Il testo che segue è l'introduzione a un libro di biologia
pubblicato nel 1982 dalla Creation Research Society, a cura di John N. Moore,
professore di scienze naturali presso l'Università di Michigan, e Harold S.
Slusher, professore di geofisica e astronomia presso l'Università del Texas in
El Paso. La posizione più comune degli "anticreazionisti" è che i
creazionisti sono "bigotti retrogradi, oppositori della vera scienza". Ma se si
analizzano senza pregiudizi i fatti scientifici oggi disponibili, non si può
negare che il creazionismo resta un'ipotesi possibile.
Nella preparazione di un testo scientifico si possono usare due
metodi diversi. Il primo consiste nel presentare i dati della scienza così come
sono, con descrizioni accurate dei sistemi, dei processi e delle loro relazioni
reciproche nel mondo presente. Questo approccio è quello della scienza intesa
come insieme organizzato della "conoscenza" e delle sperimentazioni su un
argomento determinato. Nel caso della biologia questo metodo comprenderebbe
descrizioni accurate del mondo vegetale e animale e dei complessi processi che
costituiscono il fenomeno della vita. In generale, però, non ci si accontenta
semplicemente di conoscere i dettagli delle cose come sono nel presente. A noi
interessa particolarmente il modo in cui sono diventate ciò che vediamo ora.
Ecco perché la maggior parte degli autori dei libri di testo scientifici usa il
secondo approccio. Essi cercano non solo di descrivere i fenomeni di un
particolare campo scientifico, ma anche, se possibile, di spiegare come siano
diventati quello che sono. In biologia questo secondo approccio comprende
necessariamente un punto di vista filosofico riguardo alle origini. Desideriamo
conoscere non soltanto le caratteristiche dei vari organismi viventi, ma anche
quando questi organismi hanno iniziato a esistere. Di conseguenza praticamente
tutti i libri di testo di biologia includono una discussione sulle presunte
origini della vita di tutte le forme di piante e animali. Qui però è
necessaria un po' di cautela. Infatti la discussione sulle origini non è scienza
in senso stretto. Ciò è dovuto al fatto che le origini non si possono sottoporre
a verifiche sperimentali. Quando la vita iniziò, o quando i diversi tipi di
organismi cominciarono a esistere, non erano presenti osservatori scientifici.
Inoltre questi eventi non avvengono più nel mondo presente. Perciò, dal punto di
vista scientifico, la soluzione del problema delle origini è impossibile. Lo
studente dovrebbe dunque essere sempre attento - e taluni autori di libri di
testo non lo sono - a distinguere i fatti della biologia dai punti di vista di
determinati biologi riguardo all'origine di questi fatti. I punti di vista
filosofici dei biologi moderni riguardo alle origini si possono ridurre a due:
la dottrina dell'evoluzione e la dottrina della creazione. I primi asseriscono
che la vita e le sue varie forme siano apparse gradualmente a causa di processi
naturali durante lunghi periodi di tempo. I secondi ritengono che la vita nelle
sue forme principali abbia avuto origine istantaneamente tramite atti creativi
del Creatore stesso. Sia gli evoluzionisti che i creazionisti sono d'accordo
sui fatti della biologia presente. Il disaccordo riguarda l'interpretazione
dell'origine e dei significati di questi fatti. Gli scienziati usano modelli
per spiegare i fenomeni della natura. Ogni modello proposto viene valutato
secondo la sua efficienza: come si inseriscono i dati disponibili nel modello
proposto per spiegare un determinato fenomeno? Così anche i due principali
punti di vista riguardo alle origini possono essere riassunti in un "modello
evoluzionista" e in un "modello creazionista". Il modello che si adatta meglio
ai dati disponibili sarà anche il più efficiente e plausibile. A questo punto
è utile ricordare che alcuni ricercatori hanno proposto un modello che si situa
a metà tra quelli menzionati sopra, accettando sia l'evoluzione che la
creazione. Questa posizione può essere meglio compresa dopo una valutazione dei
due modelli basilari. Ad ogni modo, molti scienziati sia evoluzionisti sia
creazionisti rifiutano questa idea. L'evoluzionista coerente afferma che se
esistono processi evoluzionistici sufficienti per spiegare i dati che osserviamo
in natura - e lui crede che esistano - allora non vi è necessità di ricorrere a
processi creativi. Il creazionista crede che sia necessario postulare atti
creativi per spiegare i dati della natura, egli ritiene perciò che l'evoluzione
non sia necessaria. I due modelli non sono conciliabili se non a livello
molto superficiale, poiché rappresentano due punti di vista diametralmente
opposti delle origini.
