Cinquant'anni fa la rivista Science pubblicava un rapporto sulla sintesi di amminoacidi in condizioni sperimentali intese a riprodurre quelle della terra
primitiva (S.L. Miller, Science 1953;117:528). Nel numero del 2 maggio di quest'anno
(Science 2003;300:745-6) la rivista ricorda questo evento con un'articolo intitolato
"Il brodo Prebiotico - Rivisitando l'Esperimento di
Miller", a cura di Jeffrey L. Bada e Antonio Lazcano, rispettivamente dell'Istituto di Oceanografia dell'Università di California a San Diego e della Facultad de Ciencias dell'Università di Mexico City.
L'articolo ricorda le "tappe" del cammino delle ricerche scientifiche sull'origine della vita, a partire dalla prima sintesi di una sostanza organica, l'urea (Wöhler, 1828).
Per arrivare all'esperimento di Miller sono state decisive le ipotesi del biochimico sovietico A. Oparin, che a partire dal 1924 aveva teorizzato la presenza, sulla terra primitiva, di un oceano ricco di ammoniaca, idrogeno, metano ed altre molecole, dalle quali si sarebbero potuti, con l'apporto energetico di scariche elettriche (fulmini), formare gli amminoacidi, componenti delle proteine e ritenuti, a ragione, i "mattoni" della vita. Nel 1951 il professore di Stanley Miller, il premio Nobel Harold C. Urey, aveva teorizzato che, in aggiunta dell'oceano ("brodo") primitivo di Oparin, anche l'atmosfera della Terra primitiva doveva essere diversa e priva di ossigeno. Questo presupposto è importante, perché in presenza di ossigeno qualsiasi sostanza organica neosintetizzata si sarebbe subito decomposta e non avrebbe potuto "evolversi" in un vero organismo vivente.
Con queste due ipotesi come guida, Stanley Miller - all'epoca ancora studente universitario non ancora laureato - ha condotto il suo famoso esperimento. Provocando delle scariche elettriche in un brodo "primitivo" circondato da aria "primitiva", Miller è riuscito ad ottenete alcuni amminoacidi.
La pubblicazione dei risultati è apparsa sul numero del 15 marzo del 1953 di Science.
Gli Autori poi, notano che attualmente prevalgono più dubbi che entusiasmi circa l'utilità dell'esperimento di Miller per lo studio dell'origine della vita. Molti scienziati infatti pensano che l'origine della vita potrebbe essere extraterreste, e che la vita potrebbe essere stata portata sulla terra da un meteorite. Tuttavia, ricordano che è stato l'esperimento di Miller, nato dall'ipotesi di Oparin e posto nella prospettiva del darwinismo, a trasformare lo studio dell'origine della vita in un campo rispettabile d'indagine scientifica.
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Ma qual è il valore reale dell'esperimento di Miller? La strada aperta 50 anni fa è risultata in realtà soltanto un vicolo cieco nel quale è finita la ricerca scientifica sull'origine della vita. Tant'è che nei manuali di scienza per le scuole e per le università l'unico dato "scientifico" sull'origine della vita rimane ancora l'esperimento di Miller di 50 anni fa. (Escludendo i meteoriti - moderne cicogne - che portano la vita sulla terra).
Il problema è che visto da vicino, il risultato dell'esperimento non indica la possibilità, ma al contrario l'impossibilità, secondo le leggi della chimica, della sintesi, spontanea o anche intenzionale, dei "mattoni della vita".
Gli antievoluzionisti spesso citano dei calcoli di probabilità della sintesi spontanea di proteine. Tali calcoli hanno valori dell'ordine di 1/1065 e inferiore, fino a numeri più grandi del numero di atomi nell'universo (!) Da questi sembrerebbe che un tale evento - indispensabile per poter anche soltanto immaginare l'origine spontanea della vita - sia assolutamente improbabile.
Invece è semplicemente impossibile, anzi, inimaginabile. Ne diamo le ragioni.
