traduzione di Salvatore Gargiulo
Titolo originale "La doctrine de la création: "talon d'Achille" des évangéliques?", pubblicato da "La Revue réformée", n. 211, gennaio 2001. Adattamento redazionale.
D. Kelly è professore di teologia sistematica nel Reformed Theological Seminary di Dillon (Carolina del Nord - U.S.A.). Questo articolo riporta le tre conferenze da lui tenute alla Pastorale di Dijon (Francia) nell'aprile 2000. È fra l'altro autore del libro "Creation and change", per ordinare il quale si può contattare il sito
www.AnswersInGenesis.com.
SINTESI
DEI VARI PARAGRAFI
1.
L'ESALTAZIONE DI GESU' COME CREATORE
Il collegamento fra creazione e redenzione si ritrova costantemente nell'Antico come nel Nuovo Testamento.
Uno degli inni intonati dall'immensa assemblea nei luoghi altissimi, magnifica la gloria di Cristo come creatore dell'Universo: "Tu sei degno, o Signore e Dio nostro, di ricevere la gloria, l'onore e la potenza: perché tu hai creato tutte le cose, e per tua volontà furono create ed esistono" (Apocalisse 4:11). Nigel Cameron: "In tutti gli altri soggetti i credenti evangelici hanno affermato le loro posizioni sull'insegnamento della Bibbia ed hanno rifiutato di lasciarsi dettare le loro opinioni dal consenso del mondo cristiano liberale e razionalista. Ma lì [nel dibattito tra creazionisti e evoluzionisti], nonostante gli insegnamenti della Scrittura, c'è stato in essi una disposizione a non esporsi che bisogna far ben
risaltare". (vedi testo completo)
2. IL DOMINIO CULTURALE
DELL' EVOLUZIONISMO
Era di primaria importanza, per passare dal trascendente al razionalismo, che gli atei disponessero di un'altra teoria della creazione per spiegare l'origine del mondo.
…l'inefficienza degli intellettuali evangelici su questa fondamentale materia è servita a dare un enorme vantaggio agli atei, al fine di guadagnare la cultura occidentale alla loro filosofia …
(vedi testo completo)
3. IMPORTANZA DELLA CREAZIONE PER L'ETICA
…se la Chiesa si preoccupa di parlare della creazione, la gente comprende immediatamente che Dio agisce sul mondo reale in cui si vive, che egli dirige la storia, lo spazio e il tempo. Il risultato sarà che la Bibbia potrà divenire molto importante per la loro vita di ogni giorno e per il loro destino personale.
La creazione ad opera di Dio è la base di tutto e dà un senso alla natura, all'uomo ed alla loro redenzione. Se fondiamo il nostro pensiero su basi false, allora tutto l'edificio inevitabilmente crollerà.
(vedi testo completo)
4. LA CAPITOLAZIONE DEGLI INTELLETTUALI CRISTIANI
Il professor Colin Russel nota come Thomas Huxley, il bulldog di Darwin, non sia stato combattuto dal clero (salvo, e in modo poco efficace, dal buon vescovo Wilberforce) ma da fisici di Cambridge di primo rango, quali lord Kelvin e James Clerk-Maxwell, ambedue evangelici presbiteriani scozzesi. I teologi del tempo, però, non seppero fare uso degli argomenti scientifici e dei postulati che questi due eminenti fisici avevano lanciato contro l'evoluzione…
È essenziale, in particolare, che l'ala intellettuale del movimento evangelico prenda coscienza del ruolo centrale che deve avere la dottrina della creazione nella concezione cristiana del mondo, preparandosi a criticare il racconto razionalista delle origini del mondo con lo stesso vigore con cui da sempre ha difeso il resto dei racconti biblici tradizionali.
(vedi testo completo)
5. LA CONCEZIONE DELLA CREAZIONE SECONDO LA GENESI
"Ci sono racconti poetici della creazione nella Bibbia… Ma essi sono di uno stile completamente differente dal primo capitolo della Genesi".
Brown ha contato 71 riferimenti del Nuovo Testamento ai primi capitoli della Genesi…
…bisogna anche considerare il significato della parola ebraica che noi traduciamo con creare… Si tratta del verbo barah nel tempo presente attivo Qal… Questo verbo vuol dire che Dio ha creato tutte le cose a partire dal nulla (creatio ex nihilo)…
(vedi testo completo)
6. LA STABILITÀ DELLE SPECIE METTE IN CRISI L'EVOLUZIONISMO
..Dio, nella sua attività creatrice, può creare in una frazione di secondo qualcosa che può sembrare anche vecchio.
La ricerca genetica ha reso sempre più incredibile il passaggio di una specie ad un'altra ed è per questo che l'evoluzionismo si trova in cattive acque.
…la paleontologia testimonia fortemente a favore della tesi della Genesi sulla stabilità delle specie.
(vedi testo completo)
7. LA DURATA DEI "GIORNI" DELLA CREAZIONE
Quando è preceduto da un numero (come, per esempio, il numero ordinale: il primo giorno, il secondo giorno) il termine giorno ha costantemente, attraverso tutta la Scrittura, il significato di un giorno solare normale.
Una conferma che il termine giorno ha proprio il senso di "giorno solare" ci è data dal quarto comandamento: "Poiché in sei giorni l'Eterno fece i cieli e la terra, il mare e tutto ciò che è in essi e il settimo giorno si riposò; perciò l'Eterno ha benedetto il giorno di sabato e l'ha santificato" (Esodo 20:11).
In altri passi della Scrittura una forma letteraria elaborata, come per esempio in un brano della lettera di Paolo ai Filippesi (2:5-11), non rimpiazza il senso storico letterale delle grandi tappe dell'umiliazione e, poi, dell'esaltazione di Cristo. Se in questo testo non si ha una separazione tra la forma letteraria e il contenuto storico-letterale, perché ci dovrebbe essere nei capitoli 1 e 2 della Genesi? Non sarebbe qualcosa di esterno alla Scrittura che spingerebbe a introdurre un doppio significato?
(vedi testo completo)
8. QUANTO È ANTICA LA TERRA?
…v'è un numero rapidamente crescente di altri scienziati i quali presentano valide prove per una Terra relativamente più giovane (e che rientrerebbe nel quadro cronologico generale della Genesi).
