L’EVOLUZIONE
DEI BATTERI IN LABORATORIO:
UN PUGNO
NELL’OCCHIO PER GLI ANTIEVOLUZIONISTI ?
di Mihael
Georgiev
Il quotidiano La
Repubblica ha dedicato una pagina intera all’esperimento
diretto da Richard Lenski che dimostrerebbe l’evoluzione in
laboratorio. La pagina, pubblicata l’11 ottobre 2008 e firmata
da Piergiorgio Odifreddi, prende spunto dai risultati
dell’esperimento e dalla successiva polemica online fra Lenski
e Conservapedia (www.conservapedia.org),
un sito-enciclopedia sul modello di Wikipedia, ma di
orientamento conservatore. I fatti riportati sono affidabili, ma lo è
meno l’interpretazione che se ne dà.
L’esperimento
Nel 1988 Richard
Lenski ha iniziato 12 colture di un ceppo di Escherichia coli
(i colibatteri che vivono nell’intestino umano), osservandoli
generazione dopo generazione per 20 anni e documentando i cambiamenti
avvenuti. Lenski aveva già pubblicato in precedenza alcuni
risultati, ma è stato l’articolo del 10 giugno 2008,
pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of
Sciences (PNAS), che ha avuto maggiore attenzione da parte dei
media. Il testo completo dell’articolo è sul sito
dell’autore
(http://myxo.css.msu.edu/lenski/pdf/2008,%20PNAS,%20Blount%20et%20al.pdf).
Gli evoluzionisti
giustamente nutrivano grandi aspettative da questo lungo esperimento
perché, per ovvi limiti di tempo, l’evoluzione non può
essere osservata direttamente, mentre in 20 anni Lenski ha potuto
osservare in laboratorio più di 44.000 generazioni di batteri,
che equivalgono a circa un milione di anni per la popolazione umana.
Occorre comunque tenere presente che, per l’uomo, le
possibilità evolutive nel corso di 44.000 generazioni sono
minime rispetto ai batteri; essendo la riproduzione umana di tipo
sessuale, ci sono il 50% di probabilità di perdere le
eventuali variazioni (mutazioni) presenti nei genitori; la grandezza
della popolazione umana è poi incommensurabilmente inferiore a
quella della popolazione batterica e quindi si possono verificare
meno mutazioni; infine il genoma umano, essendo molto più
grande, verrebbe irrimediabilmente danneggiato da una frequenza di
mutazioni alta come quella che avviene nei batteri.
Ogni 500 generazioni
un campione di batteri veniva congelato e conservato come un
“fossile” da esaminare successivamente, per descrivere a
livello molecolare la sequenza e la cronologia delle eventuali
mutazioni.
Come calcolato dallo
stesso Lenski, durante i 20 anni si sono verificate più volte
tutte le mutazioni possibili e, stando così le cose,
l’esperimento può considerarsi concluso. Questa
ripetitività delle mutazioni, però, più che
esprimere le potenzialità della variabilità
evolutiva è indicativa dei suoi limiti. Forse per
questo Lenski ha spostato di recente i propri interessi
dall’osservazione della vita reale alla simulazione
dell’evoluzione al computer, partecipando allo sviluppo del
programma Avida (vedi
http://www.iscid.org/papers/Truman_ComplexFeatures1_070104.pdf).
I cambiamenti evolutivi descritti nel recente articolo dovrebbero
essersi verificati circa 5 anni fa, ma sono stati pubblicati solo
ora. La pubblicazione potrebbe dipendere dal fatto che il 25 aprile
2008 Lenski è stato eletto membro della National Academy of
Sciences (NAS) e le regole prevedono che i nuovi membri pubblichino
sulla rivista della NAS (PNAS) un “articolo inaugurale”,
che perciò è richiesto.
I risultati
I batteri sono stati
coltivati in un terreno che conteneva un po’ di glucosio e
molto citrato, perciò una volta esaurito il glucosio, i
batteri avrebbero continuato a crescere solo utilizzando il citrato.
Siccome i colibatteri in condizioni aerobiche (presenza di ossigeno)
non sono in grado di utilizzare il citrato, avrebbero potuto
continuare la crescita solo sviluppando tale capacità.
