Vi riportiamo qui due interventi avvenuti al congresso organizzato dal Bakhtivedanta Institute di Roma,
su "Evoluzionismo e religioni. Darwinismo e visione teistica"
a Roma, mercoledì 26 ottobre 2005,
presso la Sala della protomoteca al Campidoglio.
In particolare i due interventi riportati presentano, il primo, il
punto di vista della chiesa cattolica, esposto dal Prof.
Rafael Pascual, e il secondo, il punto di vista di AISO,
esposto dal Dott. Mihael Georgiev. (Cliccare sui link per visualizzare gli interventi)
IL PUNTO DI VISTA CATTOLICO
Creazione, evoluzione e insegnamento della Chiesa Cattolica
Prof. Rafael Pascual
Direttore del Master in Scienza e Fede
Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, Roma
Il tempo a disposizione consente di esprimere soltanto in modo
sintetico, sommario e con ovvie semplificazioni le idee principali del punto di vista della Chiesa cattolica sull'argomento.
1. "Evoluzione sì, evoluzionismo no". L'evoluzione intesa come teoria scientifica, fondata su dati empirici, sembra abbastanza ben affermata, sebbene non è del tutto vero che ormai non ci sia niente da aggiungere o completare, soprattutto riguardo ai meccanismi che la regolano. Per questo mi sembra troppo ottimistica e contraria alla realtà l'idea espressa recentemente su
The New York Times da un scienziato secondo il quale non esiste più una controversia riguardo
l'evoluzione1. Per contro, l'evoluzionismo come ideologia, che nega il finalismo e sostiene che tutto è dovuto al caso e alla
necessità, come scrive Jacques Monod nel suo classico
libro2, è un materialismo ateo, che non è né verità scientifica, né conseguenza necessaria della teoria scientifica dell'evoluzione, come taluni sostengono.
2. "Creazione sì, creazionismo no". La creazione è una verità accessibile alla ragione, in particolare alla filosofia, ma anche una verità rivelata. D'altra parte, il cosiddetto creazionismo è anch'esso, come l'evoluzionismo, un'ideologia, fondata spesso, peraltro, su una teologia sbagliata, cioè su un'interpretazione letterale di certi passaggi della Bibbia, la quale, secondo i suoi fautori, riguardo l'origine delle specie sosterrebbe il 'fissismo', cioè la creazione immediata di ogni singola specie da parte di Dio, e l'immutabilità di ciascuna specie nel trascorso del tempo3.
3. Evoluzione e creazione di per sé possono essere compatibili (si può parlare, senza cadere in una contradictio in terminis, di una "creazione evolutiva"), mentre evoluzionismo e creazionismo sono necessariamente incompatibili.
4. D'altra parte, un
disegno intelligente sicuramente c'è stato, ma a mio avviso non si tratta di una teoria scientifica alternativa alla teoria dell'evoluzione, come vogliono alcuni suoi sostenitori. Bisogna però tenere presente che nemmeno l'evoluzionismo (inteso come ideologia materialistica e atea) è scientifico, mentre, come abbiamo detto, la teoria dell'evoluzione è senz'altro una teoria scientifica.
5. Il Magistero della Chiesa, di per sé, non si oppone all'evoluzione come teoria scientifica. Da una parte lascia agli scienziati di fare ricerca in quello che costituisce il loro ambito specifico. Ma dall'altra, di fronte alle ideologie sottostanti alcune delle versioni dell'evoluzionismo, fa presenti dei punti fermi da rispettare:
- non si può escludere "a priori" la causalità divina (la scienza non può né affermarla né negarla);
- l'uomo è stato creato ad immagine e somiglianza di Dio; da questo fatto deriva la sua dignità e il suo destino eterno;
- c'è una discontinuità tra l'uomo e gli altri esseri viventi, in virtù della sua anima spirituale, che non può essere generata per semplice riproduzione naturale, ma è creata immediatamente da Dio4
Vediamo ora brevemente quelle verità fondamentali che la Chiesa presenta come punti fermi riguardo certe questioni legate all'origine del mondo e dell'uomo:
- È chiaro che il Magistero non entra, e non intende farlo, nelle questioni propriamente scientifiche, che lascia alla ricerca degli addetti ai lavori, ma sente il dovere d'intervenire, per mettere in rilievo alcuni aspetti sollevati da queste questioni. Con questo non cade in un'invasione di campo, perché lo fa soltanto in quello che riguarda il suo compito o missione specifica, cioè chiarire le conseguenze di tipo etico e religioso che tali questioni comportano.