…alcune rocce vulcaniche delle Hawai, che si sono solidificate sotto il mare centosettanta anni fa. La misurazione di queste rocce col metodo del potassio-argon ha evidenziato una datazione di quasi tre miliardi di anni!
Oggi però le tesi dell'estrema vecchiaia della Terra sono seriamente rimesse in questione, è dunque più facile prendere nel suo giusto valore l'insegnamento del libro della Genesi sulla creazione.
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9. QUATTRO TESI TEOLOGICHE DECISIVE E NON NEGOZIABILI
1. Una creazione assoluta.
Tutto è stato creato dal nulla da parte di un Dio infinito e personale.
2. La validità nello spazio-tempo della Parola scritta di Dio.
La Parola di Dio scritta si riferisce al nostro concreto spazio e tempo. Non bisogna allontanarsi dalla Scrittura su questo punto, relegandola nel campo del mito, del simbolo e della poesia…
3. La realtà di Cristo inseparabile dalla realtà di Adamo.
Un terzo fondamento teologico assolutamente decisivo, sul quale ogni chiesa sana si deve saldamente ancorare, è la spiegazione che dà la Bibbia sull'origine del male e della morte…
Non riconoscere il carattere di nostro rappresentante al primo Adamo equivale a svuotare della sua realtà l'ultimo Adamo. I tentativi dell'evoluzionismo teista sono intrepidi, ma assolutamente senza speranza, quando pretendono di conservare Gesù Cristo come nostro rappresentante, accettando nello stesso tempo le teorie contrarie degli evoluzionisti, con le loro lunghe epoche di viziose lotte e di mortali sofferenze fra i preumani.
4. Le teorie umane devono conformarsi alla Scrittura.
L'evoluzionismo teista deve servire come potente esempio pedagogico di ciò che la teologia cristiana non dovrebbe mai permettersi. C'è poca saggezza nel voler adattare l'autorità della Parola di Dio a dei presupposti derivati da concezioni naturaliste del mondo.
…se facciamo dei primi undici capitoli della Genesi la nostra convinzione di base, il nostro presupposto, ci sono motivi per credere che alla fina la scienza ci raggiungerà.
(vedi testo completo)
1. L'ESALTAZIONE DI GESÙ COME CREATORE
È noto che tutta la Bibbia unisce - e molto saldamente - la creazione per mezzo di Cristo con la redenzione per mezzo di Cristo. Il collegamento fra creazione e redenzione si ritrova costantemente nell'Antico come nel Nuovo Testamento. Il Vangelo di Giovanni inizia con "Nel principio era la Parola [Gesù Cristo], e la Parola era con Dio, e la Parola era Dio […] Ogni cosa è stata fatta per mezzo di lei; e senza di lei neppure una delle cose fatte è stata fatta".
L'Apocalisse ci rivela che nel cielo non ci sarà soltanto da vedere, ma anche da udire. Uno degli inni intonati dall'immensa assemblea nei luoghi altissimi, magnifica la gloria di Cristo come creatore dell'Universo: "Tu sei degno, o Signore e Dio nostro, di ricevere la gloria, l'onore e la potenza: perché tu hai creato tutte le cose, e per tua volontà furono create ed esistono" (Apocalisse 4:11). Lasciatemi esprimere il mio stupore per il fatto che, mentre le lodi celesti sono intensamente rivolte verso il Cristo creatore di tutte le cose, nei culti delle chiese i canti e la predicazione ne sono vuoti, privi di ammirazione e di contemplazione del creato. Se i luoghi altissimi glorificano Cristo per le meraviglie della sua creazione, perché le chiese moderne trascurano questo tema?
Spero di non andare troppo lontano se dico che molti di noi si sentono imbarazzati quando trattano il problema delle origini e, anziché insegnare la creazione come facente parte della gloria di Cristo, cerchiamo piuttosto di evitare questo soggetto. In uno straordinario libretto di circa quindici anni fa, Nigel Cameron ha fatto notare una strana anomalia tra credenti, che poi sono molto fondamentalisti per tutte le altre dottrine: "In tutti gli altri soggetti i credenti evangelici hanno affermato le loro posizioni sull'insegnamento della Bibbia ed hanno rifiutato di lasciarsi dettare le loro opinioni dal consenso del mondo cristiano liberale e razionalista. Ma lì [nel dibattito tra creazionisti e evoluzionisti], nonostante gli insegnamenti della Scrittura, c'è stato in essi una disposizione a non esporsi che bisogna far ben risaltare".
Ci deve essere una ragione perché una tale corruzione intellettuale e spirituale si sia introdotta nel campo della dottrina della creazione. Ci sorprendiamo se questa dottrina di primaria importanza, questa occasione di rendere gloria a Gesù Cristo, questa base solida per la concezione della Chiesa riguardo al mondo e alla vita, sia così violentemente contestata dai materialisti?
Si comprende bene il rifiuto degli atei a unire le loro voci a quelle del coro dei santi e degli angeli, nel rendere gloria a colui che dovrebbero riconoscere come Creatore: poiché una volta riconosciuto che esiste un Creatore, dovrebbero piegare le loro ginocchia e consegnare la loro volontà a lui. Ciò che invece non è comprensibile è il rifiuto dei cristiani a rendere grazie a Gesù come Creatore. Per questo vorrei rivolgere un appello alla Chiesa di Cristo che milita quaggiù, invitandola ad unire la sua voce a quella della Chiesa trionfante di lassù, in un grande canto di lode a colui che ha creato tutte le cose per la sua volontà (Ap 4:11) e che le ha poi lavate dal peccato per mezzo del suo sangue prezioso. Non è questo, nella nostra civiltà in così rapido declino, un richiamo di particolare urgenza per tutti i fedeli della Chiesa?
2. IL DOMINIO CULTURALE DELL'EVOLUZIONISMO
La Scrittura ci insegna che "è giunto il tempo che il giudizio cominci dalla casa di Dio" (1 Pietro 4:17). Attraverso tutta la Storia, si vede che la condizione nella quale si trova la Chiesa determina la presa di direzione della società attorno ad essa. Generalmente questa determinante influenza è indiretta e nascosta, come lo è il lievito nella pasta, ma è in fin dei conti la vivacità della fede del popolo di Dio che rivitalizza la cultura, o la trascina verso la decadenza.
