L'idea di progresso ebbe una sostanziale affermazione con la rivoluzione
industriale e con la pubblicazione del libro L'origine delle specie di Darwin.
Siamo tra la fine dell' 700 e il 1859 (data di pubblicazione del testo
darwiniano) in piena epoca coloniale e quando lo scienziato con le sue
ipotesi sfatava il dogma della fissità della specie.
L'evoluzionismo, come paradigma scientifico, nacque in una nazione, l'Inghilterra, la cui storia di quegli anni era incentrata sull'assoluta
fede riposta nel progresso dell'umanità. Le parole "evoluzione" e
"progresso" finirono per confondersi e scambiarsi reciprocamente, tanto
che Spencer, uno dei massimi divulgatori delle ipotesi evoluzioniste
nella seconda metà dell'800, identificò questi termini in un'unica
direzione "dai più antichi mutamenti cosmici rilevabili agli ultimi
risultati della civiltà, troviamo sempre che il progresso consiste
essenzialmente nella trasformazione dell'omogeneo all'eterogeneo"1
Questo tipo di applicazione, dell'omogeneo all'eterogeneo, venne presto
applicata all'uomo: se tutto attorno a noi cambia, si trasforma,
progredisce, evolve…perché l'uomo no?
Darwin scrisse:" …l'ordinario succedersi delle generazioni non si è mai
interrotto e nessun cataclisma ha mai devastato il mondo. Perciò possiamo
guardare con una certa fiducia ad un futuro sicuro ed altrettanto
incommensurabilmente lungo. Come la selezione opera solamente per il bene
di ogni essere, tutti gli ambienti fisici e mentali tenderanno a
progredire verso la perfezione"2.
"allo zoo tutte queste bestie hanno un contegno decente,
all'infuori della scimmia. Si sente che l'uomo non è lontano"
(E. Cioran)
Si era convinti che il progresso evolutivo portasse alla perfezione.
Questo modello di pensiero venne trasferito anche alla sfera morale e ben
presto il più evoluto diveniva il più complesso e infine il migliore.
Nietzsche, attento alla società come nessun altro, fu il primo a
comprendere che le idee che si facevano largo "…dell'avvenire dell'uomo
non erano una necessità scientifica, bensì un desiderio tratto dagli
ideali moderni"3.
Con le teorie evoluzioniste prendeva piede il pensiero degli ideali
borghesi e di ricerca di fondamenti per il loro modello di sviluppo. Le
teorie evoluzioniste furono il prodotto naturale di quel tempo e furono
fondamentali per legittimare il colonialismo e lo sfruttamento.
L'idea di progresso implicava anche la convinzione della superiorità dell'uomo "civile" rispetto all'uomo "selvaggio": l'uomo evolvendosi produceva
una società più evoluta e quindi aveva il "diritto" di sottomettere le
civiltà ritenute inferiori.
Tale pensiero ipotizzava che lo sviluppo di ogni società umana avvenisse
secondo un unico modello e che non era possibile che esistesse un processo
storico discontinuo e differenziato. Ciò che in realtà si osserva nel
campo storico è che il progresso non è necessario e tantomeno continuo, la
storia procede a salti e poche volte è cumulativa. Se in alcune società
accadeva qualcosa, in altre il nulla era la normalità. Ogni società che si
"sposta" verso la nostra ci sembra attiva e progredita, mentre quelle che
divergono dal nostro modello ci sembrano involute o stazionarie. Il mondo
occidentale ha acquisito grandi conoscenze sul mondo meccanico, ma molte di meno sulle
risorse del corpo umano (Yoga e altre discipline orientali).
Questo modello di pensiero portava l'uomo dalla natura all'artificiale, la
vita aumentava in quantità ma non in qualità, l'uomo si estraniava dai
suoi reali bisogni per trovarne di fittizi. Questo processo portò, invece
che ad un progresso, ad un decadimento morale e civile.
Fabrizio Fratus
1 cit. da lewontin - Levins, Evoluzione, E. Einaudi, Vol. V
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2 cit. da Mayr. 1983, 232, evoluzione e varietà dei viventi, Einaudi,
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3 cit. da Nietzsche, 1883, Gaia Scienza Torna indietro
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