Ciascun amminoacido esiste in due forme, chiamate levo- e destrogira (sinistra e destra), che hanno una struttura spaziale simmetrica e diversa, come una scarpa destra e una sinistra. Qualsiasi modo di sintesi produce una miscela di forme "destre" e "sinistre" in proporzione 50:50. Curiosamente, gli amminoacidi che formano le proteine delle forme viventi sono invece tutti "sinistri". Gli amminoacidi "destri" sono incompatibili con la vita, perchè rendono le proteine diffettose e inutilizzabili, anzi, letali. Per separare gli amminoacidi "sinistri" da quelli "destri" è necessario un complesso procedimento di riconoscimento ottico di separazione. Questo procedimento richiede un programma, che esiste nelle cellule viventi e nelle procedure industriali elaborate dagli uomini, ma non nelle leggi della chimica che governano la sintesi degli amminoacidi.
Ecco perché la conclusione scientificamente corretta dell'esperimento di Miller è che, nelle condizioni intese a riprodurre quelle della terra primitiva la sintesi dei mattoni della vita è impossibile. Se questo venisse evidenziato, sparirebbe qualsiasi cenno di ipotesi scientifica materialista sull'origine della vita. L'evoluzionismo darwinista rimarrebbe sospeso in aria, senza inizio immaginabile. E questo, evidentemente, non è accettato dagli evoluzionisti che continuano ad insegnare, come fa il più diffuso testo di biologia per i licei scientifici italiani (H. Curtis e N. Sue Barnes,
Invito alla Biologia, Milano, Zanichelli, 2002, p. 60-61), che
"Le prove sono molto numerose e la maggioranza dei biochimici ritiene ora che, date le condizioni esistenti sulla giovane Terra, le reazioni chimiche che hanno dato origine agli amminoacidi…fossero
inevitabili". Ancora più categorico il Manuale ufficiale dell'Accademia delle Scienze degli USA
(Science and Creationism, A View from the National Academy of
Sciences, Washington DC, National Academy Press, 2002, p.5), secondo il quale non solo
"esperimenti condotti in condizioni intese ad assomigliare quelle presenti sulla terra primitiva hanno prodotto alcuni dei componenti chimici delle
proteine...", ma addirittura "Per coloro che studiano l'origine della vita, il problema non è più se la vita avrebbe avuto origine attraverso un processo chimico che coinvolge componenti
non-biologici". Entrambi i testi ignorano che gli amminoacidi così ottenuti non sono componenti vere, bensì false ed inutilizzabili per la sintesi di proteine vitali.
Con queste affermazioni le massime istituzioni scientifiche sconfessano quelli tra gli scienziati stessi i quali, senza alcuna motivazione extrascientifica, ma per semplice onestà intellettuale, dichiarano, come fa H.P. Yockey, che
"Poiché la scienza non ha la più pallida idea di come le proteine siano venute all' esistenza, sarebbe solo un atto di onestà ammettere questo sia nei confronti degli studenti, sia nei confronti degli organismi che finanziano la ricerca, nonché di fronte a tutto il
pubblico" (J Theoret Biol 1981;91:13-31).
La "cultura dominante", come la chiama Antonino Zichichi, dimostra così di avere a cuore non l'insegnamento della scienza, ma l'indottrinamento alla concezione materialista dell'origine della vita per la quale, dopo 50 anni, di "scientifico" rimane solo l'esperimento di Miller anche se descritto con conclusioni contrarie ai suoi stessi risultati.
In conclusione, il cinquantenario dell'esperimento di Miller è, per gli evoluzionisti, non un'anniversario da celebrare, ma un fallimento da dimenticare. Un'evento che gli antievoluzionisti ricordano volentieri a dimostrazione, più di qualsiasi altro argomento, della natura antiscientifica dell'evoluzionismo, che ha, come unica funzione, quella di sostegno "scientifico" del materialismo filosofico.
Mihael Georgiev
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