Il '900 si è concluso con una secolarizzazione massiccia di un Occidente in precedenza in qualche modo cristianizzato. Era di primaria importanza, per passare dal trascendente al razionalismo, che gli atei disponessero di un'altra teoria della creazione per spiegare l'origine del mondo. Non c'è bisogno di soffermarsi molto sulla importanza ormai determinante dell'evoluzionismo come base di tutta la concezione atea del mondo, la quale sta dominando la scena intellettuale da più di un secolo.
Michael Denton, che non è un cristiano praticante, in una vasta critica scientifica all'evoluzione, ne fa vedere la rilevanza culturale: "Tutta la filosofia, tutta l'etica scientifica dell'uomo moderno è fondata, in larga misura, sull'ipotesi centrale della teoria di Darwin, cioè che l'uomo non è nato dalla volontà creatrice di una divinità, ma da una selezione proveniente da prove ed errori, priva di pensiero, applicata a caso su degli agglomerati molecolari. Così l'importanza culturale della teoria dell'evoluzione è immensa, giacché essa forma l'elemento centrale, il coronamento della concezione naturalista del mondo, il trionfo finale delle tesi razionaliste che, dalla fine del Medio Evo, hanno scacciato dal pensiero occidentale l'ingenua concezione del mondo della Genesi".
La potenza politica ed economica che gli evoluzionisti impiegano per conservare il loro dominio su tutte le istituzioni intellettuali della società occidentale - scuole pubbliche, università, case editrici, amministrazioni, media - è stupefacente! È, in ogni caso, un'eloquente testimonianza della loro convinzione che l'evoluzionismo è di primaria importanza per la solidità d'insieme della loro concezione del mondo.
L'assurdo, in questa vicenda, è che elevati esponenti del movimento intellettuale evangelico sembrano non rendersi conto dell'importanza fondamentale di conservare ed estendere l'insegnamento biblico della creazione ai fini della ricristianizzazione del pensiero, dell'azione e poi della stessa società. Dal punto di vista storico, l'inefficienza degli intellettuali evangelici su questa fondamentale materia è servita a dare un enorme vantaggio agli atei, al fine di guadagnare la cultura occidentale alla loro filosofia (e ciò nonostante che gli atei stiano per perdere rapidamente il loro vantaggio intellettuale, poiché la scienza ha in pratica dimostrato il fallimento dell'evoluzionismo).
I cristiani non potranno mai riguadagnare la società finché non avranno veramente compreso, di nuovo, l'importanza della creazione.
3. IMPORTANZA DELLA CREAZIONE PER L'ETICA
Nel 1968 sentii dire da Francis Schaeffer che, se egli avesse dovuto trascorrere un'ora in un aereo con qualcuno che non conosceva Dio, avrebbe impiegato cinquantacinque minuti per parlargli della creazione dell'uomo ad immagine di Dio, prima di trascorrere gli ultimi cinque minuti per annunciargli il Vangelo della salvezza. Schaeffer riteneva che è un madornale errore l'evitare il soggetto primario, che è quello di comprendere come ci troviamo qui, perché siamo ciò che siamo, chi ci dirige, secondo quali regole ci dobbiamo comportare e quali sono i criteri in base ai quali saremo giudicati. Egli aveva capito che se non si risponde a queste domande fondamentali, per passare direttamente al Vangelo della salvezza, si priva chi cerca la verità dell'effetto prodotto dalla realtà delle cose.
Attenersi pienamente alla dottrina biblica della creazione è importante per un altro motivo: ci aiuta a vedere che la Bibbia è da prendere sul serio quando essa parla del mondo. Trascurando di occuparsi di ciò che dice la Scrittura a proposito della creazione del mondo reale, si favorisce la tendenza già presente nella religione a dissociarsi dal mondo; in altre parole, si spingono ancora di più la Scrittura e il Cristianesimo in un armadio, da dove non si può più influenzare lo spazio-tempo.
È proprio ciò che notava, verso la fine dell'800, il teologo scozzese James Denney: "La separazione fra la scienza e la religione si trascinerà dietro la separazione fra la verità e la religione; ciò significa che la religione andrà a scomparire presso gli uomini sinceri". Al contrario, se la Chiesa si preoccupa di parlare della creazione, la gente comprende immediatamente che Dio agisce sul mondo reale in cui si vive, che egli dirige la storia, lo spazio e il tempo. Il risultato sarà che la Bibbia potrà divenire molto importante per la loro vita di ogni giorno e per il loro destino personale. In altri termini, la dottrina della creazione con cui comincia la Parola di Dio dev'essere presentata come il fondamento della Rivelazione, giacché è da lì che Dio ha cominciato. Se invece si adotta, riguardo alle origini del mondo, il punto di vista della filosofia incredula, si dà ai primi capitoli della Genesi un significato puramente religioso e, di conseguenza, la Bibbia e la religione vengono confinate nell'irreale, senza una vera importanza… e le chiese si svuotano di credenti. È quanto è accaduto nella maggior parte dei paesi europei nell''800 e, in America, agli inizi del '900.
La creazione ad opera di Dio è la base di tutto e dà un senso alla natura, all'uomo ed alla loro redenzione. Se fondiamo il nostro pensiero su basi false, allora tutto l'edificio inevitabilmente crollerà.
4. LA CAPITOLAZIONE DEGLI INTELLETTUALI CRISTIANI
Il professore Nigel Cameron ha dedicato il sesto capitolo della sua opera L'evoluzione e l'autorità della Bibbia alla triste storia della capitolazione, quasi totale, degli intellettuali cristiani di fronte alla teoria dell'evoluzione formulata da Darwin. Egli scrive: "Fin dal momento in cui il nuovo pensiero scientifico ha cominciato a prendere piede nell''800, prima nel campo della Geologia, poi in quello della Biologia, i commentatori biblici si sono affrettati ad adattare la loro interpretazione della Scrittura all'ultima ortodossia scientifica". Dopo aver studiato un gran numero di commentari cristiani dell''800 sulla Genesi, egli conclude: "È evidente che ogni commentatore, ad eccezione di [Thomas] Scott, critica l'idea tradizionale del Diluvio. Essi ritenevano che era necessario armonizzare l'interpretazione della Scrittura con ciò che pensavano gli uomini dotti".
