di Michael Georgiev Il genoma è
la somma di tutte le parti genetiche dell’organismo, ed è
costituito in sostanza dall’insieme dei cromosomi, i quali
contengono i geni, a loro volta fatti da nucleotidi. Questo
materiale, contenuto nel nucleo delle cellule viventi, costituisce
una specie di “manuale d’istruzioni” contenente i
“codici” della vita. La quantita dell’informazione
contenuta nel genoma di una sola cellula è enorme, molto
maggiore di quella contenuta nell’insieme dei libri delle più
grandi biblioteche del mondo.
Da dove
viene questa informazione? Come si è formata e come si
mantiene nel tempo? Per l’Autore queste domande costituiscono
“il mistero del genoma”. Ci sarebbe, è vero, una
spiegazione scientifica “ufficiale”, secondo la quale
l’informazione biologica è stata creata e si è
evoluta mediante mutazioni combinate con selezione.
Tutti i genomi sarebbero derivati da un primo e primitivo genoma,
mediante una lunga serie di mutazioni (errori tipografici nella
scrittura del genoma) e tanta selezione naturale (riproduzione
differenziata). Il processo combinato di mutazioni-selezione
costituisce ciò che l’Autore chiama l’Assioma
basilare dell’evoluzione biologica.
Assioma
che secondo l’Autore è smentito dalle scienze
biologiche. La genetica e la biologia molecolare presentano un quadro
completamente diverso, anzi opposto, perché i dati
dell’osservazione non fanno vedere nessun ruolo evolutivo delle
mutazioni. Non solo, neanche gli innumerevoli tentativi di indurre
artificialmente le mutazioni nei laboratori – praticati
soprattutto per le piante – sono riusciti ad incrementare in
qualche modo l’informazione del genoma o modificare in senso
“migliorativo” gli organismi: tanto è vero che il
metodo mutazione/selezione è stato completamente abbandonato
dagli agronomi e dagli allevatori.
Le
mutazioni (errori di copiatura del DNA) si verificano continuamente,
ma la maggior parte di esse sono “neutrali”, cioè
rendono il genoma di pochissimo “difettoso” rispetto
all’originale e senza che ciò pregiudichi la vitalità
dell’organismo. Una piccola parte delle mutazioni sono letali,
cioè incompatibili con la vita, e su queste sì che
agisce la “selezione naturale”, ma si tratta di un
processo eliminativo, non evolutivo.
Il
cuore del problema è che nessuna selezione naturale è
in grado di filtrare le mutazioni ed impedire il loro progressivo
accumulo. In altre parole, nessun processo in natura è in
grado di impedire la degenerazione del genoma, con la conseguente
riduzione di vitalità delle specie. Non solo la selezione
naturale, ma nemmeno quella progettata ed eseguita dall’uomo è
in grado di arrestare, quanto meno negli organismi superiori con poca
prole, l’accumulo di mutazioni e la conseguente degenerazione
del genoma. Non c’è da meravigliarsi, quindi, se ciò
che osserviamo non è l’evoluzione, ma le estinzioni;
perché la selezione naturale non solo non è in grado di
aumentare l’informazione genetica e produrre nuove e più
complesse forme di vita, ma non è in grado nemmeno di impedire
la inesorabile degenerazione delle forme esistenti!
La
scienza fa vedere quindi che in natura opera un processo di perdita
continua di informazione genetica, chiamato dall’Autore
“entropia genetica”, che è l’esatto
contrario dell’evoluzione biologica. La biologia molecolare e
la genetica indicano infatti un quadro “creazionista”
della vita, con la comparsa, sin dall’inizio, di forme
complesse e “perfette”, le quali poi hanno cominciato a
subire una lenta e inesorabile degenerazione.
La cosa
interessante è che a dire tutto ciò non è un
“pseudoscienziato creazionista” o un “fondamentalista
religioso”, ma John Sanford, professore per oltre 25 anni alla
Cornell University (New York) e specialista in genetica delle piante.
Non uno specialista qualsiasi, però, ma uno dei massimi
esperti mondiali di ingegneria genetica, inventore di tre tra i più
importanti metodi di manipolazione genetica: il processo biolistico
(“gene gun”), la resistenza patogeno-derivata e
l’immunizzazione genetica; la maggior parte degli organismi
transgenici sono infatti prodotti utilizzando la tecnologia “gene
gun”, inventata da Sanford e dai suoi collaboratori.
A dire
il vero, il libro neanche racconta l’intera storia. La cellula,
ad esempio, non subisce passivamente le mutazioni, ma è
equipaggiata da sofisticati meccanismi di ingegneria genetica
“anti-entropici” di concezione ancora più
creazionista, che sono in grado di riconoscere e riparare gli errori
di copiatura, quasi che le forme di vita fossero state create per
essere eterne! Giustamente l’Autore non menziona questi
meccanismi, giacché anche essi subiscono a loro volta le
mutazioni e le perdite di informazione, perciò sono in grado
soltanto di rallentare ma non di impedire la degenerazione genetica.
Considerata
anche l’esperienza dell’Autore, il libro è
assolutamente devastante per l’idea stessa di evoluzione
biologica, che ne esce a pezzi, relegata nel campo della fantasia: un
processo immaginario del quale neanche vale la pena di calcolare la
“probabilità”. Se uno dovesse leggere uno e
soltanto un libro antievoluzionista, questo libro è Genetic
Entropy.
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