché non prevede - come sarà meglio esposto di seguito - alcuna “emissione” ad hoc di nuovi geni atti a codificare i caratteri richiesti dall’ambiente. Avviene semmai il contrario, ossia un impoverimento genetico e non un arricchimento, consistendo questa “selezione” nel vero senso della parola (da intendersi cioè come vaglio) nell’eliminazione dei caratteri meno consoni all’ambiente ! Una tendenza, pertanto, verso una progressiva semplificazione del patrimonio genetico, e non verso un arricchimento di quest’ultimo, fino alla selezione delle sole caratteristiche codificate dai geni, fra quelli già presenti nel genoma della specie, la cui espressione mette gli individui in grado di sopravvivere nell’ambiente.

Sembra infatti difficile, a tale proposito, che il semplice caso possa fornire la risposta giusta al momento giusto con la “produzione” ex novo di geni la cui espressione risulti confacente alle caratteristiche ambientali. Già, tanto più che, in situazioni particolarmente “difficili”, come quella esposta in questo lavoro - ossia la presenza della Quercus suber in un territorio dalle caratteristiche ritenute classicamente incompatibili, quale quello di Brindisi - ben difficilmente sarà offerta una possibilità d’appello…

Avviene così nel caso delle popolazioni isolate di esseri di una qualsiasi specie che, vivendo in ambienti non congeniali al temperamento tipico della specie stessa, si trovano a portare avanti la loro esistenza in zone caratterizzate da parametri ambientali poco o per nulla idonei alle loro esigenze, senza che per questo vengano di fatto pregiudicati - o significativamente alterati, rispetto agli standard della specie o della popolazione - i processi vitali tipici delle comunità di viventi (nascita – crescita - riproduzione - morte), e senza alcun pregiudizio, sia pure apparente, nei riguardi dell’efficienza della specie all’interno della comunità e dell’ambiente di appartenenza.

Ciò è notevole, tanto più se si considera che una specie che si trova a vivere in un ambiente non confacente a quello per il quale la specie stessa risulta classicamente più idonea è inevitabilmente soggetta a tutto quel complesso di interrelazioni le cui trame si instaurano in ogni ambiente con e fra i viventi, e che coinvolgono ovviamente anche quegli organismi che dell’ambiente suddetto sono più tipici. Di più: si instaurano a volte delle relazioni che legano in maniera pressoché univoca, e in alcuni casi addirittura esclusiva, gli individui della specie di “importazione” ad individui di altre specie già consolidate nell’ambiente e tipiche di esso. Un esempio di ciò potrebbe essere dato ad es. dai Licheni che si insediano sui tronchi degli alberi, nei riguardi dei quali essi presentano una netta selettività a livello di specie.





Foto 1 – Licheni su tronco di Quercia (foto scattata nel “Bosco dei Lucci”).





2. Specialisti, generalisti e varietà del corredo genetico: evidenze a livello ecologico



Le limitazioni che una specie può trovare in un nuovo territorio e la sua maggiore o minore capacità di adeguarvisi dipendono in misura abbastanza lineare dalla capacità di adattamento che ha la specie stessa nei confronti di variazioni dell’ambiente dai parametri che ad essa sono più favorevoli.

Ciò è espresso molto bene in ecologia, una cui suddivisione degli organismi distingue fra specie “specialiste” e specie “generaliste”, di seguito indicate come “specialisti” e “generalisti”.



a) - “Specialisti” - Si tratta di organismi in grado di trarre il massimo profitto dall’ambiente in cui vivono – che può avere anche una limitata estensione geografica -, al quale sono estremamente adattati e dal quale dipendono strettamente. Grazie alla loro estrema specializzazione, l’inserimento di tali specie nel contesto ambientale è molto vantaggioso sia per loro che per lo stesso ambiente: le loro attitudini fanno sì che esse siano in grado di trarre il massimo vantaggio possibile dal territorio in cui vivono; per contro lo stesso territorio, che appare in tali condizioni molto diversificato, acquisisce una complessità tale da ospitare numerose nicchie ecologiche ben definite, ognuna delle quali è occupata da una categoria di specialisti....................................................................................................





PER SCARICARE IL TESTO INTEGRALE CON LE RELATIVE IMMAGINI:



 http://pagesperso-orange.fr/initial.bipedalism/26d.htm#4



 

Sito a cura dell'A.I.S.O. Associazione Italiana Studi sulle Origini - aggiornato il 31/01/2014 

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