Philip Johnson, professore alla facoltà di Diritto dell'Università di California, a Berkeley, ha notato il medesimo strano fenomeno nel suo Processo a Darwin: "Il darwinismo concordava talmente con lo spirito della sua epoca che questa teoria ha ricevuto l'adesione di un numero sorprendente di dirigenti religiosi. Molti dei primi sostenitori di Darwin erano membri del clero o laici cristiani praticanti".
Il professor Colin Russel nota come Thomas Huxley, il bulldog di Darwin, non sia stato combattuto dal clero (salvo, e in modo poco efficace, dal buon vescovo Wilberforce) ma da fisici di Cambridge di primo rango, quali lord Kelvin e James Clerk-Maxwell, ambedue evangelici presbiteriani scozzesi. I teologi del tempo, però, non seppero fare uso degli argomenti scientifici e dei postulati che questi due eminenti fisici avevano lanciato contro l'evoluzione, preferendo accettare senza battere ciglio le nuove tesi evoluzioniste che ricostruivano la primitiva storia geografica e biologica.
Così, fatta eccezione per alcuni fondamentalisti il cui cuore era ben orientato, ma che spesso erano privi d'influenza nel campo culturale, molti intellettuali cristiani hanno accettato senza esitare il surrogato, imposto dai razionalisti, al racconto biblico della creazione. Come fa notare Cameron, i razionalisti e i fondamentalisti hanno armonizzato l'antico racconto della Genesi col darwinismo in due diverse maniere: "Gli autori fondamentalisti si trovavano obbligati dalla loro dottrina della Scrittura a preservare la verità, checché essa potesse dire, perciò sceglievano una lettura non molto letterale del testo, mentre gli autori razionalisti potevano ammettere senza complessi che la Scrittura insegna qualcosa (il Diluvio universale) che non è accaduto".
Io non sono sicuro che la situazione sia molto migliorata nella comunità evangelica in quest'inizio del XXI secolo per quanto concerne la messa in dubbio dei postulati e delle prove dell'evoluzionismo, come pure nel prendere seriamente in parola la Genesi nel suo contesto storico e letterale. Molti cristiani pensano che una certa forma di evoluzione, pur credendo in Dio, sia la sola opzione rispettabile per i credenti intelligenti di oggi.
Benché io non sia affatto d'accordo con quei nostri fratelli che la pensano così, ritengo che sia importante analizzare il loro punto di vista con simpatia e comprensione. È chiaro che la presentazione di prove per concepire lunghe ere geologiche, con grandi evoluzioni biologiche, sia potuta sembrare impressionante e forse anche irresistibile. Studi recenti dimostrano che molte delle prove scientifiche del darwinismo non erano altro che pura propaganda intelligentemente manipolata da Huxley e altri, ma il complesso d'inferiorità provato dagli intellettuali cristiani li ha spinti a cercare un'interpretazione della Genesi che non fosse in contraddizione con l'imperante evoluzionismo materialista. Essi pensavano di salvare le parti più importanti della Bibbia, quelle che riguardano il Vangelo della salvezza, separandole dai primi capitoli della Genesi (1-11), ritenuti ormai indifendibili.
Io non ho certamente l'intenzione di mettere in dubbio la sincerità o l'alta motivazione di questi autori, siano essi della metà dell''800 o della fine del '900. Vorrei però, umilmente e amabilmente, riconsiderare interamente il loro modo di impostare una questione così cruciale. È essenziale, in particolare, che l'ala intellettuale del movimento evangelico prenda coscienza del ruolo centrale che deve avere la dottrina della creazione nella concezione cristiana del mondo, preparandosi a criticare il racconto razionalista delle origini del mondo con lo stesso vigore con cui da sempre ha difeso il resto dei racconti biblici tradizionali. Grazie al Signore oggi è più facile contrastare l'evoluzionismo, dato il notevole lavoro compiuto proprio dagli scienziati.
5. LA CONCEZIONE DELLA CREAZIONE SECONDO LA GENESI
Molti hanno cercato di aggirare l'evidente contrasto fra la lettura diretta del testo e le teorie naturaliste sulle origini del mondo, enunciando l'ipotesi che i primi undici capitoli della Genesi, e in particolare i primi tre, siano scritti poetici e non vadano considerati come cronologia storica.
Lascio ad un eminente specialista di ebraico e delle lingue semitiche, Edward J. Young, l'incarico di rispondere: "Ci sono racconti poetici della creazione nella Bibbia: il Salmo 104 e alcuni passi in Giobbe. Ma essi sono di uno stile completamente differente dal primo capitolo della Genesi. La poesia ebraica ha caratteristiche ben definite: esse però non si riscontrano in questo primo capitolo".
Una conferma supplementare del carattere non poetico ma storico del racconto della creazione nella Genesi si ritrova nella maniera con cui il Nuovo Testamento usa questi primi capitoli. Si può fare e rifare l'esegesi di ciascuno dei libri del Nuovo Testamento, ma non si troverà la minima traccia di una lettura poetica dei primi undici capitoli della Genesi.
Walter T. Brown è un vecchio istruttore dell'Aeronautica americana in pensione. Attualmente è a capo di un centro di studi creazionisti nell'Arizona. Brown ha contato 71 riferimenti del Nuovo Testamento ai primi capitoli della Genesi, tirandone le seguenti conclusioni:
a) tutti i redattori del Nuovo Testamento fanno riferimento ai primi undici capitoli della Genesi;
b) Gesù si è riferito a ciascuno dei primi sette capitoli della Genesi;
c) gran parte degli scritti del Nuovo Testamento fanno riferimento a questi undici capitoli (ne sono eccettuate alcune Epistole, quali quelle ai Galati, ai Filippesi, le due ai Tessalonicesi, la seconda a Timoteo, quella a Tito, la seconda e terza di Giovanni);
d) ciascuno dei primi undici capitoli è oggetto di un commento nell'uno o nell'altro dei libri del Nuovo Testamento, fatta eccezione per il capitolo 8;
e) tutti i redattori del Nuovo Testamento prendono questi primi capitoli della Genesi come racconti veramente storici.
