CREAZIONE O EVOLUZIONE?

  di Alfred Felix Vaucher (1887-1993), tratto da “L’Araldo della Verità”, anno VI, n.6, 
      novembre-dicembre 1926, pp. 2 e 3.

Due risposte sono possibili alla domanda: «Quali sono le origini dell’universo? L’una si riassume nella parola creazione, l’altra in quella di evoluzione. Queste due parole esprimono concetti opposti, fra i quali conviene scegliere dopo un esame comparativo coscienzioso. Gioverà incominciare dalle definizioni, per quanto tediose.

Qual è il contenuto della parola creazione? Creazione è l’atto mediante il quale l’Essere Supremo ha volontariamente posto fuori di sé, una volta per sempre, la totalità delle cose finite, pur mantenendole in uno stato di dipendenza permanente. Così, presso a poco, si esprime il teologo svizzero Gretillat nella sua “Teologia Sistematica”.

Per evoluzione, invece, s’intende lo sviluppo, la trasformazione graduale e continua, che va dal semplice al complesso, dall’omogeneo all’eterogeneo, dallo stato anarchico e diffuso a quello organico e concentrato. Questa, è la definizione del francese Goblot, autore di uno stimato “Vocabolario Filosofico”.

Fatto notevole, l’idea di creazione è idea specificamente biblica. Nella religione rivelata la dottrina della creazione occupa un posto importante e si collega intimamente a quella della redenzione. Tolta la base, cioè la creazione, crolla l’edificio rappresentato dalla redenzione, ch’è l’essenza stessa del cristianesimo.

Dalle altre religioni – quelle dette pagane – l’idea di creazione è assente. A colmare il vuoto viene un’idea rivale, quella appunto di evoluzione, sia questa fondata sul concetto panteistico di emanazione, oppure su quello dualistico di una materia eterna.

Evoluzione! Parola magica, che tanti oggigiorno pronunciano religiosamente, quasi fosse l’ultima scoperta della Scienza, mentre invece è concetto filosofico vecchio e stravecchio, che l’Oriente antico ci ha tramandato.

La Sacra Scrittura non conosce nè la parola nè l’idea di evoluzione, per la ragione semplicissima che tale parola esprime una nozione del tutto superflua, per non dire assurda, non appena si ammetta la dottrina della creazione quale si trova esposta nei nostri libri sacri.

Non è mio proponimento il sottoporre ad una critica esauriente l’ipotesi evoluzionistica. Mi limiterò a dimostrarne l’incompatibilità: in primo luogo, con certi fatti constatati dalle scienze naturali; in secondo luogo, coi risultati accertati dallo studio della storia delle religioni; in terzo luogo, coi principî della morale cristiana, per non dire di ogni morale qualsiasi.

 

I

  Fino a tanto che la dottrina evoluzionistica si rinchiude nell’ambito della speculazione filosofica, essa rimane una mera ipotesi, campata in aria, senza base scientifica e senza prove logiche convincenti, e la si può trascurare. Non appena questa dottrina scende sul terreno delle scienze naturali alla ricerca di una conferma, essa urta contro una quantità di fatti che ne sono la negazione più recisa.

Le recenti ricerche sulla costituzione della materia e sulla natura del movimento, inducono a mettere in dubbio l’eternità dell’una e dell’altro, confessa il Perrier, un eminente scienziato francese volgarizzatore delle teorie evoluzionistiche (vedi l’opera recente “La Terre avant l’Histoire: les origines de la vie et de l’homme”, pp. 2, 4).

Analoghe indagini tendono a dimostrare che le trasformazioni cui la materia va soggetta implicano perdita non guadagno, degenerazione anziché evoluzione progressiva. Uno scienziato americano conclude un capitolo sull’origine della materia con queste parole: «La materia ha dovuto trarre origine ad un dato momento nel passato secondo un metodo equivalente ad una vera Creazione» (G. Mc. Cready Price, Q. E. D., p. 30).

Haeckel, il campione dell’evoluzionismo ateo in Germania, ammette il dilemma: o generazione spontanea, o miracolo. La Bibbia afferma il miracolo della creazione; i materialisti preferiscono un atto di fede nell’ipotesi della generazione spontanea. Ora, se vi è un fatto provato e riprovato è appunto questo: che solo il vivo genera il vivo. L’apparizione della vita non si spiega senza Dio.

