di Fernando De Angelis, tratto dalla rivista " Proiezioni ", n. 1, dicembre 1988, p. 2.
«Nel principio Iddio creò i cieli e la terra» (Gen. 1:1). È il primo versetto della Bibbia, e non a caso: ad esso è collegato tutto il resto della rivelazione di Dio. Il lettore della Bibbia incontra continuamente espressioni di fiducia, lode, ammirazione, ringraziamento, rivolte a Jahvè, in quanto creatore dei cieli e della terra. In Nehemia 9:6, per esempio, si legge: «Tu, tu solo sei l'Eterno! Tu hai fatto i cieli, i cieli dei cieli e tutto il loro esercito, la terra e tutto ciò che sta sovr'essa, i mari e tutto ciò ch'è in essi, e tu fai vivere tutte queste cose, e l'esercito dei cieli ti adora». I falsi dèi sono falsi anche perché non hanno creato nulla. Il profeta Geremia invita a rivolgersi ai pagani con la seguente frase: «Gli dèi che non hanno fatto i cieli e la terra, scompariranno di sulla terra e di sotto il cielo» (Ger. 10:11).
Gli antichi costruttori squadravano molto bene la prima pietra dell'edificio: se essa non formava angoli precisi, tutto l'edificio veniva storto. Questo primo versetto della Bibbia è il fondamento sul quale poggiano, poi, le altre rivelazioni di Dio; distorcendo esso (o non comprendendolo bene), si distorce (o non si comprende bene), anche il resto. È un passo che bisogna aver sempre ben presente e chiaro, Dio stesso ci viene in aiuto e, nella restante parte del capitolo 1 (per non dire della Genesi e dell'intera Bibbia), illustra e fa comprendere questo primo versetto più dettagliatamente. Anche qui vale la famosa regola d'oro: «il miglior commento ad un passo biblico è dato dalla restante parte della Bibbia medesima». In questa rubrica, però, non possiamo dilungarci troppo, anche perché il soggetto della creazione sarà uno dei più trattati (se non il più trattato).
Secondo alcuni, se la Bibbia consistesse in questo solo versetto, sarebbe pur sempre il più grande libro di religione. Sembra proprio un'esagerazione, ma guardando meglio si scorge qualche non trascurabile motivo. Questo primo versetto, per esempio, stabilisce un distacco incolmabile fra il Dio della Bibbia, da un lato, e tutte le altre concezioni religiose che non si riallacciano ad essa, dall'altro. Il culto del sole, della luna, delle stelle, di imperatori, animali, o oggetti vari, non ha senso se tutto ciò che è nel cielo e sulla terra è stato creato da Dio.
Questo versetto insegna che Dio non si confonde col creato, non è tutt'uno col creato, ma è Signore di esso. Egli, che ha avuto la potenza di fare ogni cosa, afferma l'apostolo Pietro, ha anche la potenza di mantenerla e distruggerla: «Per effetto della parola di Dio, esistettero dei cieli ed una terra… i cieli d'adesso e la terra, per la medesima Parola son custoditi … i cieli passeranno stridendo, e gli elementi infiammati si dissolveranno e la terra e le opere che sono in essa saranno arse» (2Pietro 3:5-10). Essendo Jahvè il Creatore e il Signore di tutto, quelli che si sentono visti da lui con favore, hanno un atteggiamento di grande libertà ed intraprendenza, che si radica negli atteggiamenti e nella cultura di interi popoli.
Il dio della
tribù è grande quanto la tribù e non garantisce protezione al di fuori del
territorio della tribù. Gli adoratori di Jahvè, invece, possono girare il
mondo, non sentendo estraneo nessun luogo: perché tutto è stato creato ed è
governato dal proprio Dio. Ecco perché nel bene o nel male, è dalla radice
di Abramo che sono venuti i popoli esploratori, colonizzatori, ideatori dell'ONU
o dell'esperanto. Gli altri hanno pensato e pensano a costruire « grandi
muraglie » e barriere varie, con le quali cercano di proteggersi da un mondo
esterno percepito come ostile e diverso.