1. Il modello evoluzionista
Secondo il modello evoluzionista i processi naturali osservabili sono
sufficienti per spiegare le origini dell'universo e tutte le trasformazioni
necessarie per produrre l'immensa varietà e complessità presente. Malgrado
occasionali regressioni o limitati fallimenti, l'effetto complessivo dei
processi evolutivi è stato quello di diversificazione e di aumento della
complessità a partire dalla semplicità primordiale. Secondo questo modello,
infatti, tutti i viventi sono imparentati dalla comune discendenza (radice
genealogica) e si sono trasformati lentamente. Perciò è possibile fare certe
predizioni che possano servire per giudicare la validità del modello:
- Si dovrebbero poter osservare innumerevoli somiglianze tra gli
esseri viventi, a partire dalle specie più semplici alle più complesse, senza
che vi siano discontinuità.
- I processi che hanno dato origine a tutti gli esseri dovrebbero,
se osservati nel presente, produrre nuovi esseri e una complessità sempre
crescente delle specie.
- Se fosse possibile decifrare la storia della Terra, si dovrebbe
poter osservare che la varietà e la complessità degli esseri viventi aumenta con
il passare del tempo.
Le predizioni si avverano solo apparentemente
Osservando i dati a nostra disposizione notiamo che le predizioni
menzionate sopra si verificano solo in parte. Confrontando diversi organismi
osserviamo che ci sono effettivamente molte somiglianze tra di loro: per esempio
nell'anatomia, nello sviluppo embrionale, nella biochimica, nella genetica,
eccetera. I dati a nostra disposizione non dimostrano una continuità di
similitudini senza interruzioni tra le diverse specie. Ci sono - è vero - delle
congetture per spiegare l'esistenza delle numerose discontinuità, ma non sono
sperimentabili scientificamente, pertanto esse non offrono una spiegazione
plausibile a questa evidente mancanza nel modello evoluzionista. Lo studio di
vari processi biologici conferma la previsione che molti cambiamenti avvengono
anche attualmente negli organismi viventi. È per esempio possibile produrre
nuove specie viventi mediante i meccanismi dell'ibridazione (gli incroci), delle
mutazioni indotte e della selezione. Questi fenomeni possono avvenire in modo
naturale o artificiale. Di nuovo, comunque, l'evidenza a nostra disposizione
non è completamente convincente, poiché questi cambiamenti non sono
trasformazioni tendenti ad aumentare il livello di organizzazione, come vorrebbe
la previsione. Essi possono venir suddivisi in due gruppi:
- variazioni relativamente limitate che conducono semplicemente a
nuove varianti di specie esistenti;
- mutazioni derivanti da cambiamenti casuali nel DNA nelle cellule
germinali, con conseguente diminuzione dell'organizzazione dell'individuo, e mai
con il risultato di nuove caratteristiche fisiche.
Questi due fenomeni possono esser usati meglio per sostenere il
principio della conservazione e del decadimento piuttosto che quello della
formazione di nuove specie e dell'aumento della complessità, come propone il
modello evoluzionista. Molti scienziati evoluzionisti affermano che
attraverso lo studio delle piccole variazioni si possa giungere a comprendere la
dinamica delle trasformazioni più vaste, a livello di "specie", anche se le
osservazioni fatte fino ad oggi non permettono di sostenere questa tesi.
