Nel mondo scientifico persiste l'egemonia darwinista: un sistema di potere (cattedre, stampa scientifica, premi Nobel) che custodisce la teoria, cui la vita si è evoluta per l'azione di due forze cieche, Caso e Necessità. Questo establishment ama dipingere i suoi avversari come "creazionisti" e "fondamentalisti", contestatori del darwinismo per motivazioni religiose.
In realtà, ormai da decenni l'opposizione al darwinismo cresce proprio nel mondo scientifico. Ogni nuova scoperta in paleontologia e genetica, in biologia e biochimica, porta una nuova smentita al quadro evoluzionista, gradualista e adattativo su cui giura l'establishment
evoluzionista. Ma ormai una folla di paleontologi, biologi, genetisti, zoologi e matematici osa contestare a voce alta lo schema darwinista. Nel breve volumetto "Le origini della vita" Giovanni Monastra (lui stesso biologo ricercatore) espone le motivazioni, gli autori e gli argomenti della contestazione anti-darwiniana.
Stuoli di ricercatori "sul campo" vengono scoprendo, per esempio, i segni di una stupefacente intelligenza nella struttura del Dna: esso possiede livelli multipli di "programmi di correzione di bozze", che rilevano ed eliminano gli errori di copiatura che possono avvenire durante la duplicazione. Il Dna si difende dunque attivamente contro le mutazioni accidentali presupposte dal darwinismo come il motore continuo dell'evoluzione.
In compenso, il Dna è capace di mutare la propria architettura, ma non per caso, anzitutto al contrario lo fa secondo una logica sottostante, una progettualità e intelligenza che lascia perplessi i ricercatori. Nonostante queste imbarazzanti scoperte i darwinisti continuano a difendere l'idea di mutazioni accidentali di un Dna supposto inerte perché è il solo modo di escludere l'opera di un Autore. La nuova generazione di scienziati sta elaborando una teoria post-darwiniana (in Usa chiamata "Intelligent Design", Progetto Intelligente); elabora nuovi
concetti come la "complessità irriducibile" (esempio: il processo di coagulazione del sangue non può essersi perfezionato gradualmente, perché la complessità del processo non può essere semplificata: basta che manchi una sola delle numerose proteine che entrano nel processo, e il sangue non coagula per niente).
L'establishment rifiuta questi concetti come "antiscientifici", perché non sono riduzionistici. E' il vizio dello scientismo antiquato: considerare scientifico solo il pensiero che riduce i fenomeni complessi ai suoi elementi più semplici. La vita biologica alla chimica. La psicologia agli ormoni. L'uomo (con il suo immenso "mondo interiore", ciò che lo caratterizza su ogni altro vivente) a un altro tipo di scimmia. I nuovi scienziati, invece, sentono l'esigenza di una scienza assai più complessa e raffinata. Che, ad esempio, non si contenti di spiegare la bellezza
così evidente nel mondo animale (le corna ramose del cervo, le ali della farfalla) in termini di mimetismo o utilità nella "lotta per la vita" (una "lotta" immaginata dal darwinismo, perché il suo ateismo implicito sceglie di vedere la Natura come un'arena del caos); ma in termini di matematica, di "musicalità", di "arte". "La natura agisce più come un artista che come un ingegnere". Alcuni dei nuovi scienziati non esitano a dirsi platonici: per loro, la vita è l'incarnazione di archetipi ideali odi "temi", nel senso musicale nelle condizioni dello
spazio-tempo. Per questi scienziati la teoria darwiniana non è altro che un ostacolo al sorgere di una scienza della complessità, ormai necessaria per indagare la complessità insuperabile della vita. La generazione degli scienziati post-evoluzionisti, come dimostra l'agile saggio di Monastra, è già qui. Occorre solo aspettare che salgano sulle cattedre, e saremo tutti post-darwinisti.
(tratto dal sito www.identitaeuropea.org)
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