- Il primo principio che si sottolinea è che la verità non può contraddire la verità, cioè non ci può essere un vero contrasto o conflitto tra una verità di fede (o rivelata) e una verità di ragione (cioè naturale), perché ambedue hanno come origine Dio.
- In secondo luogo, si fa notare che la Bibbia non ha una finalità
scientifica, ma piuttosto religiosa, per cui non sarebbe corretto tirare fuori delle conseguenze che possano coinvolgere la scienza, né riguardo la dottrina dell'origine dell'universo, né riguardo l'origine biologica dell'uomo. Bisogna, dunque, fare una corretta esegesi dei testi biblici (e non come fanno alcuni cristiani, sia evangelici sia cattolici, che propongono una lettura puramente letterale, di per se sbagliata; cfr. il documento già citato della Pontificia Commissione Biblica
L'interpretazione della Bibbia nella Chiesa, 1993).
- In terzo luogo, per la Chiesa non esiste in linea di principio un'incompatibilità tra la verità della creazione e la teoria scientifica dell'evoluzione. Dio potrebbe aver creato un mondo in evoluzione, il che di per sé non toglie nulla alla causalità divina, anzi può metterla più a fuoco nella sua ricchezza e virtualità. Ma ovviamente non qualsiasi teoria dell'evoluzione sarebbe compatibile con le verità della fede; non può esserlo per esempio quella
materialista (cioè che escluda non soltanto la causalità divina, ma la stessa esistenza di qualsiasi realtà oltre a quella della materia); si noti però qui che il
materialismo non è una dottrina scientifica, ma filosofica, e dunque una teoria scientifica non può di per sé né giustificarlo né promuoverlo.
- In quarto luogo, sulla questione dell'origine dell'uomo, si potrebbe ammettere un processo evolutivo riguardo la sua corporeità, ma per l'anima, per il fatto di essere spirituale, ci vuole un'azione creatrice diretta da parte di Dio, giacché quello che è spirituale non può essere originato da qualcosa che spirituale non è. Tra la materia e lo spirito c'è discontinuità; lo spirito non può sgorgare o emergere dalla materia, come alcuni sostengono. Così, nell'uomo c'è una discontinuità rispetto agli altri esseri viventi, un "salto ontologico".
Finalmente, arriviamo al punto centrale: il fatto di essere creato e voluto immediatamente da Dio è l'unico che può giustificare in ultima istanza la dignità dell'uomo. Infatti, l'uomo non è il risultato del semplice caso o di una fatalità cieca, ma piuttosto è il frutto di un disegno divino. L'uomo è stato creato ad immagine e somiglianza di Dio, anzi, è chiamato ad un rapporto di comunione con Dio. Il suo destino è eterno, e per questo non è semplicemente soggetto alle leggi di questo mondo che passa. L'uomo è l'unica creatura che Dio abbia voluto per se stesso, è fine in sé, e non può essere trattato come mezzo per raggiungere nessun altro fine, per quanto nobile esso possa essere o apparire.
Ci vuole, pertanto, un'antropologia adeguata, che tenga conto di tutto questo, e che dia ragione dell'uomo nella sua integralità. Ci sono infatti delle antropologie che non colgono proprio quello che fa sì che l'uomo sia tale, e queste sono precisamente le antropologie riduzionistiche di tipo naturalistico, che derivano da alcune versioni antropologiche di stampo evoluzionistico.
Tutto questo, quindi, ci fa vedere il tipo di rapporto che auspica la Chiesa con il mondo della scienza: "La collaborazione di religione e scienza torna a vantaggio dell'una e dell'altra, senza violare in nessun modo le rispettive autonomie"5.
Finalmente, riguardo la questione dello
scopo nell'evoluzione, vorrei semplicemente chiarire questo, per evitare degli equivoci, troppo frequenti: cioè che non si tratta di una questione
scientifica, ma piuttosto metascientifica. La scienza non è competente al riguardo, il che non vuol dire che sia una questione superflua o sbagliata o senza senso. Per cui, se qualcuno sostiene che non c'è scopo nel processo evolutivo, non parla e non può parlare più da scienziato, ma piuttosto da filosofo, e dunque entra in un ambito diverso di quello della scienza. Ci sono alcuni scienziati che lo riconoscono, come il premio Nobel Jacques Monod (il sottotitolo della sua opera più nota
Il caso e la necessità lo esprime palesemente: Saggio sulla filosofia naturale della biologia
contemporanea).