Osservazioni
La predizione che la complessità degli organismi è aumentata nel
corso delle ere geologiche sembra a prima vista confermata dai fossili. La
paleontologia offre indubbiamente l'evidenza maggiore a sostegno
dell'evoluzione. Però tale evidenza è seriamente indebolita da un ragionamento a
circolo chiuso: la scala delle ere geologiche si basa sull'ipotesi che
l'evoluzione abbia avuto luogo. La datazione delle formazioni geologiche è
determinata primariamente dai "fossili indice" che esse contengono. Le datazioni
eseguite con minerali radioattivi, per supposizione esatte, vengono sempre
corrette con criteri paleontologici. Inoltre ci sono molte località in cui
fossili provenienti da ere geologiche diverse si trovano nei medesimi strati,
come ci sono sedimenti in cui fossili "vecchi" si trovano sopra formazioni
contenenti fossili "giovani". Si osservi che la maggior parte degli strati
contenenti fossili di grandi piante o animali devono essersi depositati molto
rapidamente, forse anche catastroficamente, altrimenti non si sarebbero
conservati. Lo studio dei fossili non dimostra necessariamente che sia avvenuta
una evoluzione lenta e uniforme nel corso delle ere geologiche, ma lascia
piuttosto dedurre una sequenza di eventi catastrofici a livello planetario. È
vero che alcuni dati possono essere interpretati secondo un quadro
evoluzionista, però questa interpretazione non è per niente conclusiva.
Certamente ognuno può credervi con un atto di fede, ma allora bisogna
onestamente ammettere che non è più possibile chiamare "scienza" l'evoluzione.
2. Il modello creazionista
Il postulato principale di questo modello è che nel passato ci sia
stato un periodo in cui tutte le cose sono state create - cioè formate dal nulla
- tramite la potenza del Creatore. Tutte le entità fisiche e biologiche furono
fatte perfette, ognuna con la sua specifica forma e funzione. Le forme
biologiche viventi nel presente sono conservate piuttosto che create. I processi
naturali attuali sono perciò processi conservativi che servono a mantenere la
stabilità delle forme viventi, non processi evolutivi. Ciò non significa che
non siano possibili variazioni o cambiamenti. Al contrario: un importante
postulato del modello creazionista è che le entità basilari, al momento della
creazione, contenevano un enorme potenziale di variabilità. Comunque l'azione di
queste mutazioni sarà sempre limitata all'interno delle entità create
inizialmente. Nel campo biologico, per esempio, possono apparire rapidamente
nuove varietà, ma nessuna nuova specie di basilare. Secondo la versione
biblica del modello creazionista, qualche tempo dopo il periodo della creazione
fu introdotto il principio universale del decadimento. Infine avvenne una
cataclismica alluvione mondiale che cambiò radicalmente la faccia della terra e
la velocità di molti processi naturali.