Dopo una serie di
cambiamenti adattativi di scarso interesse evolutivo (ad esempio
aumento delle dimensioni dei batteri), oppure degenerativi (mutazioni
che hanno danneggiato gli apparati di riparazione del DNA, riducendo
così la capacità dei batteri di neutralizzare le
mutazioni che avvengono), dopo 31.500 generazioni è
finalmente comparsa una nuova caratteristica: una parte dei
batteri aveva acquisito la capacità di utilizzare il citrato,
capacità che l’autore chiama “novità
chiave”.
Lenski si è
poi chiesto se tale acquisizione è dovuta ad una mutazione
complessa e rara, oppure ad una sequenza di mutazioni delle quali la
prima ha “preparato” la strada alle successive, fino ad
arrivare all’effetto cumulativo della comparsa di una nuova
caratteristica. Analizzando i campioni congelati, l’autore si è
accorto che è dopo 21.000 generazioni che i colibatteri di una
delle 12 provette hanno subìto qualche mutazione ed è
da quella provetta che discende il ceppo che 10.000 generazioni più
tardi svilupperà la capacità di nutrirsi di citrato;
questo è stato confermato sperimentalmente, ripetendo il
percorso evolutivo col ricoltivare i batteri congelati dopo la 21.000
generazione. Quindi non si tratta di una rara e complessa mutazione,
ma di una sequenza di piccole mutazioni, con il risultato finale di
acquisizione di una nuova caratteristica. Questo è
precisamente il meccanismo darwiniano di accumulo di piccole
variazioni con comparsa di nuove caratteristiche, ma si tratta solo
di un’ipotesi. Per provare la sequenza delle mutazioni Lenski
avrebbe dovuto sequenziare il DNA nelle diverse generazioni di
batteri e descrivere esattamente le mutazioni ed il rapporto tra
esse, cosa che l’autore non ha fatto e che intende fare in
futuro.
Poiché
l’inabilità dei colibatteri di nutrirsi di citrato è
utilizzata in laboratorio come caratteristica distintiva per la loro
identificazione, Lenski conclude che la scomparsa di tale
caratteristica si può considerare come trasformazione di una
specie in un’altra. Insomma, sarebbe in questo modo provato che
piccole mutazioni nel corso della riproduzione possono avere un
effetto cumulativo, con la comparsa di nuove caratteristiche e
trasformazione di una specie in un’altra.
Qual è il
significato di ciò che si è verificato
nell’esperimento? L’esistenza di mutanti di colibatteri
che si nutrono di citrato non è una novità, ma è
nota già dal 1982 (Hall BG. Chromosomal
mutation for citrate utilization by Escherichia coli K-12. J
Bacteriol 1982;151:1019-1024). La novità è
semmai nelle conclusioni: la prima afferma che si tratta di una
sequenza di mutazioni, ma essa rimane ipotetica fino a quando
l’autore non la dimostri con il sequenziamento del DNA; la
seconda conclusione afferma che i colibatteri utilizzanti citrato
sono una specie diversa, ma è soltanto un gioco di parole,
perché sarebbe come se gli europei fossero considerati di una
specie diversa rispetto agli africani solo perché i primi
tollerano il latte di mucca e gli altri no.
Che dire poi della
conclusione che l’abilità di nutrirsi di citrato sia una
“novità chiave”? Tutti i colibatteri sono in grado
di nutrirsi di citrato, ma solo in condizioni anaerobiche, cioè
in assenza di ossigeno. Quindi le macchine molecolari che utilizzano
il citrato sono già presenti nei batteri e, in condizioni
anaerobiche, funziona anche una pompa molecolare che consente al
batterio di trasportare il citrato dall’ambiente all’interno
della cellula, funzione che è soppressa (o inespressa) quando
è inutile, cioè in condizioni aerobiche. Perciò
basterebbe un guasto nell’interruttore della pompa per
lasciarla sempre attiva, cosa che è antieconomica e dannosa
per la sopravvivenza del batterio in condizioni normali (in natura).
Quindi la “novità chiave”, verosimilmente, è
un guasto in un meccanismo già esistente, non la creazione di
una nuova e complessa macchina molecolare. Cambiamenti di questo
tipo si conoscono da tempo e in dettaglio, ma non portano certo ad
un’evoluzione direzionale tale da trasformare un batterio
addirittura in un batteriologo.