Se si fa l'analisi grammaticale della Genesi, si constata che essa è quella di un racconto pienamente storico, non quella della poesia: grammaticalmente si tratta di un racconto semplice, un racconto diretto di avvenimenti che si sono realmente prodotti in un ordine ben definito.
Nella Genesi tutto si svolge come se il progettista, dall'immenso Universo, si concentrasse sempre più su una piccola testa di spillo che si chiama uomo. Il secondo capitolo della Genesi, infatti, già focalizza l'attenzione sull'uomo e sarà così per tutto il resto dei libri della Bibbia, fino al suo termine nell'Apocalisse.
La cosiddetta "alta critica" dell''800 non accettava questa struttura di base della Genesi e nemmeno i due racconti con i quali il pensiero ebraico registra gli eventi della creazione. Ha perciò presupposto l'esistenza di due o tre racconti contrastanti della creazione, fondandosi su una "teoria degli strati" nella composizione del Pentateuco (postulata da K.H. Graf e J. Wellhausen), secondo la quale i primi cinque libri della Bibbia sarebbero un successivo sovrapporsi di documenti diversi fra loro (J, E, D e P). Per l'alta critica, Genesi 2 non sarebbe altro che un secondo racconto della creazione, in contraddizione con Genesi 1. Genesi 2, invece, è solo un riprendere e sviluppare certi dettagli di Genesi 1: un sistema comunemente seguito non solo nella Bibbia, ma anche nelle grandi opere letterarie degli altri paesi dell'antico Oriente.
Oltre alla comprensione dello schema di base del libro della Genesi, bisogna anche considerare il significato della parola ebraica che noi traduciamo con creare, usata da Mosè nel primo capitolo della Genesi. Si tratta del verbo barah nel tempo presente attivo Qal. Il professor E. J. Young ha fatto notare che "usato al tempo Qal, il verbo barah designa unicamente l'attività divina: il soggetto del verbo è sempre Dio, mai l'uomo". Questo verbo vuol dire che Dio ha creato tutte le cose a partire dal nulla (creatio ex nihilo), cioè senza l'utilizzazione della materia preesistente. È ciò che si chiama la "creazione assoluta", per opposizione alla "creazione relativa" che utilizza un materiale preesistente. Il concetto di creazione assoluta riposa sulla realtà del Dio della Scrittura, assoluto, infinito e personale. In ultima analisi, per spiegare la fonte primaria di ogni realtà, le possibilità sono solo due: o supponiamo un Dio eterno, o una materia eterna. Lasciatemi dire che l'esistenza di una materia eterna non è in alcun senso un fatto scientifico. È piuttosto un articolo di fede o una supposizione di carattere religioso: è necessario che ce ne ricordiamo quando discutiamo con i sostenitori dell'evoluzione.
6. LA STABILITÀ DELLE SPECIE METTE IN CRISI L'EVOLUZIONISMO
La Genesi ci dice che Dio ha messo nel suolo fertile non i semi, ma le piante nel pieno della maturità, alberi coi frutti contenenti i loro semi. Queste piante sono state create adulte, cioè con un aspetto più vecchio della loro effettiva età. Anche Adamo è stato creato adulto e sembrava un ventenne, mentre aveva un solo giorno di vita. Ciò fa capire che Dio, nella sua attività creatrice, può creare in una frazione di secondo qualcosa che può sembrare anche vecchio. Non dobbiamo allora cercare di misurare l'età della realtà fisica solamente sulla base di ciò che osserviamo oggi. Si tratta di un problema importante per l'evoluzionismo, perché esso si basa sulla "tesi dell'uniformismo" e perciò crede che "il presente è la chiave del passato", rifiutando di tener conto dell'attività creatrice di Dio. È con questi presupposti che essi arrivano ad un calcolo esagerato dell'età dell'Universo.
Il testo della Genesi ci insegna che Dio ha dato alla vita vegetale i mezzi per trasmettere il proprio codice genetico, attraverso i semi che essa contiene. Genesi 1:1 lo dice chiaramente: "Faccia la terra germogliare la verdura, le erbe che facciano seme e gli alberi da frutto che portino sulla terra un frutto contenente il proprio seme, ciascuno secondo la propria specie". In ogni organismo creato da Dio c'era un seme, programmato per permettere la replica continua di quel tipo d'organismo. Ciò che la Genesi ci dice la scienza moderna lo conferma, rafforzando con le sue scoperte (per esempio il DNA) la nozione di stabilità delle specie. La ricerca genetica ha reso sempre più incredibile il passaggio di una specie ad un'altra ed è per questo che l'evoluzionismo si trova in cattive acque.
Gli evoluzionisti si basano sulle mutazioni, ma la prova che le mutazioni non producono un'evoluzione è stata fornita in maniera decisiva dallo zoologo francese Grasse, che ha studiato i batteri, i quali si riproducono molto rapidamente. Si può avere una nuova generazione di batteri in appena mezz'ora, perciò essi si riproducono 400.000 volte più rapidamente dell'uomo. I ricercatori hanno potuto così seguire le modificazioni che le mutazioni producono in un tempo relativamente breve, ma che equivale a 3.500.000 anni per la razza umana. Grasse ha trovato che i suoi batteri non sono affatto cambiati attraverso tutte queste generazioni (Traité de Zoologie, tomo VIII, Masson, 1976). Davanti a tali risultati sperimentali, si può ragionevolmente sostenere che né le piante né l'umanità si siano evolute durante un periodo equivalente (per numero di generazioni) a quello dei batteri.
Qualcuno potrebbe arguire che, pur non essendoci una prova convincente dell'evoluzione, la sola esistenza di tanti fossili dimostra che essa ci sia stata. Le ricerche attuali hanno invece mostrato come i fossili siano una delle prove più forti contro l'evoluzione. David B. Kitts, professore alla facoltà di Geologia e Geofisica dell'Università dell'Oklahoma, commenta così: "A dispetto delle belle promesse secondo le quali la paleontologia avrebbe fornito un mezzo per vedere l'evoluzione, essa non ha potuto produrre che serie difficoltà ai sostenitori dell'evoluzione, la più nota delle quali è la presenza di buchi nella sequenza fossile. La teoria dell'evoluzione vorrebbe degli intermediari fra le specie e la paleontologia non gliene fornisce" ("Paleontology and Evolutionary Theory", Evolution, vol. 2, 1974). Sotto questo aspetto, la paleontologia testimonia fortemente a favore della tesi della Genesi sulla stabilità delle specie.