Predizioni specifiche
Le caratteristiche del modello creazionista menzionate sopra vengono
confermate dalla maggior parte dei fenomeni naturali che osserviamo, dimostrando
perciò la validità del modello creazionista a livello scientifico. Dobbiamo però
ricordare che, con metodi scientifici, nessun modello delle origini potrà mai
essere completamente verificato. I due princìpi scientifici basilari, che
sono anche quelli più fermamente stabiliti, sono la prima e la seconda legge
della termodinamica. Queste due leggi sono applicate a tutte le discipline
scientifiche, senza eccezione. Esse possono venir interpretate come predizioni
confermate del modello creazionista. La prima legge (conservazione di
massa-energia) sostiene la predizione che a partire dal momento in cui
l'universo fu creato e completato, niente viene più creato o annientato: ogni
cosa viene conservata. La seconda legge della termodinamica (quella della
crescente entropia) è pure essenzialmente una conferma della legge universale
del decadimento e della morte postulata dalla versione biblica del modello
creazionista. La stabilità delle "specie" biologiche (le entità basilari) è
sostenuta senza eccezioni da tutti i dati osservati in biologia. Perciò una
popolazione di farfalle Biston betularia può cambiare colore a causa del
contenuto di fuliggine nell'atmosfera e della selezione naturale, ma rimarrà
ancora una popolazione di farfalle Biston betularia. Mille generazioni
successive di Drosophila melanogaster possono essere esposte a radiazioni
e ad altri agenti mutogeni, producendo un ampio spettro di mutanti, ma
rimarranno sempre Drosophila melanogaster. Nel modello creazionista
vengono anche previste ampie discontinuità tra le specie basilari, poiché ogni
specie è stata creata per un determinato scopo, perciò avrà strutture progettate
appositamente in vista di quello scopo. D'altro canto vengono anche previste
molte similarità, poiché è da attendersi che quando funzioni simili devono
essere eseguite in ambienti simili, anche per specie diverse, verranno
progettate strutture simili. Per quel che concerne la paleontologia, è noto
che le discontinuità tra le diverse specie esistono sia nei reperti fossili, sia
nel mondo biologico presente. Ci sono molte specie estinte, così come vi sono
varietà estinte (ritrovate fossilizzate) di specie attualmente ancora viventi.
Ma nessuna di queste può esser considerata come un anello di transizione tra due
entità biologiche diverse.
Riassumendo
Vi sono dunque due possibili modelli per spiegare le origini: il
modello evoluzionista e il modello creazionista. Ambedue hanno importanti
conseguenze filosofiche e ambedue non possono essere provati scientificamente.
D'altro canto, entrambi possono esser usati come quadri di riferimento per
sviluppare previsioni sui fenomeni naturali. Il modello creazionista offre un
quadro interpretativo che è almeno altrettanto soddisfacente quanto il modello
evoluzionista. Le due leggi della termodinamica, l'apparente stabilità delle
"specie" fondamentali, la presenza di discontinuità tra le specie e la natura
deteriorante delle mutazioni, sono tutti fattori meglio riconducibili ad un
modello creazionista che ad uno evoluzionista. Inoltre i princìpi della
fisica, della chimica e delle altre scienze fisiche, sono facilmente
riconoscibili sia in un quadro creazionista che in uno
evoluzionista. Malgrado ciò, la maggioranza dei biologi moderni preferisce
adottare il punto di vista evoluzionista delle origini quale spiegazione dei
fatti della biologia. In effetti molti sono talmente fiduciosi in questa
posizione da affermare che l'evoluzione sia un fatto scientifico. Ma
quest'affermazione non è mai stata provata, né potrà mai esserlo. Oggi vi è
anche un numero notevole di biologi e altri scienziati convinti che il modello
creazionista sia più ragionevole e soddisfacente per spiegare le origini. Molti
di questi uomini e donne sono membri della Creation Research Society,
un'organizzazione che raccoglie circa 500 scienziati con almeno un dottorato in
una disciplina scientifica. La società si dedica alla ricerca e alla
pubblicazione di informazioni a sostegno del modello creazionista. Il numero
preponderante di evoluzionisti nel mondo scientifico ed educativo ha però
condotto a un monopolio delle opinioni evoluzioniste nei moderni libri di testo.
Per questa ragione è necessario un insegnamento che possa presentare
semplicemente i fatti della biologia senza alcun preconcetto per quanto riguarda
la loro interpretazione, oppure un insegnamento nel quale vengono presentati i
due modelli contrapposti per l'interpretazione dei fatti.
Tratto da Biology - a search for order in complexity,
libro di testo della Creation Research Society, edizione a cura di John N.
Moore, professore di scienze naturali all'Università di Michigan, e Harold S.
Slusher, professore di geofisica e astronomia all'Università del Texas in El
Paso. Nona ristampa 1982. Traduzione a cura di Sandro Ribi, adattamento di
Ronald Nalin per il Centro Studi Creazionismo.
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