Marco Respinti, giornalista e saggista,
redattore del settimanale di cultura il Domenicale, non è uno
scienziato, biologo, fisico, antropologo o paleontologo, ma un curioso della
materia che pratica il mestiere del giornalista di ambito culturale. Il suo Processo
a Darwin non è un testo specialistico, ma divulgativo. Questo non toglie,
ovviamente, valore al libro, anzi: è proprio attraverso la divulgazione che le
idee prendono radici e si formano le mentalità. E poi il dibattito
sull’evoluzione è pubblico, non specialistico, e l’evoluzione stessa è diffusa da
libri non tanto specialistici quanto divulgativi, come quelli di Richard
Dawkins.
D’altra parte, per capire
l’inconsistenza della concezione dell’evoluzione biologica non è necessario
essere scienziati o esperti in materia: è sufficiente usare le capacità
naturali di ragionamento che tutti abbiamo. A queste capacità naturali della
mente umana fa appello Respinti per dimostrare l’inconsistenza scientifica del
darwinismo. E ci riesce benissimo, grazie alla scelta accurata degli argomenti
e l’ottima narrativa che rende piacevole la lettura di una materia che non è
proprio da romanzo d’avventura.
I primo capitolo tratta il
metodo scientifico, con efficace distinzione tra ciò che è scienza e ciò
che è solo una ipotesi. Il secondo racconta la storia dell’evoluzionismo
moderno in rapporto allo sviluppo della biologia, evidenziando come la genetica
– questa sì scienza – ha messo sin dall’inizio in crisi il darwinismo, che è
rimasto «ridotto al silenzio», nulla più di un’ipotesi sostenuta sempre meno
dai dati che le scienze biologiche accumulavano.
Dopo questi indispensabili
argomenti introduttivi, l’autore ha scelto di presentare alcuni argomenti di
più grande interesse per il pubblico non specializzato, come l’origine della
vita, problema che blocca senza vie di uscita l’evoluzionismo all’inizio, e la
storia che raccontano i ritrovamenti fossili, che è l’esatto opposto a quello
che il darwinismo prevedeva. Particolare cura è riservata alle teorie
sull’origine dell’uomo, che sono discusse in dettaglio.
Il libro finisce, come ci si aspetta da un “processo”, con
il verdetto: il darwinismo, più che scienza risulta un «mito pop», dato che «la
ricerca, al di là dell’interpretazione intenzionale, attesta l’esatto contrario
di quanto sostiene il darwinismo». Il mondo come lo conosciamo, conclude
Respinti, è spiegabile soltanto come prodotto di un progetto intelligente.
Ipotesi, quest’ultima, che è combattuta non con argomenti scientifici, spiega
Respinti, ma in base a preconcetti filosofici: quelli del materialismo
filosofico.