7. LA DURATA DEI "GIORNI" DELLA CREAZIONE
L'opera del primo giorno della creazione ci pone davanti alla differenza fondamentale fra il cristianesimo biblico e il naturalismo materialista: da un lato la creazione assoluta a partire dal nulla da parte di un Dio infinito e personale, dall'altro l'eternità della materia o dell'energia. C'è poi un secondo invalicabile fossato, rappresentato dalla questione del tempo. Agli inizi dell''800 c'è stata la diffusione dell'idea che la storia della terra si dovesse misurare in miliardi di anni. Idea che ha prima conquistato la Geologia, poi la Biologia, in seguito la Storia e tutti gli altri campi. Coloro che volevano prendere sul serio la Scrittura, così, si sono trovati in difficoltà nell'interpretare i giorni della settimana creativa e si è avuta una grande varietà di posizioni, anche fra i commentatori evangelici. Prima di esaminare queste diverse tesi, però, vediamo ciò che dice la Bibbia in generale e, in particolare, la Genesi.
Generalmente la Bibbia usa il termine giorno (yom, in ebraico) per indicare un giorno solare, cioè un periodo di tempo della durata di ventiquattr'ore, a volte riferendosi solo a quella porzione delle ventiquattr'ore illuminata dal sole. Quando è preceduto da un numero (come, per esempio, il numero ordinale: il primo giorno, il secondo giorno) esso ha costantemente, attraverso tutta la Scrittura, il significato di un giorno solare normale.
Alcune volte la parola giorno è usata nella Scrittura per indicare un periodo di tempo non precisamente definito, come in Giobbe 7:6 ("I miei giorni sono più veloci di una spola da tessitore e si consumano") o nel Salmo 90:9 ("tutti i nostri giorni svaniscono"). Ma, in questi casi, la parola giorno significa anche una successione determinata di giorni normali, non un'estensione immaginaria di vasti periodi. La parola giorno (yom) può anche designare, in alcuni casi, una parte dell'anno, come per esempio il tempo della mietitura (vedi Genesi 30:14), ma anche qui si tratta di nient'altro che di alcune settimane di normali giorni solari, non di epoche di migliaia o milioni di anni.
L'espressione profetica "il giorno del Signore" si riferisce naturalmente a una categoria di giorno speciale che vuole indicare, qualunque sia il senso profetico, un giorno ordinario divenuto straordinario per l'intervento definitivo di Dio. Ciò non può, in alcuna maniera, indicare vasti periodi di tempo, né contraddire il significato generale che nella Bibbia ha il termine giorno, inteso come un normale giorno solare.
Vi sono tuttavia alcuni testi della Scrittura ove è ben chiaro che la parola giorno è adoperata in un altro senso che il periodo di ventiquattr'ore. Il caso più noto si trova in 2 Pietro 3:8 ("Per il Signore un giorno è come mille anni"), ma qui il contesto indica chiaramente che siamo fuori del normale senso letterale e storico, mentre la Genesi richiama il senso di una sequenza di normali giorni solari.
Una conferma che il termine giorno ha proprio il senso di "giorno solare" ci è data dal quarto comandamento: "Poiché in sei giorni l'Eterno fece i cieli e la terra, il mare e tutto ciò che è in essi e il settimo giorno si riposò; perciò l'Eterno ha benedetto il giorno di sabato e l'ha santificato" (Esodo 20:11). Il punto cruciale è dato qui dal fatto che l'opera creatrice di Dio, seguita dal suo riposo, deve servire da quadro per la vita intera dell'umanità, come suo riflesso sulla terra. È evidente che l'umanità è così importante per l'Altissimo che ha voluto realizzare la sua attività creatrice in modo da dare una struttura alla vita dell'uomo. Una tale conclusione è lungi dall'essere assurda, se crediamo seriamente all'incarnazione del Figlio eterno di Dio in una vera natura umana. In fondo, sia il tempo che la polvere sono creature finite di Dio, e suoi servitori, non suoi maestri.
Ci sono due altri argomenti, ricavati dal testo scritturale, i quali potrebbero far ritenere che i giorni non siano normali giorni solari. Li menziono brevemente. Il primo argomento è fornito dalla fondata osservazione che, essendo stato il sole collocato nel cielo solamente nel quarto giorno, i primi tre giorni non possono essere chiamati in senso stretto "normali giorni solari". Pertanto si potrebbe pensare che i primi tre giorni abbiano potuto coprire delle ampie epoche. Se il contesto del primo capitolo della Genesi non ci fornisse altri elementi da considerare, questa osservazione potrebbe essere accettabile, ma nella Genesi ognuno dei sei giorni è descritto come l'altro, ripetendo ciclicamente la formula "così fu sera e fu mattina: il primo (secondo, ecc.) giorno". Ciò mostra chiaramente che tutti quei giorni sono da prendersi come normali giorni solari.
Il secondo argomento per allungare i giorni della settimana della creazione si fonda sull'assenza, nel testo della Genesi, della frase conclusiva "così fu sera, poi fu mattina: il settimo giorno". Il minimo che si possa dire è che ciò equivale a poggiare un'affermazione di un grande peso teologico su una tavola esegetica piuttosto stretta e sottile! Si è più vicini al senso evidente del contesto di Genesi 2 (e di Esodo 20) dicendo che, essendo il sabato diverso per qualità, sebbene non per quantità, è stata aggiunta una formula conclusiva leggermente diversa per indicare una differenza qualitativa. La formula usata per indicare la fine di questo primo sabato ("Pertanto il settimo giorno Dio terminò l'opera che aveva fatto, e nel settimo giorno si riposò da tutta l'opera che aveva fatto", Genesi 2:2) dà, a quanto sembra, una fine ben delimitata dell'ultimo giorno, al pari che per gli altri. Se l'assenza della consueta formula finale doveva voler dire che la divina organizzazione del riposo del sabato sarebbe dovuta continuare per migliaia di anni, come gli uomini avrebbero potuto allora cominciare ad osservare il quarto comandamento dell'Esodo (20:9) di lavorare per sei giorni la settimana?