Ma per lo stesso motivo neanche la proposta del
disegno intelligente può pretendere di essere propriamente scientifica, come sostengono alcuni dei suoi fautori. Si tratta piuttosto di una questione filosofica, che deve pertanto essere trattata in quella sede. Ovviamente non è detto che lo scienziato non possa fare anche il filosofo, ma se non è il suo campo specifico deve essere attento a quello che dice, altrimenti rischia di commettere errori grossolani, simili a quelli che lui riconosce nei filosofi non addetti al lavoro degli scienziati, quando fanno, senza molta fortuna, incursioni nel campo della scienza. Ci vuole per tutto questo un sincero ed aperto dialogo interdisciplinare, promosso e favorito soprattutto da parte di quelli che possono spaziare nelle conoscenze di entrambi gli ambiti del sapere.
Il riferimento a Monod mi permette di accennare ad una serie di omelie che l'allora Cardinale Joseph Ratzinger, quando era arcivescovo di Monaco di Baviera (siamo nel 1981), diede sui primi capitoli del libro della Genesi. Riguardo al tema che stiamo trattando, per Ratzinger non ci troviamo davanti ad un'alternativa ("creazione o evoluzione"), ma piuttosto
ad un'integrazione:
"La formula esatta è creazione ed evoluzione, perché le due cose rispondono a due domande diverse. Il racconto della polvere della terra e dell'alito di Dio […] non ci narra infatti come l'uomo ha avuto origine. Esso ci dice che cosa egli è. Ci parla della sua origine più intima, illustra il progetto che sta dietro di lui. Viceversa, la teoria dell'evoluzione cerca di individuare e descrivere dei processi biologici. Non riesce invece a spiegare l'origine del "progetto" uomo, a spiegare la sua derivazione interiore e la sua essenza. Ci troviamo perciò di fronte a due questioni che si integrano, non si escludono"6.
Ratzinger parla della ragionevolezza della fede nella creazione, che continua ad essere, ancora oggi, la migliore e più plausibile delle ipotesi.
"Attraverso la ragione della creazione Dio stesso ci guarda. La fisica, la biologia, le scienze naturali in genere ci hanno fornito un racconto della creazione nuovo, inaudito, con immagini grandiose e nuove, che ci permettono di riconoscere il volto del Creatore e ci fanno di nuovo sapere: sì, all'inizio e al fondo di tutto l'essere c'è lo
Spirito creatore. Il mondo non è il prodotto dell'oscurità e dell'assurdo. Esso deriva da un'intelligenza, deriva da una libertà, deriva da una bellezza che è amore. Riconoscere questo ci infonde il coraggio che ci permette di vivere, che ci rende capaci di affrontare fiduciosi l'avventura della vita"7.
Per concludere, è significativo il fatto che, nella sua omelia d'inizio del suo ministero petrino, il Papa Benedetto XVI abbia detto proprio questo: "Non siamo il prodotto casuale e senza senso dell'evoluzione. Ciascuno di noi è il frutto di un pensiero di Dio. Ciascuno di noi è voluto, ciascuno è amato, ciascuno è necessario" (24 aprile 2005).
[3]
«Il problema di base di questa lettura fondamentalista è che rifiutando di
tener conto del carattere storico della rivelazione biblica, si rende incapace
di accettare pienamente la verità della stessa Incarnazione. Il fondamentalismo
evita la stretta relazione del divino e dell’umano nei rapporti con Dio.
Rifiuta di ammettere che la Parola di Dio ispirata è stata espressa in
linguaggio umano ed è stata redatta, sotto l’ispirazione divina, da autori
umani le cui capacità e risorse erano limitate. Per questa ragione, tende a
trattare il testo biblico come se fosse stato dettato parola per parola dallo
Spirito e non arriva a riconoscere che la Parola di Dio è stata formulata in un
linguaggio e una fraseologia condizionati da una data epoca. Non accorda nessuna
attenzione alle forme letterarie e ai modi umani di pensare presenti nei testi
biblici, molti dei quali sono frutto di una elaborazione che si è estesa su
lunghi periodi di tempo e porta il segno di situazioni storiche molto diverse»
(Pontifica Commissione Biblica L'interpretazione
della Bibbia nella Chiesa, 1993).
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