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COSA CI RESTA DELLA TEORIA DI DARWIN?
di Mihael Georgiev 15/12/08
 


In realtà cosa rimane della teoria Darwiniana, oggi, all'interno del mondo evoluzionista? Se rimane molto poco, cos'è che permette agli evoluzionisti attuali di richiamarsi ancora a Darwin e con quale legittimità?

 


Parlando di evoluzione, occorre distinguere tra evento e meccanismo. Darwin non ha proposto una teoria complicata e dettagliata, ma una che può essere riassunta in poche righe. Quello che ha detto è che le forme di vita oggi esistenti si sono sviluppate per lenta trasformazione, a partire da una forma di vita semplice, comparsa nel lontano passato. Questo è l’evento. Come è successo questo? Ecco il meccanismo: Nelle popolazioni si osservano piccole variazioni, come quelle che l’uomo sfrutta negli allevamenti per produrre nuove razze. Queste variazioni possono essere ereditarie e, se favorevoli, tendono ad essere selezionate e conservate nella lotta per la vita; se invece risultano sfavorevoli, tendono ad essere eliminate. Il meccanismo che opera questo processo di selezione/eliminazione si chiama selezione naturale (in analogia alla selezione artificiale praticata dall’uomo negli allevamenti). A partire da una o poche forme iniziali di vita, l’accumulo di tante piccole variazioni nel corso di milioni di anni ha prodotto grandi cambiamenti, con la comparsa di nuove specie, fino alla diversificazione delle forme di vita oggi esistenti. Ma la cosa più importante è che per Darwin l’intero processo è governato da leggi naturali e non richiede né un progetto intelligente, né un intervento sopranaturale.

Per gli evoluzionisti l’evento è un fatto indiscutibile, come quello che la Terra è sferica. In più, come scienziati devono spiegare ogni fenomeno con cause naturali. Queste due cose fondamentali sono condivisi oggi da tutti i darwinisti, e questo basta e avanza per spiegare perché essi si continuano a richiamare a Darwin e non agli a Chambers, Saint George Mivart o lo stesso Wallace, coautore della teoria di Darwin, i quali, in un modo o nell’altro, ritenevano che l’evento – cioè l’evoluzione – era guidata da una intelligenza sopranaturale. (Un discorso a parte merita Lamarck, la cui teoria fu chiamata “spazzatura” (rubbish) dallo stesso Darwin, il quale, però, in risposta alle critiche degli scienziati, ammetteva nell’ultima edizione del suo libro la validità del meccanismo di variazioni ereditarie indotte dall’ambiente e postulate da Lamarck: in mancanza di argomenti “puliti” va bene anche la “spazzatura”).

Ma anche i meccanismi di base dell’evoluzione sono condivisi dagli evoluzionisti, i quali hanno semmai aggiunto altri meccanismi evolutivi a quello proposto da Darwin. Come si vede, sono molte le cose che permettono agli evoluzionisti attuali di richiamarsi ancora a Darwin, e con piena legittimità.

Le caratteristiche del darwinismo sono sintetizzate bene dal filosofo cattolico Etienne Gilson: «Questo nuovo hircocervus, l’evolutionismus darwinianus, dà prova di una vitalità straordinaria. La deve senza dubbio alla sua natura particolare di ibrido tra una dottrina filosofica e una legge scientifica: avendo la generalità dell’una e la certezza probatoria dell’altra, è praticamente indistruttibile». (Etienne Gilson, Biofilosofia da Aristotele a Darwin e ritorno, Genova-Milano, Casa editrice Marietti, 2003, p. 114).

Stando così le cose, a quale parte dell’ibrido deve Darwin la gloria oggi tributatagli? Secondo me alla prima, cioè la dottrina filosofica. Ne è una dimostrazione la celebrazione – ormai globale – del suo compleanno (Darwin Day), un evento senza precedenti nel mondo della scienza, con una coreografia che richiama quella della venerazione dei santi ed il culto dei capi di certi regimi politici, che trasforma il naturalista inglese in un vero e proprio profeta della religione materialista ed atea.

Che l’importanza del darwinismo non dipende tanto dalle teorie riguardanti il ruolo delle mutazioni genetiche e della selezione naturale, ma piuttosto dagli effetti culturali del darwinismo è dimostrato anche dal fatto che Darwin appartiene non soltanto ai testi di biologia; il testo più diffuso di letteratura per i licei (La letteratura italiana - Guida storica, Secondo Ottocento e Novecento, Bologna, Zanichelli, 2004) descrive così l’importanza del darwinismo: «Tra le acquisizioni scientifiche dell’epoca, quella che ebbe le maggiori conseguenze culturali è la teoria dell’evoluzione formulata da Charles Darwin. L’enorme impatto culturale del darwinismo, sulla speculazione filosofica come sul senso comune, si può paragonare solo a quello che aveva avuto il passaggio dalla concezione tolemaica del sistema solare a quella copernicana. Vediamone le principali implicazioni: a una visione della natura immutabile, creata da Dio quale la conosciamo, si sostituisce il concetto di una storicità della natura: un unico processo evolutivo coinvolge l’universo, la terra, la vita e l’uomo stesso; viene affermata la piena naturalità dell’uomo, animale tra gli animali anche se più evoluto; tutto questo portava a uno scontro con le concezioni religiose tradizionali: non solo perché contrastava col racconto biblico della creazione inteso alla lettera, ma perché dalla spiegazione della natura veniva eliminata ogni idea finalistica o provvidenziale. Il conflitto fra la scienza e la fede fu uno dei grandi temi del tardo Ottocento». Per concludere, mentre l’utilità filosofica del darwinismo è fuori discussione, la sua validità scientifica è invece discutibile. Le idee, però, devono la propria fortuna alla loro utilità, non alla loro veridicità.

M. Georgiev

 

Sito a cura dell'A.I.S.O. Associazione Italiana Studi sulle Origini - aggiornato il 31/01/2014 

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