di Mihael
Georgiev
Per
qualche millennio Dio era il solo e incontrastato padrone
dell’universo; il suo progetto intelligente e la sua opera di
Creatore erano visibili nella natura e indispensabili per spiegarla,
mentre l’idea che la materia si sia organizzata da sé
era semplicemente assurda. Poi «nel 1859 Darwin ha aperto il
passaggio verso un nuovo tipo di organizzazione ideologica del
pensiero e della fede: organizzazione basata sull’evoluzione.
Nel modo di pensare evoluzionista non c’è né
bisogno, né spazio per il sovrannaturale. La terra non è
stata creata, si è evoluta. Così gli animali, le
piante, inclusi noi uomini, la mente e l’anima, come il
cervello ed il corpo. Così la religione.» La
descrizione, fatta nel 1959 durante le celebrazioni del
centenario della prima edizione dell’Origine delle Specie
presso l’Università di Chicago da Julian Huxley,
biologo, intellettuale di spicco, fondatore e primo segretario
dell’UNESCO, rende bene il significato dell’opera del
celebre naturalista inglese. L’idea di Darwin entrava subito in
conflitto con la religione cristiana, ed è a questo conflitto
che è dedicato il saggio Dio e Darwin del filosofo
Orlando Franceschelli.
Dopo
Darwin, spiega Franceschelli, l’umanità è entrata
nella «modernità adulta»; Dio non è
più indispensabile: la sua assenza è diventata
plausibile; la natura senza Dio non è più un’assurdità,
ma una plausibilità; «il naturalismo può
spiegare, rinunciando ad ogni disegno e intervento divino, persino
l’innegabile e davvero prodigiosa complessità dei più
sorprendenti e inimitabili congegni biologici»; il concetto di
onnipotenza e bontà di Dio - non più Creatore – è
messo in crisi, dato che l’evoluzione ha evidenziato le
imperfezioni e il male esistenti da sempre nella natura, ai quali Dio
non riesce a trovare rimedio.
Queste
nuove conoscenze sfidano la religione, obbligandola a diventare
adulta e abbandonare - come prima cosa - la storia biblica
della creazione. Diventata adulta, la religione non sarebbe
più in conflitto, ma si confronterebbe in modo costruttivo con
il darwinismo. Il dialogo costruttivo sarebbe però possibile
solo se c’è un «riconoscimento della plausibilità
tanto del naturalismo darwiniano quanto della fede in un Dio che
interagisce con l’evoluzione». Il riconoscimento della
reciproca plausibilità «consente di evitare forme di
a-teismo o di fondamentalismo polemiche e sterili»;
senza tale riconoscimento, ad esempio negando la plausibilità
dell’evoluzione (tornando cioè ai tempi di Paley, quando
il Creatore intelligente era indispensabile mentre l’evoluzione
per cause naturali era un’assurdità), oppure negando la
plausibilità dell’esistenza di Dio, il rapporto
creazione-evoluzione diventerebbe assimetrico ed il dialogo tra le
parti diventerebbe impossibile.
Lo
sforzo per un confronto costruttivo tra evoluzionismo e creazionismo
– tema centrale del saggio - è apprezzabile, ma il modo
di farlo è discutibile, dato che assomiglia ad un compromesso
(storico) all’interno di un “arco costituzionale”,
dal quale sono esclusi sia il naturalismo, sia la fede nel racconto
biblico della creazione. È discutibile anche la definizione
degli esclusi come “polemici”, “sterili”,
“aggressivi” e “fondamentalisti”, come se la
difesa delle proprie idee fosse da biasimare, mentre la ricerca di un
compromesso – nel quale le idee finiscono per confondersi e
smarrirsi - fosse invece positiva e desiderabile. Comunque non sono
le definizioni che contano: personalmente non sono disturbato dai
“fondamentalisti” che hanno idee chiare e le difendono,
semmai da quelli che non rispettano le idee degli altri.
Rispettare le idee degli altri non significa però farle
proprie; inoltre, lo scopo del dialogo dovrebbe essere non tanto il
raggiungimento di un compromesso tra le rispettive idee, quanto la
ricerca di una piattaforma di valori condivisi sui quali fondare la
convivenza sociale.
D’altra
parte, non spetta certo al darwinismo rilasciare il diploma di
maturità della religione. Oltretutto il darwinismo non è
scienza nel senso stretto del termine, ma una concezione o visione
del mondo, per di più rifiutata da molti scienziati; non si
capisce per quale motivo dovrebbero invece accettarla i credenti.
A
sostegno delle proprie tesi l’autore cita oltre 190 tra
intellettuali, filosofi e teologi: una montagna di sapienza umana che
seppellisce l’oggetto del contendere, che è la
rivelazione delle Sacre Scritture ebraico-cristiane, sulla quale è
basato il millenario credo della Chiesa. La religione adulta
così proposta è in realtà un prodotto
intellettuale umano che non ha molto a che vedere con la fede
cristiana basata sulla rivelazione; un’insieme di consigli dei
quali la Chiesa non credo abbia bisogno. Come non ha bisogno del
suggerimento di abbandonare la dottrina della creazione e del
peccato, la cui «riduzione ‘esistenzialista’
determina» - secondo l’allora cardinal Joseph Ratzinger,
poi divenuto Papa Benedetto XVI - «una enorme (se non completa)
perdita della realtà della fede, il cui Dio non ha più
nulla a che vedere con la materia.» (Joseph
Ratzinger, In the Beginning. A Catholic Understanding of the Story
of Creation and the Fall, Edinburgh, T&T Clark, 1995, p.
XII).
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