L’elenco dei fatti avversi alla teoria evoluzionistica potrebbe continuare a lungo, specialmente qualora si volesse percorrere il campo della geologia e delle scienze affini. Bastino i pochi esempi addotti. Ben disse l’astronomo Moreux: «Nello stesso modo che il monismo non sa come passare dal nulla all’essere, dall’incoscienza alla coscienza, dal mondo organico al mondo sensibile, così pure la dottrina dell’evoluzione è radicalmente impotente a spiegare il passaggio dall’animale che sente all’uomo che pensa. L’anima dell’uomo non ha alcun rapporto di parentela con la sensibilità dell’animale» (Les Enigmes de la Création, I, p. 140).

 

II

  Un altro campo di battaglia, accanto a quello offerto dalle scienze naturali, è conteso da evoluzionisti e creazionisti: quello della storia delle religioni. Questa è una scienza ancora giovane, eppure già ricca di una messe abbondante di fatti interessanti. Vari e vani sforzi sono stati tentati per classificare i fenomeni religiosi in una serie ascendente conforme alla teoria evoluzionistica. Ma qui ancora i fatti si mostrano renitenti.

«L’ipotesi dell’evoluzione non è stata ancora dimostrata», scrive il cattolico Mainage, autore di una pregiata storia delle religioni preistoriche. G. Schmidt, l’antropologo viennese, anche lui cattolico, è più categorico: «I vecchi concetti evoluzionistici in fatto di storia delle religioni incominciano a crollare» (La Révélation primitive, p. 329).

Il protestante ginevrino Porret conclude un corso di storia delle religioni col dire: «I risultati degli studi ai quali ci siamo dedicati non sono favorevoli alla teoria evoluzionistica. Detti studi, di fatti, ci hanno costretto a constatare due cose: in primo luogo, dei processi di degradazione, con tendenza ad eliminare ogni idea elevata; poi, delle vestigia di concetti elevatissimi intorno alla divinità, i quali sussistono in un ambiente che li contraddice e tende a distruggerli».

Lo stesso evoluzionista Loisy, pur tentando di difendere la realtà dell’evoluzione religiosa, ammette che questa evoluzione non segue una progressione costante e che la varietà delle sue manifestazioni trascende tutte le teorie colle quali la si vuole definire (La Religion d’Israël, 2ª ed., p. 67).

 

III

  Oltre che trovarsi in conflitto con le scienze naturali e con la storia, la dottrina evoluzionistica è pericolosa per le sue conseguenze morali. Infatti essa cancella ogni differenza essenziale tra il bene ed il male. In quest’ultimo essa vede una necessità fatale, un minor bene, un gradino inferiore nella scala del progresso.

Alla morale cristiana, fondata sul trinomio: Creazione, Caduta, Redenzione, l’evoluzione contrappone l’idea di uno sviluppo continuo, dal meno al più. Essa avvolge l’universo in un determinismo rigoroso, escludente ogni intervento divino come ogni libertà umana. Infine essa elimina il Cristo, speranza e vita nostra.

«Il dogma della creazione - scrive il filosofo Bridel - non è un oggetto di lusso nella religione evangelica; anzi ne è una parte indispensabile, come indispensabile, d’altronde, a qualsiasi fede morale».

«Esiste un vincolo indissolubile tra la validità della speranza cristiana e la convinzione secondo la quale Dio è il creatore onnipotente dell’universo; per affermare che sarà Lui a dire l’ultima parola nella storia, occorre ammettere che fu Lui a pronunciare il primo Fiat» (L’humanité et son Chef, p. 185).

Per tutte le ragioni suesposte e per molte altre ancora, noi respingiamo l’ipotesi evoluzionistica, tornando francamente e senza compromissioni all’idea cristiana della creazione. «Per fede intendiamo che i mondi sono stati formati dalla parola di Dio; così le cose che si vedono non sono state tratte da cose apparenti» (Ebr. 11:3). «C’è un Dio solo, il Padre, dal quale sono state create tutte le cose, e noi per la gloria sua, e un solo Signore, Gesù Cristo, mediante il quale sono tutte le cose, e mediante il quale siamo noi» (1 Cor. 8:6). «Da lui, per mezzo di lui e per lui son tutte le cose. A lui sia la gloria in eterno. Amen» (Rom. 11:36).