È così che gli argomenti per una settimana della creazione che dura milioni di anni appaiono distorti e artificiosi, quando si osserva attentamente il testo immediato della Genesi e il più ampio contesto biblico. Non si può che apprezzare l'onestà di un razionalista come il professore scozzese M. Dods, il quale ha scritto che "se, per esempio, il termine giorno in questi capitoli [della Genesi] non significa una durata di ventiquattr'ore, allora bisogna disperare di poter mai interpretare la Scrittura".
La fine del '900 ha visto svilupparsi una delle varianti più popolari fra le teorie della creazione, almeno nella cerchia dei riformati evangelici: la teoria del quadro, proposta a quanto sembra per la prima volta dal professor Noordzij, dell'Università di Utrecht, nel 1924. Questa teoria si è molto diffusa nel corso degli ultimi trent'anni attraverso gli scritti del professor Meredith Kline. Nel suo Commentario sulla Genesi, a proposito del primo capitolo egli scrive: "Il suo linguaggio è quello della semplice osservazione e il suo stile è penetrato da una poesia di qualità, riflessa nella costruzione strofica. L'esegesi indica che lo schema della settimana della creazione ha esso stesso una forma poetica e che i pannelli della storia della creazione sono collocati nel quadro della settimana di sei giorni di lavoro non cronologicamente, ma per temi".
Questa teoria del quadro, con la sua scissione fra un senso cronologico letterale e un significato letterario, è stata portata molto più lontano dal professor Henri Blocher, della Facoltà di teologia evangelica di Vaux-sur-Seine, Parigi, con il suo libro Révélation des origines - Le début de la Genése (La Creazione - L'inizio della Genesi, edizioni G.B.U., 1984). Non vorremmo essere alla leggera in disaccordo con così eminenti teologi evangelici, ma essi hanno introdotto una dicotomia potenzialmente disastrosa, una rottura fra la forma letteraria e la attendibilità storica e cronologica dei testi biblici. Sarebbe ingenuo supporre che un dualismo interpretativo di tale portata si fermi ai primi due capitoli della Genesi, senza essere poi applicato ad altri passi della Bibbia in contrasto con le teorie naturaliste.
Non v'è persona, per quanto m'è dato sapere, che sia penetrata nel cuore di questo dibattito in maniera più incisiva di Jean-Marc Berthoud, autore protestante riformato di Losanna, Svizzera. Rispondendo a questo dualismo tra la forma letteraria e la realtà storica, Berthoud scrive: "L'opposizione letteralista-letteraria che si vede dappertutto nel vostro libro è uno schema inadeguato alle realtà bibliche... Voi partite dal presupposto non formulato che ciò che chiamate raffinatezza letteraria e lettura letterale si escludano quasi obbligatoriamente a vicenda". Berthoud dice giustamente che questa separazione netta tra forma letteraria e senso letterale è una presa di posizione filosofica che non viene dalla Bibbia, e aggiunge: "Quale difficoltà ci sarebbe stata [per l'Autore dell'Universo] a far coincidere la più complessa, la più raffinata forma letteraria con la maniera con cui egli avrebbe creato tutte le cose in sei giorni? La disposizione artistica non si oppone all'analoga disposizione dei fatti, quando l'Autore del racconto è il Creatore dei fatti descritti... Così è la vostra costante opposizione dell'interpretazione letteraria all'interpretazione letterale che io metto in questione. Giacché il contrasto non è affatto fra la prosa contro la poesia, fra l'interpretazione letteraria contro l'interpretazione letterale, ma fra l'interpretazione vera contro l'interpretazione falsa. La vera opposizione è stile letterario vero contro stile letterario falso, stile letterale vero contro stile letterale falso".
In altri passi della Scrittura una forma letteraria elaborata, come per esempio in un brano della lettera di Paolo ai Filippesi (2:5-11), non rimpiazza il senso storico letterale delle grandi tappe dell'umiliazione e, poi, dell'esaltazione di Cristo. Se in questo testo non si ha una separazione tra la forma letteraria e il contenuto storico-letterale, perché ci dovrebbe essere nei capitoli 1 e 2 della Genesi? Non sarebbe qualcosa di esterno alla Scrittura che spingerebbe a introdurre un doppio significato?
8. QUANTO È ANTICA LA TERRA ?
La vera ragione per cui si è cercato di trasformare il giorno letterale in un lasso di tempo lungo e indefinito è data dal fatto che si aveva la prova scientifica di una terra vecchia di un immenso numero di anni. L'età della Terra, però, non è assolutamente un dato scientificamente provato. Una larghissima maggioranza di scienziati sostengono ancora la tesi di una Terra molto antica, ma v'è un numero rapidamente crescente di altri scienziati i quali presentano valide prove per una Terra relativamente più giovane (e che rientrerebbe nel quadro cronologico generale della Genesi). Fra questi scienziati ci sono anche numerosi esperti non sospetti di simpatie bibliche, i quali criticano gli argomenti generalmente usati per "provare" che la Terra è vecchia di milioni di anni (piuttosto che di migliaia).
È stato detto che molti cronometri offrono la prova di un sistema geologico molto antico. Ma l'affidabilità di questi orologi, o cronometri, è stata messa in dubbio da numerosi problemi. Prendiamo, per esempio, il decadimento U238-Pb206. Il quantitativo di uranio si dimezza, divenendo piombo, ogni 4,5 miliardi di anni. Per sapere in maniera certa quanto una roccia sia antica, sulla base dei quantitativi di uranio e piombo contenuti, bisogna ammettere alcuni presupposti, tutti scientificamente molto contestabili, ne riportiamo due: 1) la roccia non conteneva piombo all'ora zero; 2) Nessun quantitativo di uranio presente all'origine, né di piombo formatosi, sono usciti durante i lunghi anni trascorsi (e neppure sono entrati dall'esterno). La fallibilità di metodi di questo tipo si è ben vista in alcune rocce vulcaniche delle Hawai, che si sono solidificate sotto il mare centosettanta anni fa. La misurazione di queste rocce col metodo del potassio-argon ha evidenziato una datazione di quasi tre miliardi di anni!