In altre parole, le
conclusioni di Lenski sono l’ennesima testimonianza della
incapacità degli evoluzionisti a distinguere tra
l’alterazione del funzionamento di una struttura cellulare
complessa già esistente per danno da mutazione (evento
degenerativo e inutile per l’evoluzione) e la comparsa di
una struttura cellulare complessa nuova in un organismo che prima ne
era sprovvisto (evento indispensabile per potere immaginare
un’evoluzione direzionale con trasformazione di un organismo in
un altro, con la comparsa di forme nuove e più complesse di
vita).
Considerando poi che
nel periodo di osservazione si sono verificate più volte tutte
le mutazioni possibili, il risultato dell’esperimento –
più che una prova di evoluzione – è semmai la
fine dei tentativi di provare sperimentalmente l’evoluzione.
Questo tipo di
studio normalmente non rimane chiuso nel circuito delle riviste
specializzate, ma viene di solito ripreso dalle maggiori riviste
scientifiche di tipo divulgativo, soprattutto quelle come National
Geographic e Scientific American (Le Scienze), che dedicano
spazio alla propaganda evoluzionista. In questo caso però lo
studio è stato un po’ snobbato e solo la rivista New
Scientist ha pubblicato in rete un resoconto del lavoro di
Lenski, dandogli un titolo trionfale: «I batteri fanno un
grande salto evolutivo in laboratorio»
(http://www.newscientist.com/channel/life/dn14094-bacteria-make-major-evolutionary-shift-in-the-lab.html).
Invitato ad esprimere un parere, il biologo evoluzionista Jerry
Coyne, dell’Università di Chicago, ha dichiarato che i
risultati dello studio sono «un pugno nell’occhio degli
antievoluzionisti» e che «quello che gli piace di più
dell’esperimento è la conclusione che caratteristiche
così complesse possono evolvere da eventi improbabili, che è
esattamente ciò che i creazionisti considerano impossibile».
Mentre, come detto, l’esperimento ha avuto poca attenzione da
parte delle riviste divulgative, ha invece ricevuto attenzione molto
maggiore la polemica che è successivamente divampata in rete.
La polemica con
Conservapedia
La reazione di
Conservapedia è arrivata tre giorni dopo la
pubblicazione del lavoro di Lenski
(http://www.conservapedia.com/Conservapedia:Lenski_dialog)
con una lettera del responsabile Andy Schlafly, laureato in
giurisprudenza.
Anziché
commissionare un commento ad un esperto in grado di spiegare ai
lettori lo scarso significato dei risultati e l’inconsistenza
delle conclusioni, Conservapedia ha preferito aggredire
Lenski in modo maleducato, goffo e offensivo. Ha insinuato che i
risultati dello studio sono falsi e che l’articolo non è
stato corretto a dovere prima della pubblicazione; a ciò si
può però obiettare che un articolo inaugurale e su
invito non viene in genere revisionato in modo critico, poi Lenski è
uno scienziato stimato con oltre 100 pubblicazioni nelle riviste
specializzate. All’autore sono state poi fatte domande di
chiarimento, alcune delle quali inconsistenti, ventilando anche
l’ipotesi di chiedere campioni di colibatteri per poter
ripetere l’esperimento e verificare la veridicità dei
risultati.
Da comunicatore
navigato qual è, per Lenski è stato un gioco da bambini
rispondere per le rime e ridicolizzare Conservapedia. Mi ha
divertito particolarmente il tocco di ironia con la quale Lenski ha
dato lezione di morale cristiana, ricordando a Schlafly che esiste il
comandamento di non testimoniare il falso e non calunniare; ha poi
usato sarcasmo dichiarandosi pronto a fornire i colibatteri a persone
idonee ad utilizzali, ricordando a Schlafly che nel frattempo può
disporre del miliardo di colibatteri che vivono nel proprio
intestino. Questo scontro, finito con la vittoria di Lenski, ha
divertito me, ha divertito diverse riviste americane e ancor più
Piergiorgio Odifreddi, che sulla citata pagina de la Repubblica
ha però finito per confondere la vittoria nella polemica con
la validità delle conclusioni scientifiche. Un attacco
maldestro come quello dei creazionisti di Conservapedia non è
un attestato di validità delle deduzioni scientifiche del
vincitore della polemica.
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