Per misurare l'età approssimativa della Terra, oltre agli orologi rappresentati dal decadimento radioattivo, ci sono altri metodi che danno un'età relativamente più giovane, ma che sono messi da parte dagli evoluzionisti (per esempio, l'incremento della popolazione umana che indica un inizio recente della nostra specie, la bassa salinità degli oceani che pure fa pensare ad un loro esistere da poco tempo, ecc.).
Per concludere, vogliamo dire che ci sono motivi per pensare che, da due secoli a questa parte, i cristiani siano stati troppo svelti ad accettare le ipotesi dei naturalisti e dei materialisti sull'età della Terra. Le loro idee rendono la lettura del racconto della Genesi molto difficile, se non impossibile. Oggi però le tesi dell'estrema vecchiaia della Terra sono seriamente rimesse in questione, è dunque più facile prendere nel suo giusto valore l'insegnamento del libro della Genesi sulla creazione.
9. QUATTRO TESI TEOLOGICHE DECISIVE E NON NEGOZIABILI
Riassumiamo tutto quanto è stato detto in quattro decisive affermazioni teologiche sulla creazione, sperando che queste tesi siano sostenute da ciascuna Chiesa di sana dottrina, quali che siano la differenze minori che esse possano avere fra di loro.
1. Una creazione assoluta
Tutto è stato creato dal nulla da parte di un Dio infinito e personale. Continuare a voler attenersi a una forma di relativismo, o di creazione secondaria, equivale ad elevare qualcosa d'altro (lo spazio, il tempo, l'elettromagnetismo, la forza di gravità, l'energia, o la struttura nucleare della materia) alla posizione di sostituto infinito del solo vero Dio.
2. La validità nello spazio-tempo della Parola scritta di Dio
La Parola di Dio scritta si riferisce al nostro concreto spazio e tempo. Non bisogna allontanarsi dalla Scrittura su questo punto, relegandola nel campo del mito, del simbolo e della poesia, al fine di accomodarla alla filosofia naturalista. Ciò equivarrebbe a rendere il peggiore servizio possibile a coloro che sono presi nelle maglie del dogma dell'evoluzione materialista. Il fatto che la loro risposta alla nostra testimonianza possa essere poco riconoscente, non è una ragione per nascondere loro la luce a cui dovrebbero guardare.
3. La realtà di Cristo inseparabile dalla realtà di Adamo
Un terzo fondamento teologico assolutamente decisivo, sul quale ogni chiesa sana si deve saldamente ancorare, è la spiegazione che dà la Bibbia sull'origine del male e della morte, causati dal peccato dell'uomo. È un punto dal significato immensamente più importante di tutto il resto. Il piano divino della salvezza, quale è contenuto nella teologia dell'alleanza dell'Antico e del Nuovo Testamento, poggia sulla validità di questo punto cardinale della Genesi.
Sei volte, nel primo capitolo della Genesi, gli specifici elementi della divina creazione sono qualificati buoni (nei versetti 4, 10, 12, 18, 21, 25). La settima volta è tutta la creazione che riceve enfaticamente la qualifica di "molto buona" (Genesi 1:31). Non c'era perciò alcun male nella creazione di Dio.
Nigel Cameron, nell'opera Evolution and the Authority of the Bible - Exeter: Paternoster, 1983, spiega come la Genesi ricollega all'uomo la venuta del male nel mondo: "Ecco la risposta della Bibbia alla problematica del male: essa apertamente incolpa l'uomo e la giustificazione di Dio abbozzata nei tre primi capitoli della Genesi assume una specie di forma giuridica, per rendere ciò assolutamente evidente e garantire l'integrità del Giudice".
La teologia dell'apostolo Paolo si fonda sulla validità del legame fra il peccato originale di Adamo e la rovina del mondo. Per questo egli stabilisce il parallelo fra Adamo e la persona di Gesù Cristo, "l'ultimo Adamo", il quale annulla con la sua obbedienza a Dio le conseguenze del peccato originale, guarendo non solo l'umanità, ma anche il mondo fisico nella sua interezza (1 Corinzi 15:21,22; Romani 5:12-21; 8:19:23). Non riconoscere il carattere di nostro rappresentante al primo Adamo equivale a svuotare della sua realtà l'ultimo Adamo. I tentativi dell'evoluzionismo teista sono intrepidi, ma assolutamente senza speranza, quando pretendono di conservare Gesù Cristo come nostro rappresentante, accettando nello stesso tempo le teorie contrarie degli evoluzionisti, con le loro lunghe epoche di viziose lotte e di mortali sofferenze fra i preumani.
A me sembra che per l'interpretazione della Genesi e per tutta la sistematica teologica della Chiesa cristiana, non ci siano domande che abbiano più senso di queste: Come è venuto il male? Come si vince? È assurdo abbandonare l'insegnamento centrale delle Scritture e la testimonianza quasi universale di tutte le Chiese storiche da duemila anni a questa parte, per accomodarla a una teoria delle origini che è falsa, dogmatica, non sperimentale. Una tale capitolazione dalla verità centrale della Bibbia, anche quando fosse dettata dalle migliori intenzioni, mira al cuore della fede e della missione della Chiesa.
4. Le teorie umane devono conformarsi alla Scrittura
L'evoluzionismo teista deve servire come potente esempio pedagogico di ciò che la teologia cristiana non dovrebbe mai permettersi. C'è poca saggezza nel voler adattare l'autorità della Parola di Dio a dei presupposti derivati da concezioni naturaliste del mondo. L'approccio giusto si ha nel convincersi che, per comprendere veramente bene l'ordine della creazione, la Sacra Scrittura dà un orientamento generale che non cambia. La Scrittura, certo, non risponde a tutte le domande, ma essa fornisce alcuni punti di partenza e dà limiti che sono assolutamente necessari per un'interpretazione fruttuosa della creazione e della vita.
Ha detto una volta Albright, ebraista e grande critico dell'Antico Testamento: "Se ci aggrappiamo alle Scritture, la scienza alla fine ci raggiungerà". Sono persuaso che ci troviamo alla vigilia di un crollo delle teorie evoluzioniste, se facciamo dei primi undici capitoli della Genesi la nostra convinzione di base, il nostro presupposto, ci sono motivi per credere che alla fina la scienza ci raggiungerà.
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